Dai fatti alla Storia - volume 1

SEZIONE A | RINASCITA E CRISI DELL EUROPA MEDIEVALE Se in precedenza le varie signorie territoriali erano disposte ad accettare la funzione regale solo su un piano formale, i Capetingi cominciarono a dare a quella funzione un ruolo più solido e di maggior carisma. Furono in particolare due sovrani a concretizzare questo obiettivo: Luigi VI (1081 ca.-1137) e Luigi VII (1121-80), che nel XII secolo potenziarono le strutture politiche e amministrative del regno agendo su vari piani. In primo luogo, i re capetingi pensarono di rafforzare l alleanza con la Chiesa (già avviata dai loro predecessori), offrendo alle istituzioni religiose una serie di vantaggi e garanzie di protezione a chiese e vescovi. In cambio il re ottenne una sorta di sacralizzazione della monarchia, che innalzava il suo prestigio su tutti gli altri poteri territoriali. In particolare si rafforzò la regalità della dinastia capetingia esaltandone il legame con i re carolingi. Un contributo fondamentale a questa operazione culturale e ideologica venne dal monaco Suger (1081-1151), abate di Saint-Denis (il luogo in cui erano conservate le spoglie dei re capetingi e carolingi), che elaborò una dottrina della sovranità in cui il potere regio era ritenuto l autorità suprema del potere politico, al di sopra di tutti gli altri poteri feudali. Un esempio delle violenze dei cavalieri: Guglielmo il Grande, conte d Aquitania e duca di Poitiers, taglia la lingua di un suo nemico dopo averlo ucciso, miniatura duecentesca. LE RIBELLIONI NOBILIARI E LE PACI DI DIO In secondo luogo, i sovrani capetingi avviarono una politica di espansione acquisendo territori sia con il ricorso alle armi sia per via matrimoniale. In altri casi riuscirono a rientrare in possesso di terre acquistandole oppure grazie all estinzione delle famiglie vassalle. In tali modi si impiantò una trama di relazioni feudali con la nobiltà locale, che dovette riconoscere la superiorità della corona attraverso l omaggio vassallatico al re. Non tutti i duchi e conti furono concordi in questo riconoscimento, al punto che alcuni resero difficile la vita al regno capetingio con atti di ribellione espressi anche sotto forma di banditismo. Proprio a fronte di queste reazioni, in cui molti cavalieri si lasciavano andare a forme di violenza inconsulta, a furti e saccheggi, i re di Parigi si presentarono come difensori dei deboli e della Chiesa. Essi, in accordo con i vescovi francesi, istituirono la cosiddetta pace di Dio con cui si imponeva a queste frange incontrollate della cavalleria di non commettere violenze contro gli indifesi (donne, fanciulle, pellegrini, poveri) né contro beni e persone della Chiesa. Il ricorso alla pace di Dio riuscì, quanto meno, a disciplinare la violenza cavalleresca e a mettere un argine alle azioni militari, per la tutela dell ordine e della concordia civile, al punto che finì per diffondersi anche nel resto d Europa, ugualmente interessato dal fenomeno. Successivamente si riuscì a imporre anche la tregua di Dio , con la quale si sospendevano le violenze e le guerre fra privati in coincidenza di festività liturgiche. I sovrani sfruttarono questa riconosciuta funzione di protettori della popolazione per cercare nuovi consensi, in particolare tra i nuovi ceti mercantili, ai quali offrirono garanzie e assistenza per lo svolgimento delle loro attività con l istituzione delle paci di mercato , indette appositamente per consentire un ordinato svolgimento dei commerci. In questo modo ai Capetingi veniva attribuita una dimensione di pacificatori che in breve li fece diventare un simbolo del potere sovrano riconosciuto in tutto il regno, accreditandoli in qualità di amministratori supremi di giustizia, un attributo eminentemente regale. 74 77636R_0000E01_INTE_BAS@0074.pgs 15.09.2021 13:57

Dai fatti alla Storia - volume 1
Dai fatti alla Storia - volume 1
Dal Medioevo all’Età moderna