T9 LAT - La disperazione di Euclione

L autore Plauto T9 La disperazione di Euclione tratto da Aulularia, vv. 713-726 (atto IV, scena IX) LATINO Il canticum che il vecchio Euclione intona a seguito della scoperta di essere stato derubato del suo tesoro, oltre a rappresentare l apice della tensione drammatica della commedia, è un momento di grandissima comicità: alla scoperta del furto della pentola piena d oro, l avaro si abbandona a una serie di lamentazioni paratragiche e alla constatazione del proprio annientamento di fronte alla perdita di un tesoro che per lui era divenuto una vera e propria ragione di vita. Metro: alternanza di versi anapestici 715 720 721a 722a EUCLIO Perii, interii, occ di. Quo curram? Quo non curram? Tene, tene. Quem? Quis? Nescio, nil video, caecus eo atque equidem quo eam aut ubi sim aut qui sim nequeo cum animo certum investigare. Obse cro vos ego, mi auxilio, oro, obtestor, sitis et hominem demonstretis, quis eam abstulerit. Quid est? Quid ridetis? Novi omnes, scio fures esse hic complures, qui vestitu et creta occultant sese atque sedent quasi sint frugi. Quid ais tu? Tibi credere certum est, nam esse bonum ex voltu cognosco. Hem, nemo habet horum? Occidisti. Dic igitur, quis habet? Nescis? Heu me miserum, mise re perii, male perd tus, pessime ornatus eo: tantum gemiti et mali maestitiaeque hic dies mi optu lit, famem et pauperiem. 713-716. Perii abstulerit Perii, interii, occ di: si tratta di un tricolon, una gura retorica che avvicina tre sinonimi per sottolineare la disperazione di Euclione (puoi tradurre per esempio: sono perduto, morto, nito ). Quo curram non curram?: le due interrogative con anafora* di quo ed epifora* di curram richiamano lo stile tragico, nel quale i personaggi spesso domandano a sé stessi quale soluzione convenga prendere. Tene Quis?: Ferma! Ferma! Fermare chi? Chi lo ferma? . La traduzione, in una lingua priva di casi come l italiano, non può che richiedere delle aggiunte: Euclione indica qualcuno che non c è, lo accusa di essere stato il ladro della pentola e chiede di fermarlo (tene, tene); subito dopo si domanda di chi stia parlando (quem?) e a chi stia dicendo di prenderlo. Nescio, nil video, caecus eo: sono tre aspetti della follia di Euclione: non sa nulla, non vede nulla e cammina come un cieco. quo eam qui sim: interrogative indirette dipendenti da nequeo investigare. Obse cro oro, obtestor: ancora un tricolon, qui con allitterazione*. Euclione si rivolge di- rettamente al pubblico secondo un procedimento tipico del metateatro plautino, per cui si veri ca una consapevole rottura della nzione scenica. mi auxilio: costruzione del doppio dativo ( che mi siate di aiuto ). sitis demonstretis: congiuntivi dipendenti dai tre verbi di preghiera, senza la congiunzione subordinante ( io vi scongiuro, vi prego, vi supplico di essermi di aiuto e di indicarmi l uomo ). eam: la pentola (aula) piena d oro, fonte delle ossessioni di Euclione ( T8). abstulerit: congiuntivo perfetto del verbo aufe ro. 717-720. Quid est Nescis? Quid est? Quid ridetis?: ancora un anafora, anche se il primo quid ha valore pronominale ( Cosa ? ), mentre il secondo avverbiale ( Perché ? ). hic: avverbio di luogo ( qui ). vestitu et creta : lett. con il vestito e la creta (endiadi*). Il riferimento è alle toghe imbiancate con la creta dei cittadini di più elevato rango sociale, tra i quali, secondo Euclione, si nasconderebbero dei ladri. quasi sint frugi: come se fossero galantuomini ; frugi (dativo di frux) è usato come aggettivo indeclinabile e indica le persone di rango elevato e di comprovata moralità. Tibi certum est: lett. è stato deciso [da me] di crederti , cioè: voglio crederti , voglio darti ducia . esse bonum: sottinteso te. Hem: interiezione indicante meraviglia o sdegno, frequente nei poeti comici ( p. 172). nemo horum: nessuno di costoro [cioè degli spettatori] ce l ha [ la pentola ]? . Occidisti: lett. mi hai ucciso (dandomi questa notizia). 721-722a. Heu me pauperiem Heu me miserum: il lamento di Euclione assume un tono sempre più tragico, sottolineato dalle frequenti allitterazioni (me miserum, mise re; perd tus, pessime; mali maestitiaeque). Me miserum è accusativo di esclamazione, frequentissimo in Plauto; ha maggiore immediatezza e forza rispetto al vocativo. mise re male pessime: sequenza di avverbi. pessime ornatus eo: lett. vado [cioè sono ] conciato malissimo . gemiti et mali maestitiaeque: genitivi partitivi retti da tantum, accusativo dipendente (come famem e pauperiem) da optu lit (che equivale a obtu lit, indicativo perfetto di offe ro). 171

Tua vivit imago - volume 1
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Età arcaica e repubblicana