Iscrizioni pubbliche

Il contesto letterario La nascita del latino e le forme preletterarie in breve La cista Ficoroni Un documento privato di rilievo è la cista Ficoroni, che deve il nome al collezionista Francesco Ficoroni, che la trovò a Palestrina nel 1738. Si tratta di un cofanetto portagioie di rame, di forma cilindrica e finemente cesellato con scene mitologiche, risalente al IV secolo a.C., oggi esposto al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia di Roma. Come si legge nell iscrizione incisa sul suo coperchio, la cista è stata commissionata da una nobile matrona prenestina come dono, forse di nozze, per la figlia ed è stata realizzata a Roma (il cui nome compare qui per la prima volta) da un artista (non è chiaro se il nome riportato sia del fabbricante o dell incisore), probabilmente, stando a quanto emerge dal nome, di origini campane: La cista Ficoroni è un cofanetto del IV secolo a.C., di forma cilindrica, che riporta sul coperchio un importante iscrizione in cui è citata Roma per la prima volta. Dindia Macolnia fileai dedit. / Novios Plautios med Romai fecid, corrispondente al latino classico Dindia Macolnia filiae dedit. / Novius Plautius me Romae fecit, Dindia Macolnia mi donò alla figlia. / Novio Plauzio mi fece a Roma . (CIL I, 561) Fibula Praenestina, metà VII secolo a.C. Roma, Museo Nazionale Preistorico Etnografico Luigi Pigorini. Iscrizioni pubbliche Il Cippo del Foro La più antica iscrizione pubblica è quella incisa nel cosiddetto Cippo del Foro (CIL I2, 1). Si tratta di un blocco quadrangolare di pietra tufacea, della metà del VI secolo a.C., rinvenuto nel 1899 nel Foro romano sotto una lastra di marmo nero, il lapis niger ( pietra nera ). Secondo la tradizione là si trovava la tomba di Romolo o, secondo gli eruditi antichi, quella di Faustolo, il pastore che avrebbe trovato e cresciuto Romolo e Remo, o di Osto, avo di Tullo Ostilio, ma studi archeologici e speleologici hanno ormai invalidato la teoria che il cippo segnalasse la presenza di una tomba, in quanto l area situata sotto il lapis niger è troppo piccola per un sepolcro a inumazione o a cremazione. Probabilmente il cippo faceva parte di un sacello (un piccolo recinto a cielo aperto con un altare per una divinità) dedicato a Vulcano. Il testo, iscritto sui quattro lati del cippo con andamento bustrofedico, è di difficile decifrazione anche a causa della sua incompletezza: si tratta di una prescrizione di carattere religioso, con la quale si malediceva (si legge infatti sakros esed, sia maledetto ), consacrandolo agli dèi inferi, chi avesse profanato un terminus, un confine sacro. Lingua, formule e sintassi presentano analogie con il testo delle XII Tavole ( p. 59). un cippo su cui è incisa la più antica iscrizione pubblica in nostro possesso, una scritta con cui si maledice chiunque violi il confine di uno spazio sacro. Il Cippo del Foro ritrovato sotto al lapis niger, nel Foro romano, VI secolo a.C. 57

Tua vivit imago - volume 1
Tua vivit imago - volume 1
Età arcaica e repubblicana