Tua vivit imago - volume 1

L autore Cicerone 15 3. Haec eo scripsi ut potius relevares me, quod facis, quam ut castigatione aut obiurgatione dignum putares, eoque ad te minus multa scribo quod et maerore impedior et quod exspectem istinc magis habeo quam quod ipse scribam. Quae si erunt adlata, faciam te consili nostri certiorem. Tu, ut adhuc fecisti, quam plurimis de rebus ad me velim scribas, ut prorsus ne quid ignorem. Data XIIII Kal. Quintilis. Thessalon cae. 3. Scrivo queste cose al fine che tu mi rianimi, come del resto già fai, invece che considerarmi meritevole di un rimbrotto o di una paternale, e non mi dilungo a scriverti per il preciso motivo che me lo impedisce sì la mia cupa afflizione, ma è anche vero che ho da aspettare notizie di costà più che darne io. Quando esse mi arriveranno, ti metterò al corrente dei miei progetti. Usami la cortesia di scrivermi, come hai fatto sinora, sul maggior numero possibile di avvenimenti, affinché io non resti assolutamente all oscuro di nulla. Consegnata al corriere il 17 giugno, a Tessalonica. (trad. C. Di Spigno) ma con senso enfatico. utrum quod an quod: o perché o perché . quod commisi ut haec aut aut: poiché queste colpe (haec, prolettico) ho commesso, o di o di . inter parie tes meos: tra le pareti di casa mia , quindi a opera di persone che riteneva amiche. vivus non amitte rem: non perderle [restando] vivo . 3. Haec Quintilis Thessalon cae castigatione aut obiurgatione: dittologia sinonimica: entrambi i termini indicano qui i rimproveri di Attico. minus multa scribam: scrivo di meno (minus multa, lett. meno cose ) poiché sia (quod et) ne sono impedito dalla tristezza (maerore impedior), sia (et) ciò che aspetto da parte tua (quod exspectem istinc) lo stimo di più (magis habeo) di ciò che potrei scrivere io stesso (quam quod ipse scribam) . Quae: nesso relativo, riferito a senso a quod exspectem istinc. faciam te certiorem: ti informerò . ut ne ignorem: af nché non ignori ; nota la doppia congiunzione, con valore rafforzativo (di solito in latino la nale negativa è introdotta dal solo ne). XIIII Kal. Quintilis: il quattordicesimo giorno prima delle calende di Quintile (= il 1° luglio), quindi il 17 giugno, contando sia il giorno di inizio che quello di arrivo (il mese di giugno contava 29 giorni prima della riforma giuliana). Quintilis = Quintiles. Analisi del testo La disperazione dell esiliato Lo stato d animo dominante nella lettera è quello tipico di chi ha perduto il proprio status ed è costretto dalle circostanze avverse a rimanere lontano da Roma e dai familiari. Privato del proprio ruolo privilegiato, della dignitas e della gloria che gli incarichi precedentemente rivestiti gli avevano procurato, Cicerone consegna nelle lettere dell esilio l immagine di un uomo che vede ormai chiusa la sua parabola terrena. L esilio per Cicerone è l esperienza più tragica. Lontano da Roma e dalla vita politica attiva, egli precipita in una cupa tristezza e, costretto a un cambiamento involontario, riconosce di aver subìto una metamorfosi spirituale. Da alcune epistole dell estate e dell autunno del 58 a.C. apprendiamo in quale profondo stato depressivo egli fosse precipitato. L esule si lamenta costantemente del cambiamento del proprio status sociale e della privazione di beni quali il prestigio politico, una vasta in uenza, una splendida vita sociale, gli affetti della famiglia: «Nessuno mai è stato privato di tanti beni né è mai precipitato in sì amare sventure (Ad Atticum III, 15, 2); «So per certo che ti torna in mente quale fosse la mia vita, quali piaceri, quale prestigio (Ad Atticum III, 20, 1). L emarginazione dalla vita civile di Roma cancella l identità personale dell uomo: «Rimpiango di aver perduto non soltanto i miei beni e i miei cari, ma addirittura me stesso (Ad Atticum III, 15, 2). Attico tenta di alleviare il dolore dell amico facendo ricorso alla consolatio loso ca dedicata al tema dell esilio ( T32) e gli rimprovera di affrontare la disgrazia con scarsa fermezza d animo. Cicerone però ri uta ogni forma di consolazione: «Nessuna saggezza o dottrina loso ca possiede così tante forze da poter sopportare un così grande dolore (Ad Quintum I, 3, 5). A causa del contrasto tra il passato felice e l infelicità presente il dolore dell esule si acuisce sempre più: «Il tempo che passa non mitiga questo dolore, ma addirittura lo accresce. Tutti gli altri dolori vengono mitigati dal passare del tempo, questo non può non accrescersi di giorno in giorno sia per la percezione della sciagura presente sia per il ricordo della vita passata (Ad Atticum III, 15, 2). 653

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Età arcaica e repubblicana