Come vedi nel brano, alcune parole differiscono tra loro per la presenza dell’accento: è / e, pero / però. L’accento di è e di però va scritto obbligatoriamente, secondo le regole dell’ortografia.
Quando l’accento è scritto si chiama accento grafico. L’accento grafico è un segno che serve a distinguere certe sillabe, e certe vocali, rispetto ad altre. Può essere di due tipi: acuto (´), come in perché, affinché ecc., e grave (`), come in è, caffè, però ecc.
In casi come pesca / pesca o ancora / ancora l’accento non è scritto, anche se sei in grado lo stesso di capire la differenza tra le due parole di ciascuna coppia. Da che cosa capisci la differenza? Quando leggi e scrivi la capisci prima di tutto dal contesto, mentre quando ascolti e parli la capisci prima di tutto dalla pronuncia. In che cosa cambia la pronuncia di ancora e ancora, quando le pronunci a voce alta? Cambia dalla forza che metti su una determinata sillaba: se dici ancora come parte della barca pronunci la prima sillaba con un volume della voce leggermente più alto e fai durare il suono della sillaba più a lungo, mentre la tua voce si sofferma molto di meno sulle altre sillabe; se invece dici ancora come avverbio pronunci più a lungo e con volume più alto la seconda
sillaba. In questo caso l’accento è detto tònico; l’accento tonico di ancora “parte della barca” cade sulla prima sillaba, mentre l’accento tonico di ancora avverbio cade sulla seconda sillaba.
L’accento tonico indica la maggiore forza con cui è pronunciata una sillaba (o una vocale di una sillaba) rispetto alle altre. Tale forza è rappresentata da diversi fenomeni come il volume, la durata e talvolta l’intonazione del suono della sillaba (o meglio della vocale, che costituisce la parte più importante, e a volte l’unica, di qualunque sillaba).
Tutte le parole italiane con più di una sillaba, e anche alcuni monosillabi, hanno un accento tonico; soltanto nelle parole accentate sull’ultima sillaba e in alcuni monosillabi l’ortografia italiana impone di segnare l’accento grafico.
La sillaba colpita da accento tonico si chiama tònica, mentre la sillaba priva di accento tonico si chiama àtona.
Le sillabe atone, per essere pronunciate, si appoggiano all’accento della parola che segue o che precede. Per questo motivo i monosillabi atoni sono detti proclìtici (dal greco, “mi piego in avanti”), se si appoggiano all’accento tonico della parola che segue (ti vedo, si rompe) o enclìtici (dal greco, “mi piego”), se si appoggiano all’accento tonico della parola che precede (formando con essa un’unica parola: vedendoti, chiamarlo).
A seconda di dove cade l’accento tonico, le parole italiane con più di una sillaba si distinguono in:
- tronche, con accento sull’ultima sillaba (sono queste le uniche parole con più di due sillabe in cui sia obbligatorio l’accento grafico): però, partì, pietà;
- piane, con accento sulla penultima sillaba: immortàle; interessànte;
- sdrucciole, con accento sulla terzultima sillaba: simpaticìssimo, sdrùcciola;
- bisdrucciole, con accento sulla quartultima sillaba, cómpramelo;
- trisdrucciole, con l’accento sulla quintultima sillaba: òccupatene.
Le parole italiane sono perlopiù piane.
Quando una sillaba che contiene le vocali e e o ha l’accento tonico, la pronuncia di queste due vocali può essere aperta o chiusa: in vero e in come la e e la o sono chiuse, mentre in cielo e in pochi la e e la o sono aperte. Se, invece, la sillaba è atona, le e e le o sono sempre chiuse.
La differenza tra la pronuncia aperta o chiusa di una vocale è detta differenza di timbro vocalico. Parole omografe come pesca “frutto” e pesca “l’atto o il risultato del pescare” differiscono tra loro dunque soltanto per il timbro della vocale tonica. Se vuoi far capire graficamente la differenza di timbro nelle parole omografe, per evitare dunque che i due diversi significati vengano confusi, puoi segnare l’accento grafico grave (pèsca “frutto”) o acuto (pésca “l’atto o il risultato del pescare”).
L’accento acuto viene usato per le e e le o chiuse (é, ó), l’accento grave per le e e le o aperte (è, ò).
L’ortografia italiana prevede che l’accento grafico si segni obbligatoriamente soltanto in tre casi.
- Su tutte le parole tronche: pietà, poiché, partì, amò, virtù. L’accento va segnato anche su parole composte da altre parole che, singolarmente, non vogliono l’accento: ventitré (anche se tre si scrive senza accento), quassù (anche se su si scrive senza accento).
- Sui monosillabi (cioè parole di una sola sillaba) che contengono un dittongo con accento tonico sulla seconda vocale: più, può. Ciò vale anche per i monosillabi in cui la i non si pronuncia ma ha l’unico valore grafico di distinguere la c e la g palatali da quelle gutturali: ciò, già.
- Sui seguenti nove monosillabi in cui l’accento grafico serve a distinguerli da altrettanti monosillabi, omofoni (cioè con lo stesso suono) e omografi (se non ci fosse l’accento a distinguere i primi dai secondi), che invece si scrivono senza accento grafico:
– dà, verbo dare (Giorgio dà una mano a Maria) / da, preposizione (da tre a quattro minuti);
– dì “giorno” (due volte al dì) / di, preposizione (la festa di Anna);
– è, verbo essere (Il prosciutto è salato) / e, congiunzione (pane e prosciutto):
– là, avverbio di luogo (Vieni di là) / la, articolo e pronome (Non la voglio);
– lì, avverbio di luogo (Guarda lì) / li, pronome (Li ho salutati);
– né, congiunzione (Non voglio né questo né quello) / ne, pronome (Non ne voglio più) o avverbio di luogo (Me ne vado);
– sé, pronome tonico (anche al plurale e anche quando è seguito da stesso: Pensano solo a sé stessi) / se, pronome atono (Se n’è andato) o congiunzione (Vieni se ti va);
– sì, affermazione (Dimmi di sì) / si, pronome (Si è rotto);
– tè, bevanda (una tazza di tè) / te, pronome (Vengo con te).
Per una convenzione grafica, nelle vocali a, i, u l’accento grafico obbligatorio è sempre grave: verità, così, Perù. Inoltre l’accento grafico segnato sulla o è sempre grave (andò, però, comò), perché non esiste in italiano nessuna parola tronca con la o chiusa.