Intrecci educazione civica - Lo stupro nella cultura romana

DALLE ORIGINI ALLA CONQUISTA DEL MEDITERRANEO educazione civica Lo stupro nella cultura romana Leggendo le commedie di Plauto e di Terenzio, il lettore moderno può restare sorpreso di fronte alla frequenza di episodi di stupro, che non suscitano negli altri personaggi e, si deve supporre, negli spettatori la stessa indignazione che provocherebbero, giustamente, oggi. Gli stessi racconti del mito classico, d altra parte, sono pieni di episodi di rapimento e violenza sessuale, che vedono spesso come autori gli dèi e come vittime ninfe o donne mortali (Giove e Io, Apollo e Dafne, Ade e Persefone): raccontate in versi dai poeti e raffigurate in immagini da pittori e scultori, queste vicende sembrano essere oggetto di un interesse prettamente estetico, del tutto privo di una condanna morale. In latino il termine stuprum (in origine onta, vergogna ) indica tutta una serie di rapporti sessuali illeciti, compreso per esempio l adulterio: tra questi, anche la violenza sessuale tra cittadini romani, mentre lo stupro degli schiavi da parte del loro padrone, così come quello delle prostitute e delle cortigiane, era ritenuto lecito. Alcuni studiosi, come il francese Paul Veyne, si sono spinti a parlare, a proposito della civiltà di Roma antica, di una «virilità di stupro : nelle parole di Eva Cantarella, «educati fin dalla più tenera età a essere dei dominatori del mondo (tu regere imperio populos Romane memento: Romano, ricordati che devi reggere gli altri popoli con il tuo imperium , ricordava loro Virgilio), i Romani, in ogni occasione, pubblica o privata, dovevano imporsi: sui nemici con la forza delle armi e la superiorità delle leggi, sui concittadini con l uso politico della parola, sulle donne possedendole. La virilità, così intesa, era una manifestazione di romanità . vero anche, d altra parte, che lo stupro di una vergine (così come di un maschio libero) era considerato tra i crimini più gravi in assoluto e la leggenda e la storia di Roma ne forniscono numerose testimonianze: se lo stesso fondatore di Roma era nato, insieme al fratello Remo, dallo stupro di Rea Silvia a opera di Marte, alle conseguenze di un altro stupro, quello di Lucrezia a opera di Sesto Tarquinio, si deve però la cacciata dei re e la nascita della repubblica. Secondo la leggenda, infatti, Lucrezia si era suicidata non sopportando il disonore, e il suo gesto aveva indotto i Romani a ribellarsi alla tirannia di Tarquinio il Superbo, padre dello stupratore. Questa disparità di trattamento tra liberi e schiavi, o tra Romani e stranieri, può lasciare sconcertati e scandalizzati noi lettori moderni, ma bisogna saper interpretare e valutare i testi, gli avvenimenti e i fenomeni del passato nel loro contesto storico e culturale: sarebbe assurdo accusare qualcuno di aver commesso un azione che, alla sua epoca, era universalmente considerata legittima. Allo stesso tempo, sarebbe però altrettanto sbagliato rinunciare, nel nome di un malinteso relativismo dei valori, alla nostra consapevolezza critica di moderni; ed è giusto, quindi, prendere le distanze da quegli aspetti delle civiltà classiche che oggi ci sembrano inaccettabili sul piano etico e morale: lungi dal costituire un ingenuo fraintendimento, confrontarsi criticamente con tali aspetti significa, al contrario, prendere davvero sul serio ciò che di positivo, ma anche di negativo, i documenti del passato hanno omunicarci. da comunicarci. Gian Lorenzo Bernini, Apollo e Dafne, 1622-1625. Roma, Galleria Borghese. 266

Tua vivit imago - volume 1
Tua vivit imago - volume 1
Età arcaica e repubblicana