Intrecci letteratura - Il De officiis nel Rinascimento

LA CRISI DELLA REPUBBLICA E LE GUERRE CIVILI letteratura Il De of ciis nel Rinascimento Il trattato ciceroniano sui doveri conobbe una considerevole fortuna fin dal XII secolo e divenne il testo cardine dell Umanesimo italiano, in particolare quello fiorentino, e del primo Rinascimento, quando se ne valorizzarono la dimensione propriamente civile, le riflessioni sulla giustizia e sul rapporto tra l utile e l onesto. Particolare interesse riscosse la sezione riservata al galateo e all etichetta prescritta da Cicerone al vir bonus per il comportamento in pubblico e per la gestione dei rapporti con gli altri nella vita quotidiana. Tra le opere nelle quali si sente l eco dell analisi ciceroniana sui valori del deco rum nei rapporti esteriori (De of ciis I, 126-151) vi sono il Cortegiano di Baldassarre Castiglione (1478-1529), il Galateo di monsignor Giovanni Della Casa (1503-1556), trattato sulle buone maniere, e il De iciarchia di Leon Battista Alberti (1404-1472), in cui si delinea il profilo dell iciarco (da òikos, casa , e arkh s, capo ), il buon cittadino che mette al servizio della famiglia e dello Stato le virtù morali e intellettuali di cui è dotato. Distinzione tra la grazia femminile e la bellezza maschile In De of ciis I, 130 Cicerone opera una distinzione tra venustas ( bellezza, grazia ) e virilis dignitas ( dignità dell uomo ): «Due sono i generi di bellezza, l uno consiste nella grazia, l altro nella dignità; dobbiamo dedurre che la grazia è propria della donna e la dignità dell uomo. Si allontani dunque dalla bellezza virile ogni ornamento che non sia degno dell uomo e si eviti ogni vezzo nei gesti e nei movimenti (trad. A. Resta Barrile). Delle prescrizioni ciceroniane rimane traccia in Castiglione: «ma sopra tutto parmi nei modi, maniere, gesti e portamenti suoi, debba la donna essere molto dissimile dall omo; perché come ad esso conviene mostrar una certa virilità soda e ferma, così alla donna sta ben aver una tenerezza molle e delicata (Cortegiano III, 4). La distinzione tra bellezza maschile e femminile affiora già nel proemio del secondo 630 Lorenzo Lotto, Ritratto di Lucina Brembati, 1523 ca. Bergamo, Galleria dell Accademia Carrara. libro, in cui Castiglione rivolge un accusa alle corti contemporanee: «ma che nelle corti non regnano altro che invidie e malivolenzie, mali costumi e dissolutissima vita in ogni sorte di vicii; le donne lascive senza vergogna, gli omini effemminati. Dannano ancora i vestimenti, come disonesti e troppo molli (Cortegiano II, 2). Anche altrove nel Cortegiano viene criticata la mescolanza delle caratteristiche dei due sessi: «E di tal sorte voglio io che sia lo aspetto del nostro cortegiano, non così molle e feminile come si sforzano d aver molti, che non solamente si crespano i capegli e spelano le ciglia, ma si strisciano con tutti que modi che si faccian le più lascive e disoneste femine del mondo (Cortegiano I, 19). La lezione ciceroniana sul deco rum è attiva anche in Alberti a proposito della scelta dell abito: «Piacerammi in un giovane l abito giovanile, in quale appaia non venustà effeminata, ma dignità virile (De iciarchia II). Il modo di camminare In De of ciis I, 131 Cicerone suggerisce misura anche nel modo di camminare: «Si deve poi evitare di essere così mollemente lenti nel camminare da sembrare di essere portati in processione; oppure di procedere con passo troppo veloce, quando abbiamo fretta: quando questo succede, si muove in noi l affanno, l espressione si muta, i lineamenti si scompongono:

Tua vivit imago - volume 1
Tua vivit imago - volume 1
Età arcaica e repubblicana