T1 - Il matrimonio come male necessario (Aulo Gellio, Notti

L amore, la passione, il matrimonio T1 Il matrimonio come male necessario Aulo Gellio Notti Attiche 1, 1-6 In uno dei primissimi capitoli delle Notti Attiche, Aulo Gellio (vissuto nel II secolo d.C.) riferisce in sintesi il contenuto di un discorso pronunciato nel 102 a.C. da Quinto Cecilio Metello Numidico, che rivestiva all epoca la carica di censore, ed era quindi addetto al controllo della condotta morale e civile dei cittadini, all amministrazione dei beni dello Stato e alla costruzione delle opere pubbliche. In questo discorso egli esortava i suoi concittadini a sposarsi, sostenendo la necessità delle unioni matrimoniali per la conservazione della vita e, quindi, per la sopravvivenza dello Stato. Aulo Gellio, dopo aver riportato i contenuti del discorso di Quinto Cecilio Metello, inserisce il commento di un suo maestro, il retore Tito Castricio (maestro di Aulo Gellio), che risponde alle obiezioni di quanti sostenevano che le parole dell oratore sembrassero dissuadere dal contrarre matrimonio piuttosto che esortare a farlo. 5 10 15 20 25 Dinanzi a un pubblico di parecchie e colte persone veniva letto un discorso sul prender moglie che Metello Numidico, personaggio di grande serietà ed eloquenza, tenne durante la censura al popolo esortandolo a contrarre matrimonio. In quel discorso sta scritto: «Se potessimo, Quiriti, vivere senza moglie, noi tutti faremmo a meno di tale fastidio; ma poiché la natura ha disposto le cose in modo che non si può né viver abbastanza bene con una donna, né in alcun modo senza di essa, è da pensare piuttosto alla durevole conservazione dell esistenza che non al piacere di una breve vita . Alcuni trovano che il censore Metello, poiché si era proposto di esortare il popolo a prender moglie, non avrebbe dovuto riconoscere i fastidi e i durevoli inconvenienti dello stato matrimoniale; e più che esortare, le sue parole avevan l aria di dissuadere e distogliere; invece, essi asserivano, si sarebbe dovuto in tal discorso assumere una posizione contraria, dichiarando che di solito nei matrimoni non v erano fastidi di sorta, e se tuttavia qualche fastidio poteva verificarsi, si trattava di cose da poco, senza conseguenza e facili ad essere tollerate; e aveva dimenticato i ben maggiori vantaggi e i godimenti; non si doveva generalizzare o imputare tali fastidi a un difetto intrinseco al matrimonio, bensì darne colpa alla ingiustizia e alla durezza di qualche marito. Tito Castricio riteneva invece che Metello avesse parlato in modo giusto e con dignità. «In modo diverso disse «devono parlare il censore e il retore. A quest ultimo è concesso di usare argomenti falsi, arrischiati, subdoli, capziosi, purché abbiano una parvenza di verità e possano con una certa astuzia insinuarsi negli animi per influenzarli . [ ] «Ma Metello aggiungeva «uomo irreprensibile, reputato, per la propria serietà e sincerità, esempio di grande dignità nelle cariche e nella stessa vita privata, mentre parlava al popolo romano doveva dire soltanto ciò che a lui e a tutti appare come la verità; [ ] che lo Stato non può sussistere senza un gran numero di matrimoni . (trad. L. Rusca) 447

Tua vivit imago - volume 1
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Età arcaica e repubblicana