T8 LAT ITA - Ille mi par esse deo videtur

LA CRISI DELLA REPUBBLICA E LE GUERRE CIVILI T8 Ille mi par esse deo videtur tratto da Liber, carme 51 LATINO ITALIANO Sulla scorta di un ode di Saffo (fr. 31 Voigt) che Catullo traduce , in realtà rielaborandola, nelle prime tre stro (per un approfondimento sul testo di Saffo e sulle modalità di rielaborazione da parte di Catullo p. 399), il poeta immagina un uomo che, seduto davanti all amata, la osserva e la ascolta ridere dolcemente. Questa situazione lo induce a mettere a confronto la tranquillità del rivale (sereno e distaccato come e più degli dèi) con lo sconvolgimento sico ed emotivo che Catullo vive alla vista di Lesbia. Ille mi par esse deo videtur, ille, si fas est, superare divos, qui sedens adversus identidem te spectat et audit dulce ridentem, misero quod omnis eripit sensus mihi: nam simul te, Lesbia, aspexi, nihil est super mi 1-8. Ille mi par super mi Ille divos: l anafora* di ille, nuova rispetto al modello greco, sottolinea la forza del tema: la capacità dell uomo di rimanere tranquillo di fronte alla donna lo rende agli occhi di Catullo (mi videtur) del tutto simile a un dio (par deo) o addirittura superiore agli dèi (superare divos). L incidentale si fas est, se è lecito , attenua il concetto, secondo un motivo tradizionale che si trova già in Lutazio Càtulo ( p. 306), fr. 2 Bl nsdorf (il poeta incontra un certo Roscio e afferma: pace mihi liceat, caelestes, dicere vestra / mortalis visus pulchrior esse deo, sia a me concesso con benevolenza vostra, o dèi del cielo, di affermare che un mortale mi parve più bello di un dio ). qui spectat et audit: la relativa introduce la descrizione della situazione, in cui l avverbio identidem ( continuamente , non presente nel modello) e l accusativo te sono 396 LETTURA I lle m pa r e sse | de o v de tu r, lle , s fa s e st, | su pe ra re d vo s, qu se de ns a dve rsu s | de nt de m te d t spe cta t e t au Metro: stro saf che 5 Audio Quegli mi sembra simile a un dio, quegli, se è lecito dirlo, mi sembra superare gli dèi, che seduto davanti a te può spesso vederti e ascoltarti mentre dolcemente sorridi: felicità che a me sventurato rapisce l uso di tutti i miei sensi: come infatti ti vedo, o Lesbia, non mi resta poi neanche un filo di voce, legati strettamente ai due verbi che concludono la strofe (spectat et audit), sia dal punto di vista fonetico, con la ripetizione dei suoni dentali t e d, sia da quello sintattico, in quanto te è complemento oggetto di spectat e audit e identidem è avverbio che quali ca queste due azioni. La descrizione prosegue con enjambement* nella strofe successiva, occupata dal participio predicativo ridentem (variazione sul greco, in cui era piuttosto sottolineato il tema del suono e della parola). quod mihi: quod richiama l intera situazione (sedersi di fronte, guardare e ascoltare l amata), che priva Catullo (misero mihi, in forte iperbato*, incorniciano la frase) della totalità dei sensi (omnis sensus, ancora in iperbato a cavallo dei due versi e con il verbo, eripit, al centro). te, Lesbia: la ripetizione del pronome personale nella stessa sede nale dopo il v. 3 è segui- ta dal vocativo in posizione incipitaria. L aggiunta del nome di Lesbia, assente naturalmente nel frammento di Saffo, è il tratto più evidente del soggettivismo catulliano, che riesce a calare la vita personale nell esperienza letteraria. v. 8: l ultimo verso della strofe è caduto nell intera tradizione manoscritta. Sulla base del confronto con il modello greco non è possibile restituire con certezza un testo, ma è verisimile pensare che il tema fosse quello della voce, e tra le varie proposte di integrazione avanzate dagli studiosi si può segnalare quella del lologo Gustav Friedrich, presupposta dalla traduzione di Luca Canali: Lesbia vocis. Metricamente adeguata, inserisce l argomento presente nel modello; l anafora del nome proprio in due versi consecutivi creerebbe, inoltre, una bella corrispondenza tra ille dei primi due versi e Lesbia di questi due.

Tua vivit imago - volume 1
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Età arcaica e repubblicana