Tua vivit imago - volume 1

L autore Cicerone 10 15 2. Magnum videor dicere: attendite etiam quem ad modum dicam. Non enim verbi neque criminis augendi causa complector omnia: cum dico nihil istum eius modi rerum in tota provincia reliquisse, Latine me scitote, non accusatorie loqui. Etiam planius: nihil in aedibus cuiusquam, ne in hospitis quidem, nihil in locis communibus, ne in fanis quidem, nihil apud Siculum, nihil apud civem Romanum, den que nihil istum, quod ad oculos animumque acciderit, neque privati neque publici neque profani neque sacri tota in Sicilia reliquisse. 2. Magnum videor reliquisse Magnum videor dicere: lett. sembra che io dica un esagerazione , quindi che io esageri ; costruzione personale di videor. quem dicam: interrogativa indiretta dipendente da attendite. verbi causa: intendi verbi causa neque criminis augendi causa ( per non accrescere il discorso né l accusa ). Nota la variatio per cui al complemento di ne (verbi) segue la proposizione nale implicita. Crimen (dalla medesima radice di cernere, decidere ) indica propriamente ciò che è oggetto di decisione ; si specializza con i signi cati di accusa e di colpa , delitto . omnia: con riferimento all intera Sicilia e alle sue opere d arte. istum: come istius (r. 1), ha valore dispregiativo. il soggetto della proposizione in nitiva retta da dico con verbo reliquisse. rerum: genitivo partitivo retto da nihil e indicante le opere d arte appena elencate. Latine accusatorie loqui: l oratore garantisce di non usare giri di parole, ma di esprimersi in modo chiaro e diretto (cfr. il successivo planius) e di non caricare le tinte, di non esagerare (Magnum dicere, r. 10), com è abitudine di chi accusa. Etiam planius: [mi esprimerò] ancora più esplicitamente ; si sottintende dunque loquar. nihil reliquisse: [sappiate che] costui nell intera Sicilia (tota in Sicilia) non ha lasciato (reliquisse) nulla in casa di nessuno (in aedibus cuiusquam), nemmeno in quella di un ospite (ne in hospitis quidem), nulla nei luoghi pubblici (nihil in locis communibus), nemmeno nei santuari (ne in fanis quidem), nulla presso un siciliano, nulla presso un cittadino romano, in ne nulla che sia caduto sotto i suoi occhi o solle- ticasse la sua bramosia (quod ad oculos animumque acciderit), né di privato né di pubblico, né di profano né di sacro . All elenco dei tipi di oggetti rubati da Verre si aggiunge ora quello dei luoghi dai quali le opere d arte furono portate via. L enormità dei furti è resa stilisticamente dall anafora di nihil, dalle antitesi* sottolineate da ne quidem e apud, dalla correlazione neque neque, dall accostamento degli aggettivi di senso opposto (privati publici; profani sacri). Con l espressione in locis communibus ci si riferisce a piazze, portici, teatri ecc. Nota come grazie all anastrofe* della preposizione si varia il nesso in tota provincia reliquisse (qui è infatti tota in Sicilia reliquisse) precedentemente usato (r. 12). Analisi del testo Una presentazione dei contenuti dell orazione All inizio della quarta orazione dell Actio secunda, con una semplice formula di transizione (Venio nunc), Cicerone passa dalle ruberie commesse dal pretore sui grani ai furti di opere d arte in Sicilia, terra a tal punto devastata e rovinata da Verre da non poter «essere più restituita all antica prosperità (II, 1, 4). Cicerone enuncia qui in termini generali il contenuto dell orazione, nella quale si elencheranno prima i furti commessi da Verre a danno dei privati (per esempio il furto del candelabro d oro, ornato di pietre preziose, appartenuto al re Antioco), poi quelli subiti dalle proprietà pubbliche (tra le numerose opere d arte si ricordino la Diana di Segesta, la Cerere di Enna, i quadri del tempio di Minerva a Siracusa). La serie di narrazioni dello stesso genere di delitti non risulterà mai monotona, da un lato per le notizie sulle pregevoli opere d arte di celebri artisti a noi non pervenute, dall altro perché la galleria di immagini è impreziosita dai colori e dai tratti di cui è capace solo un esperto oratore. Verre, emblema della crisi del mos maiorum Verre rappresenta il lato deteriore della classe dirigente romana, che dopo le guerre di conquista si era lasciata affascinare da abitudini e gusti stranieri. Con il suo amore per il lusso e la sua mania per il collezionismo d arte l imputato si pone in contrasto con la sobrietà del mos maiorum, in difesa del quale erano state addirittura, inutilmente, varate le leggi suntuarie (come la lex Oppia del 215 a.C.), che miravano a controllare, o almeno a limitare, il lusso eccessivo. Stando alla descrizione di Cicerone, Verre, pur essendo assolutamente incompetente in materia di arte, 577

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Età arcaica e repubblicana