Tua vivit imago - volume 1

LA CRISI DELLA REPUBBLICA E LE GUERRE CIVILI struttura retorico-letteraria risalta e, per così dire, rende solenni la commozione, l accorato lamento e l agitazione dell esule. Così, per esempio, nella ripresa del tòpos per il quale sarebbe stato meglio vivere meno a lungo: Quod utinam minus vitae cupidi fuissemus! certe nihil aut non multum in vita mali vidissemus, «Oh, se fossi stato meno desideroso di vivere! Certamente non avrei visto alcun male nella mia vita, o non molto (rr. 4-6); o nella sequenza di angosciose domande che scandiscono, talora accompagnate da esclamazioni, l intera lettera: O me perditum! O af ictum! Quid enim? Rogem te, ut venias? Mulierem aegram, et corpore et animo confectam. Non rogem? Sine te igitur sim?, «Sono davvero disperato e avvilito! Che fare ora? Devo chiederti di venire, povera donna malata e distrutta nel corpo e nell animo? Non te lo devo chiedere? . Carica di pàthos è, in particolare, l espressione «Io ho vissuto, ho raggiunto grandi traguardi (r. 36, in latino viximus, oruimus), con la quale si presenta la vita come ormai terminata e, dunque, l esilio come una forma di morte in vita . Laboratorio sul testo COMPRENSIONE 1. La lettera ci restituisce un immagine di Cicerone diversa da quella a cui siamo abituati leggendo le altre opere. Quali tratti dell uomo privato emergono? 2. Qual è, nella triste situazione presente, l unica consolazione di Cicerone? COMPETENZE ATTIVE Per approfondire L esperienza dell esilio di cui parla Cicerone è un esperienza che ha toccato, in tutte le epoche, molti intellettuali che per motivi politici sono stati costretti a lasciare la propria terra d origine. Il poeta russo Osip Mandel tam (1891-1938), morto in un gulag siberiano dopo l ennesima condanna ai lavori forzati con l accusa di essere un sovversivo, ha scritto la seguente lettera in cui parla della propria situazione: «quello che mi sta succedendo non può continuare oltre. Né io né mia moglie abbiamo più forze per prolungare questo orrore. Non solo: abbiamo maturato la ferma decisione di mettere fine a tutto ciò con qualunque mezzo. [...] Mi sono gettato nel lavoro a testa bassa. Sono stato colpito per questo. Mi hanno respinto. [ ] Hanno concepito una tortura morale. Io ho continuato comunque a lavorare. Dopo un anno e mezzo sono diventato un invalido. A quel punto mi avevano tolto tutto, senza nessuna nuova colpa: il diritto alla vita, al lavoro, alle cure mediche. Sono ridotto alla condizione di un cane, di una bestia. [..] Sono un ombra. Non esisto. Non mi resta che un diritto: morire. Spingono me e mia moglie al suicidio. Non rivolgetevi all Unione degli scrittori: è inutile. Se ne laveranno le mani (Lettere a Nadja e agli altri. 1919-1938, EM, Macerata 2020). Documentati su questo poeta e presentalo alla classe: scoprirai che fu anche un fine conoscitore della letteratura latina. 650

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Tua vivit imago - volume 1
Età arcaica e repubblicana