Tua vivit imago - volume 1

L autore Cicerone dell anima con le ali risente di quella fatta nel Fedro (246a-256e) e nel Fedone (70a); il concetto, in realtà pitagorico, del corpo come carcere dell anima deriva per esempio dal Fedone (62b; 64c; 66 c-d; 67 c-d; 81e; 92a) e dal Fedro (250c) lo si trova anche nella Pro Scauro (cap. 5), coeva al De re publica, ed è ripreso in Tusculanae disputationes I, 74-75 e in Laelius 4, 14. L altra grande loso a di riferimento per Cicerone è lo stoicismo, di cui sono riscontrabili in uenze in relazione ai temi della sica e della cosmologia. Stoica è la concezione sull origine astrale e della natura ignea dell anima, come anche quella dei periodici cataclismi che sconvolgono il mondo (par. 23). Il princeps deus (r. 3, T18), benché il concetto risenta del dio unico che generò il tutto (Timeo 41a), è presentato nel corso dell opera secondo l ottica stoica del l gos universale ( mente , ragione ); al princeps deus deve ispirarsi il princeps civitatis nel suo ruolo di rector e conservator. Laboratorio sui testi COMPRENSIONE 1. In che cosa consiste la sacralità delle rivelazioni di Scipione Africano e di Lucio Emilio Paolo? Qual è il loro scopo? 2. Perché, se la prospettiva è quella di una vita di beatitudine assieme ai grandi del passato e se come afferma Scipione Africano la vera vita consiste in tale beatitudine, Scipione Emiliano non può accelerare il processo di distaccamento dal corpo e dalla vita terrena? 3. Che tipo di concezione filosofica emerge dai passi proposti? Come si collega alla formazione dell Arpinate? ANALISI 4. In che modo è resa la finale implicita ad tutandam rem publicam (r. 1, T18)? 5. Che tipo di proposizione è introdotta da etsi (r. 6, T18)? 6. Quale costrutto sintattico riconosci nell espressione retinendus animus est (rr. 20-21, T18)? Rintracciane un altro e spiegane le differenze. 7. Oltre a quelle già evidenziati dalle note, rintraccia in T18 almeno un occorrenza dei seguenti artifici retorici: allitterazione, antitesi, figura etimologica. COMPETENZE ATTIVE Per confrontare Nel terzo libro del suo poema De rerum natura Lucrezio espone la sua teoria sulla mortalità dell anima: ai vv. 425-444 egli dimostra, in modo conciso e rigoroso, come l anima non possa sopravvivere al corpo dopo la morte ( p. 507). Secondo molti studiosi la negazione di questa teoria da parte di Cicerone e degli stoici avrebbe consentito all élite romana di continuare a credere nel primato morale dell impegno politico, malgrado le tante delusioni in cui potevano incorrere nelle tappe del cursus honorum in tempi davvero molto difficili per la res publica e per i destini individuali. A tale riguardo, sono interessanti le seguenti affermazioni dello studioso Mario Lentano: «quegli stessi uomini ai quali Cicerone concedeva una corsia preferenziale per un eternità privilegiata e felice, sono in Lucrezio fantocci nevrotici in lotta per accaparrarsi una preda che in realtà non esiste ; Cicerone e Lucrezio scrive ancora Lentano erano «entrambi profondamente persuasi che la posta in gioco delle loro battaglie fosse molto più importante del successo letterario e che dal loro esito dipendessero da una parte la sorte di un impero, dall altro la felicità degli esseri umani (M. Lentano, Il paradiso e l inferno degli imperialisti. Una polemica sull aldilà nella Roma antica, Liberilibri, Macerata 2015). Rifletti sulle parole dello studioso, dalle quali sembrerebbe che Lucrezio, in confronto a Cicerone, neghi non solo il suo ottimismo circa l esistenza di una vita oltre la morte, ma addirittura evidenzi gli elementi negativi insiti nella partecipazione alla vita politica: da questi spunti sviluppa un confronto tra i due autori su questo argomento. 623

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Età arcaica e repubblicana