Tua vivit imago - volume 1

L INCONTRO CON L AUTORE LO STILE DI CESARE sobrietà simmetria chiarezza incisività ripetizioni funzionali L inizio del De bello civili cala il lettore nel bel mezzo di una discussione in senato nel 49 a.C., nel momento in cui i tribuni Marco Antonio e Quinto Cassio Longino hanno a fatica ottenuto di leggere la missiva spedita da Cesare il 26 dicembre dell anno precedente. L incipit con un ablativo assoluto tratto stilistico distintivo dell asciutta prosa cesariana sembra infatti proseguire un discorso già avviato, che continua con la sintesi dei discorsi dei senatori Lèntulo e Scipione, simmetricamente costruiti con l utilizzo dell oratio obliqua: il ricorso al chiasmo* è funzionale a sottolineare il contrasto tra le ipotesi prospettate dai due oratori. Il brano presenta tutte le caratteristiche peculiari dello stile di Cesare: una sintassi chiara e lineare, quasi geometrica , anche quando intreccia una serie di subordinate; la frequenza di costrutti participiali (rappresentati qui in modo assai vistoso dall ablativo assoluto iniziale); l impiego sobrio e misurato delle gure retoriche (qui il chiasmo e il poliptoto). Le scelte lessicali sono funzionali alla comprensione, all incisività e alla chiarezza. Cesare non esita a usare termini tecnici legati al gergo militare e politico (come recitare, referre, sententiam dicere nel senso di esprimere un parere , pronunciarsi pubblicamente, in Senato) e militare, ma evita arcaismi, forestierismi e colloquialismi, coerentemente con la sua adesione alla dottrina analogista ( p. 700). La ripetizione di vocaboli chiave come res publica e senatus nel discorso di Lèntulo (e poi in quello Scipione, che segue immediatamente nel testo) è funzionale per sottolineare come egli intenda trasmettere l idea che le sorti dello Stato dipendano dalla decisione del Senato. Signi cativi sono inoltre il poliptoto (impetratum est impetrari) e l insistito ricorso ad avverbi tesi a connotare in senso positivo (audacter, fortiter) le decisioni e i comportamenti che il Senato potrebbe adottare. I TEMI DI CESARE dibattito politico tendenziosità apparente oggettività Concentrandosi su una discussione tenuta in Senato e sulle diverse opinioni espresse dai partecipanti, il brano mostra bene la dimensione prettamente politica della scrittura cesariana, intendendo con questo termine l analisi e la gestione, in generale, di tutto ciò che è riconducibile all ambito pubblico, dall amministrazione dello Stato alla strategia militare. Caratteristica di Cesare è, in particolare, la scelta di presentare le varie opzioni sul campo e le diverse prese di posizione nella forma di un resoconto apparentemente oggettivo e privo di qualsiasi commento personale; allo stesso tempo, l autore lascia però trasparire tra le righe una caratterizzazione dei singoli personaggi, dalla quale deriva implicitamente un giudizio di valore su di loro e sulle idee che essi esprimono. Nel caso speci co, un giudizio fortemente negativo sull operato dei consoli è suggerito già nel primo paragrafo: espressioni come aegre e summa tribunorum plebis contentione denotano la grande dif coltà nell ottenere da loro la possibilità, per Cesare, di esercitare un elementare diritto, quello di difendere, tramite la lettura della missiva, le proprie ragioni; di contro, l impiego di verbi impersonali (impetratum est, r. 2; impetrari non potuit, r. 5) è teso a contrapporre all arbitrio dei consoli una posizione presentata implicitamente come neutrale e, dunque, più giusta . Anche nel riportare in estrema sintesi i discorsi di Lèntulo e di Scipione (paragra 2-4), Cesare adotta una forma che potrebbe sembrare neutrale, quale è espressa dall oratio obliqua, ma fornisce, in realtà, un quadro decisamente tendenzioso. Pur non potendo sapere quali siano state le parole realmente pronunciate dai due personaggi, non saremo molto lontani dal vero nell ipotizzare, per esempio, che una frase come se sibi consilium capturum neque senatus auctoritati obtemperaturum (rr. 11-13) abbia avuto verosimilmente una forma assai meno diretta; ma, se anche fosse stata effettivamente pronunciata così come la leggiamo, la tendenziosità di Cesare emergerebbe comunque nella scelta di citare proprio quella frase, che certamente faceva parte di un discorso più ampio e articolato, all interno del quale la provocazione doveva risultare, quanto meno, maggiormente contestualizzata. 710

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Età arcaica e repubblicana