Dai fatti alla Storia - volume 2

SEZIONE D | IL SECOLO DELLA BORGHESIA E L ET DELL IMPERIALISMO Il presidente americano Theodore Roosevelt invita lo zar Nicola II a interrompere l oppressione e le violenze contro gli ebrei in un illustrazione di fine Ottocento. Sigmun Freud nel suo studio. 494 nella società tedesca, furono all origine dei movimenti pangermanisti e della lega pantedesca, che esercitarono pressioni sul Reich di Germania per inglobare in un unica nazione tutti i popoli di lingua tedesca, compresa quindi l Austria. In Europa orientale, e in particolare in Russia (dove alla fine dell Ottocento vivevano oltre cinque milioni di ebrei), il nazionalismo si saldò ancor più che altrove con l antisemitismo. Gli zar usarono spesso il panslavismo, e quindi il ruolo autoattribuitosi dalla Russia di guida di tutti i popoli slavi, come giustificazione per la propria politica estera, mentre nei confronti degli ebrei rimase in uso, ancora nel Novecento, la pratica del pogrom (che in russo significa distruzione ), ovvero periodiche e impunite violenze contro gli ebrei e i loro beni. Proprio la polizia segreta zarista fu l autrice, a inizio Novecento, di uno dei più clamorosi casi di falso della storia: i Protocolli dei savi di Sion, in cui un fantomatico consiglio ebraico mondiale esponeva i suoi progetti di dominio sul globo. Nonostante la comprovata falsità, i Protocolli sono stati più volte ripubblicati e hanno costituito per lungo tempo uno strumento di propaganda antisemita. Come reazione al montante antisemitismo, uno scrittore ebreo ungherese, Theodor Herzl, fondò nel 1896 un nuovo movimento, il sionismo, che puntava a fornire a tutti gli ebrei sparsi per il mondo una propria identità nazionale e a incoraggiare la nascita di uno Stato ebraico in Palestina. Inizialmente minoritario all interno delle stesse comunità ebraiche, il sionismo era destinato a crescere sempre di più nel corso del XX secolo. LA CRISI DEL POSITIVISMO Il periodo a cavallo tra XIX e XX secolo segnò inoltre la crisi, a livello culturale, del paradigma positivista (> C15.2), che aveva dominato in Occidente per buona parte dell Ottocento. In linea generale, venne meno la fiducia in un progresso necessario e costante e nella capacità dell uomo di pervenire a una conoscenza razionale della realtà. Questi elementi furono alla base delle varie reazioni, spesso molto diverse le une dalle altre, al modello positivista. In ambito filosofico, una voce sostanzialmente isolata ma che ebbe grande popolarità (e che fu soggetta a manomissioni e forzature da parte dei successivi movimenti nazionalisti e totalitari del Novecento) fu quella del tedesco Friedrich Nietzsche (1844-1900), che teorizzava la necessità di un uomo nuovo, il superuomo , capace di esprimere e realizzare se stesso al di fuori della morale borghese e nonostante il declino della civiltà occidentale. In Francia, le certezze della scienza positivista furono messe in dubbio da Henri Bergson (1859-1941), secondo cui la realtà poteva essere conosciuta dall uomo solo attraverso l intuizione, e il tempo non era un unità di misura oggettiva e valida per tutti, bensì veniva vissuto internamente, nella coscienza di ogni individuo. I colpi più duri inferti al pensiero positivista arrivarono tuttavia nell ambito delle scienze. La mancanza di certezze indiscutibili venne evidenziata dalla nascita della fisica atomica, dalla formulazione

Dai fatti alla Storia - volume 2
Dai fatti alla Storia - volume 2
Dalle rivoluzioni alla fine dell’Ottocento