Tua vivit imago - volume 1

LA CRISI DELLA REPUBBLICA E LE GUERRE CIVILI 45 50 maggior bottino. Si sono fatti grandi osando, ingannando, seminando guerra dopo guerra. Con questo sistema annienteranno tutto, oppure periranno. E questa seconda alternativa non sarà difficile, se tu in Mesopotamia e noi in Armenia accerchiamo il loro esercito, privo di viveri, senza possibilità di aiuto, ma finora incolume grazie alla fortuna o alle nostre manchevolezze. E ti accompagnerà questa fama, di avere, partito in aiuto di grandi re, schiacciato i predoni di tutti i popoli. A far questo io ti esorto e ti sollecito, e a non preferire di rinviare la tua rovina a prezzo della rovina nostra, anziché riuscire vittorioso con la nostra alleanza. (trad. F. Casorati) Analisi del testo L altra faccia di Roma La lettera di Mitridate al sovrano partico Arsace XII si data al 68 a.C., in una fase nella quale, dopo la scon tta armena del 69 a.C., Mitridate e il suocero Tigrane si trovarono nella necessità di stringere rapporti tti e sicuri con una potenza tale da garantire maggiori possibilità di successo. Fu con quest animo che Mitridate inviò messaggeri al nuovo sovrano di Partia Arsace, tentando non solo di ottenere un alleato potente, ma anche di sottrarre un possibile amico ai Romani. Lo storico mette in bocca al sovrano nemico una critica molto violenta contro i Romani, attingendo ai temi della propaganda antiromana diffusa in Oriente. Nel ritratto che ne traccia Mitridate, Roma appare come una potenza spietata e sacrilega, composta da uomini che, da esuli troiani che furono, «si organizzarono in Stato per la rovina del mondo (rr. 34-35). La voce dei vinti Le idee, nella sostanza, non sono molto differenti da quelle che lo storico aveva già espresso nella monogra a dedicata a Catilina (De Catilinae coniuratione 12, 5: «ma questi uomini indicibilmente vili [gli uomini dell età di Sallustio] hanno rubato, per di più con enormi crimini, agli alleati tutto quello che quegli individui fortissimi avevano loro lasciato ); quel che sorprende è che le parole non sono messe in bocca a un romano nostalgico del passato, ma a uno dei più duri nemici della città. Anche Cesare aveva inserito nel De bello Gallico (VII, 77) un discorso di rivalsa, posto in bocca al nobile di Arvernia Critognato ( p. 701), che però manca dell af ato morale proprio della lettera di Mitridate. Il reale corrispettivo del testo sallustiano si ritrova nel discorso del capo caledone Calgàco, inserito all interno dell Agricola (29-32), opera composta alla ne del I secolo d.C. dallo storico latino Tacito: poco prima della battaglia del Graupio (84 d.C.), il generale incoraggia i Britanni convenuti a combattere tenacemente contro i Romani, i predatori del mondo intero (raptores orbis), tracciando anche un acutissimo e tragico ritratto della loro espansione: «quando alle loro ruberie vennero meno le terre, si misero a frugare il mare. Se il nemico è ricco, eccoli avidi; se è povero, diventano arroganti. Né Oriente né Occidente potranno mai saziarli: soli fra tutti gli uomini riescono a essere ugualmente avidi della ricchezza e della povertà. Depredare, trucidare, rubare essi chiamano col nome bugiardo di impero. Dove passano, creano deserto e lo chiamano pace [ubi solitudinem faciunt, pacem appellant] . Le ragioni dei nemici? Da sempre gli studiosi si sono chiesti se, ed eventualmente in che misura, gli storici romani condividano le critiche delle quali si fanno portavoce. Non bisogna credere che la scelta di riportare in prima persona le opinioni dei nemici implichi, di per sé, una qualche forma di condivisione: tale scelta è da ricondurre piuttosto al fatto che la storiogra a era considerata innanzitutto una forma di letteratura , di retorica in termini antichi (opus oratorium maxime la de nisce Cicerone in De legibus I, 5), e una componente di quest ultima era l etopea, cioè una vivace descrizione del carattere e delle qualità morali di una persona, anche nella forma di una sua impersonazione , cioè lasciando che fosse lei stessa a parlare. Nel caso speci co di Sallustio, però, c è anche dell altro: alla luce del suo giudizio negativo sulla nobilitas, si può ritenere che, nel dare voce alle accuse contro Roma formulate dai suoi nemici, lo storico stia in realtà esprimendo le proprie, contro coloro che riteneva responsabili della sua decadenza. Mettiti alla prova Laboratorio sul testo ONLINE 828

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Età arcaica e repubblicana