Tua vivit imago - volume 1

L autore Lucrezio 20 25 sic ego nunc, quoniam haec ratio plerumque videtur tristior esse quibus non est tractata, retroque vulgus abhorret ab hac, volui tibi suaviloquenti carmine Pierio rationem exponere nostram et quasi musaeo dulci contingere melle, si tibi forte animum tali ratione tenere versibus in nostris possem, dum percipis omnem naturam rerum ac persentis utilitatem. rorum non capiatur: cosicché l ignara età dei fanciulli (puerorum aetas improvida) sia ingannata sino alle labbra (labrorum tenus; tenus è una preposizione che regge spesso il genitivo, a volte l ablativo; in entrambi i casi segue sempre il sostantivo cui si riferisce), e nel frattempo beva no in fondo (perpo tet è più forte del semplice poto) l amaro succo dell assenzio (amarum absinthi laticem) e, pur ingannata (decepta), non sia danneggiata (non capiatur) . Nota il gioco di parole deceptaque non capiatur basato su una gura etimologica* (decipio è composto di capio). Capio ha qui il signi cato di danneggiare , che si incontra di nuovo in V, 929 (nec frigore quod caperetur). Non capiatur costituisce la seconda parte della proposizione nale introdotta da ut al v. 14; l uso di non anziché ne è ammesso quando la negazione si riferisce a una sola parola (capiatur). tali pacto: in tal modo . valescat: è ancora dipendente da ut. 18-21. sic ego nostram Qui Lucrezio introduce il secondo termine di paragone, il poeta (ego) che ricorre alla grazia della forma poetica per far apprendere ai suoi lettori (il vulgus) una dottrina tanto ostica e complessa. sic ego tractata: così io adesso, poiché questa dottrina sembra per lo più troppo amara (tristior, comparativo assoluto) a coloro (quibus, dativo d agente collegato a tractata; sottintende un dativo di termine iis: a coloro ai quali ) che non l hanno approfondita . retroque ab hac: Lucrezio allude alla ! repetita iuvant p. 512 ricezione ostile dell epicureismo nella società romana, e mette in luce che la causa principale di tale ostilità risiede nel fatto che molti precetti epicurei sembrano a prima vista dif cili da mettere in pratica e in contrasto con i mores tradizionali. volui nostram: il verbo è al singolare ma l aggettivo possessivo è quello della prima persona plurale, perché si riferisce alla nostra (degli epicurei) dottrina. suaviloquenti: un tipico aggettivo composto di conio lucreziano (suavis + participio presente di loquor). 22-25. et quasi utilitatem quasi: riprende la similitudine che è stata proposta ai vv. 11-21. si... possem: proposizione completiva dipendente da un verbo sottinteso che esprime speranza. Analisi del testo La collocazione del passo Un problema lologico non facile a risolversi se cioè questo passo, che ripete con variazioni I, 921-950, debba essere conservato in entrambi i libri o solo in uno di essi ha in una certa misura distolto l attenzione dai contenuti del passo stesso, e ne ha attenuato la carica di novità. Il dibattito sulla collocazione del brano ha assunto spesso toni vivaci; è dif cile pensare che questi versi siano fuori posto in un caso o nell altro, anche perché alcune leggere variazioni, specie quella nell ultimo verso (naturam rerum qua constet compta gura, I, 950; naturam rerum ac persentis utilitatem, IV, 25), indicano un intenzione di far aderire il passo al contesto che non sarebbe facile attribuire a un interpolatore (ossia a qualcuno che, copiando il testo, lo ha alterato). possibile che Lucrezio, in fase di revisione nale, avrebbe optato per una sola delle due sedi, ma la presenza del passo in entrambi i libri segnala l importanza di questa ripetizione. Proprio la ripetizione, in effetti, è uno dei tratti caratteristici del De rerum na- tura, e questo non sarebbe altro che un caso particolare ed estremo di una strategia stilistica e argomentativa molto chiara in varie parti dell opera. C è però un altra ragione, più ipotetica, forse, ma affascinante: i sei libri del De rerum natura si aprono con il trionfo della vita (inno a Venere, la dea che incarna i valori di vitalità e fertilità T2) e si chiudono con quello della morte (la descrizione della peste di Atene T16), ma la dialettica tra morte e vita prosegue all interno del poema, ripetuta in vari contesti, no a creare nel lettore l impressione che tale alternanza sia (come in effetti è) una regola fondamentale dell universo, in cui creazione e distruzione si susseguono senza pause e senza vinti o vincitori. Così, per esempio, il primo libro, che inizia con l inno a Venere, si conclude con l immagine grandiosa del crollo «delle cose terrene e del cielo (I, 1107), ma subito dopo il proemio del secondo libro ( T8) ripropone l immagine serena e positiva della loso a epicurea, della suavitas come forza di creazione poetica. Analogamente è suggesti- 511

Tua vivit imago - volume 1
Tua vivit imago - volume 1
Età arcaica e repubblicana