Tua vivit imago - volume 1

L autore Cesare Analisi del testo Una morte poco gloriosa La morte di Pompeo è narrata da Cesare in un capitolo breve, con grande distacco verso colui che era stato suo amico e suo genero. Lo stile, come spesso in Cesare, è sobrio e caratterizzato da proposizioni implicite, con il ricorso all ablativo assoluto e al participio congiunto. La vicenda umana del condottiero che aveva ricevuto il titolo di Magnus si conclude in una navicula parvula, per mano di personaggi oscuri: non una parola che lasci intuire una partecipazione emotiva da parte dello scrittore. Una parziale eccezione all assoluta oggettività che è abitualmente propria della prosa cesariana è costituita dalla frase sugli amici che spesso, nella disgrazia, diventano nemici (ut plerumque in calamitate ex amicis inimici exsistunt, rr. 3-4): anche questo commento è espresso in tono freddo e oggettivo, ma lascia per un momento trasparire l amarezza di Cesare di fronte alla morte del proprio rivale, che lui stesso non avrebbe voluto. notissimo, d altra parte, l aneddoto riferito da Plutarco (Vita di Cesare 48, 2), per il quale quest ultimo avrebbe pianto di fronte alla testa mozzata di Pompeo: «approdato ad Alessandria dopo che Pompeo era già stato ucciso, si voltò indietro per non vedere Teodoto che gli presentava la sua testa; e, ricevuto il suo anello, si mise a piangere . La versione di Lucano La morte di Pompeo verrà trattata con ben diversa enfasi dal poeta Lucano (39-65 d.C.) nella Pharsalia, poema di impostazione lo-repubblicana e anti-imperiale, in cui l eroe positivo è Pompeo, mentre quello negativo è proprio Cesare. Qui è evidente un ampli cazione verso il patetico e il macabro, caratteristica dello stile del giovane poeta, che si sarebbe suicidato per ordine di Nerone (Pharsalia, VIII, 610-635): «Ed ormai era giunta l ora estrema: passato sull imbarcazione faria [cioè egizia], Pompeo non poteva più disporre di se stesso. A questo punto gli esecutori dell orrido comando regio si prepararono ad impugnare le armi. Non appena vide le spade che gli si accostavano, Pompeo si coprì il volto ed il capo, sdegnandosi di offrirlo scoperto alla Fortuna; subito dopo serrò gli occhi e trattenne il respiro, per evitare di emettere grida e di contaminare, anche con un solo singulto, la sua fama imperitura. Ed allorché Achilla che aveva convinto gli altri della necessità della sua morte - gli perforò il anco con la spada, si lasciò andare al colpo senza emettere un gemito, quasi non tenesse conto del misfatto, tenne il corpo immobile e, sul punto di morire, saggiò il suo valore, rivolgendo nella sua mente questi pensieri: I secoli, che parleranno sempre dei travagli di Roma, mi stanno osservando ed il futuro sta guardando da ogni parte del mondo la nave e la fedeltà faria: la gloria deve essere, in questo momento, il tuo unico pensiero. Un fortunato destino ha caratterizzato la tua lunga vita: le genti ignorano se tu sei in grado di sopportare le avversità, se, sul punto di morire, non ne dai prova. Non piegarti alla vergogna e non addolorarti per chi adempie il volere del fato: da qualunque mano tu venga colpito, pensa che è quella del suocero. Facciano pure a pezzi il mio corpo e ne disperdano le membra: purtuttavia, o numi, sono felice e nessuna divinità ha il potere di strapparmi questo bene. La sorte propizia può cambiare nel corso della vita: ma non si diviene infelici quando si muore. Cornelia [la moglie di Pompeo] e il mio Pompeo [Sesto Pompeo, il glio] stanno guardando la mia uccisione: con una capacità di sopportazione tanto più grande, ti prego, o dolore, soffoca i gemiti: se il glio e la sposa mi ammirano nel momento in cui vengo assassinato, essi mi amano . In questa maniera il Grande tenne sotto controllo i suoi pensieri riuscendo, sul punto di morire, a dominare il suo animo (trad. R. Badalì). La versione di Plutarco Molto vicina al racconto di Lucano è la versione della morte del generale presentata da Plutarco nella sua biogra a di Pompeo (Vita di Pompeo 79): «Queste furono le ultime parole che Pompeo rivolse ai suoi [un verso di Sofocle: Chi si reca da un tiranno è suo servo, anche se va da libero ], poi entrò nella barca. Poiché la trireme era molto distante da terra e nessuno dei suoi compagni di viaggio gli rivolgeva alcuna parola amichevole, Pompeo, guardando Settimio, disse: Mi sbaglio, o tu sei stato mio compagno d armi? . Quello assentì soltanto col capo senza parlargli né mostrargli alcuna cortesia. Nel gran silenzio che allora di nuovo si fece, Pompeo, che aveva con sé un piccolo libro con un discorso scritto da lui in greco, preparato per essere indirizzato a Tolemeo, leggeva. Mentre si avvicinavano alla terra Cornelia, che era estremamente turbata, dalla trireme insieme con gli amici osservava ciò che accadeva e cominciò a farsi coraggio, vedendo che 759

Tua vivit imago - volume 1
Tua vivit imago - volume 1
Età arcaica e repubblicana