3. Lo stile

L autore Terenzio in breve Terenzio inizia dichiarando di aver scelto questo genere di prologo controvoglia, costretto dalle accuse dei detrattori e in particolare di un «vecchio poeta malevolo (identificato dai commentatori con Luscio Lanuvino, un commediografo di cui abbiamo scarse notizie). A Terenzio viene rimproverato di aver unito elementi di due testi di Menandro molto simili fra loro, ovvero di aver trasferito nell Andrìa menandrea elementi della Perinthìa: un procedimento scorretto secondo i suoi avversari, per i quali sembra valere la massima contaminari non dece re fabulas ( non è lecito contaminare le commedie ). Tuttavia, la pratica della contaminatio, continua il poeta, non è una sua invenzione: prima di lui l hanno utilizzata Nevio, Plauto ed Ennio, la cui neglegentia (cioè l imprecisione , l infedeltà creativa connaturata alla contaminatio) è pur sempre preferibile alla obscura diligentia dei detrattori, cioè al rispetto pedissequo dei modelli. Per questo motivo egli continuerà a ricorrervi, come ribadisce nel prologo dell Heautontimorume nos, in cui ritorna sull argomento, lasciando così intendere che le critiche non erano cessate: esse si erano anzi mescolate a insinuazioni sull intervento attivo di Scipione Emiliano e di Lelio nella stesura dei testi. Le affermazioni programmatiche di Terenzio sono difficili da valutare a causa della mancanza della maggior parte degli originali greci a cui egli fa riferimento: è quindi impossibile esprimere un giudizio definitivo sull originalità del commediografo, che sicuramente si è mantenuto abbastanza fedele agli intrecci menandrei, pur privilegiando, al loro interno, alcuni elementi a scapito di altri. 3. Lo stile Uno stile sobrio e vicino al parlato Lo stile di Terenzio è molto misurato e nitido, lontanissimo dall esuberanza fantasiosa di Plauto e teso, al contrario, a riprodurre la lingua della conversazione quotidiana (sermo cotidianus), fatta di termini generici ( cosa , essere , fare ), interiezioni (ei mihi, ahimè ) e frasi ellittiche (cioè lasciate in sospeso, contando sul fatto che l interlocutore abbia già afferrato il concetto). Anche sotto questo aspetto il commediografo appare vicino all atticismo di Menandro: quest ultimo infatti, come molti altri autori della letteratura greca ellenistica, aveva impiegato una lingua modellata su quella usata in età classica dai grandi prosatori attici, che mirava, sul piano stilistico, a effetti di sobria e misurata eleganza, tanto che non sorprende il giudizio di Cesare, il quale, stando a Svetonio ( p. 222), definiva Terenzio puri sermonis amator, amante del linguaggio puro . notevole, in particolare, l assenza o comunque la scarsa frequenza, nel lessico terenziano, di tutti quei termini relativi alla sfera del corpo (il mangiare, il bere, l unione carnale) che erano, invece, molto presenti, e con grande rilievo, nella lingua di Plauto; così come la virulenza degli insulti che si scambiano i personaggi plautini risulta, in Terenzio, notevolmente attenuata. Lo stile di Terenzio Un linguaggio stilizzato Per lo stesso motivo Terenzio ricorre con parsimonia agli artifici retorici e alle figure di suono tanto care al suo predecessore Plauto: le parodie del linguaggio tragico e i giochi di parole sono quasi del tutto assenti, così come gli accenni alla dimensione fisico-corporea, i tratti buffoneschi e in generale tutti gli elementi riconducibili a una lingua popolare e a un registro volgare. Gli stessi arcaismi (siet per sit; mage per magis; quoi per cui) sono quelli propri dell uso del tempo, senza affettazioni. Si può parlare, da questo punto di vista, di un linguaggio stilizzato , cioè uniformato a un tipo costante e, di conseguenza, notevolmente semplificato e formalizzato. Nel complesso la lingua è quella di Il linguaggio è sobrio ed elegante e riproduce il linguaggio quotidiano. delle commedie terenziane è semplificato e costante e non ricorre ad affettazioni, volgarità o eccessi retorici. 229

Tua vivit imago - volume 1
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Età arcaica e repubblicana