Eschilo, Sofocle, Euripide

I GENERI vano gli spettatori all azione; la pàrodo, ossia l ingresso del coro tragico; gli episodi, dove i personaggi dialogavano intervallati da interventi del coro (stàsimi); l èsodo, che concludeva la rappresentazione. ESCHILO, SOFOCLE, EURIPIDE La tragedia attica è sostanzialmente legata a tre nomi: Eschilo, Sofocle ed Euripide, considerati il ore della produzione tragica già dalle generazioni immediatamente successive. I tre autori, vissuti tra la fine del VI secolo e la fine del V (Eschilo nacque nel 525 a.C. e Sofocle morì dopo il 405 a.C.), portarono in scena le tragedie da sempre considerate le più perfette, tanto dal punto di vista contenutistico quanto da quello formale; delle centinaia di opere da loro composte sono sopravvissute, tuttavia, soltanto sette tragedie di Eschilo, sette di Sofocle e diciassette di Euripide. Già il poeta comico Aristofane (450-385 a.C.), nel- la sua commedia Le rane, dimostrava di rifarsi a un canone che vedeva in questi tre poeti i maggiori autori tragici. Per la fama che essi acquistarono in tutta la Grecia, le compagnie teatrali presero a rappresentare assiduamente le loro tragedie nelle varie pòleis, nendo per corrompere il testo (gli attori si sentivano liberi di modi care le battute, talvolta addirittura il nale). Per salvaguardare le opere nella loro veste originale, il legislatore spartano Licurgo (390-324 a.C.) ne fece redigere una copia uf ciale , alla quale chiunque doveva attenersi. I temi principali si diffeLEZIONI TRECCANI renziano, in parte, da autore Eschilo: la tragedia ad autore: se in Eschilo uno e la pòlis dei più frequenti è quello del Sofocle, l eroe solitario in scena rapporto tra l uomo e la Euripide e l orrore divinità (nell unica trilogia della guerra tragica superstite, l Orestea, del 458 a.C., che compren- L Antigone di Sofocle Rappresentata quasi certamente nel 442 a.C., l Antigone racconta gli eventi successivi alla guerra dei sette contro Tebe , che aveva visto contrapposti i due fratelli Etèocle e Polinìce: la loro sorella Antigone decide di dare sepoltura a Polinìce, sconfitto e ucciso, nonostante l editto del re di Tebe Creonte, che lo aveva vietato, considerando Polinìce un traditore. Dopo essere stata scoperta, Antigone si difende dicendo di non aver seguito le leggi umane, ma quelle divine: Creonte la condanna a morte. Successivamente, ammonito dall indovino Tiresia, cambia idea, ma è troppo tardi: Antigone si è suicidata, e con lei il figlio di Creonte, mone, che ne era innamorato, e sua madre Eurìdice, moglie di Creonte: anche il re, dunque, è condannato a un destino di sofferenza. Nel corso dei secoli l Antigone è stata interpretata come espressione dell insanabile con itto tra lo Stato da una parte e la famiglia e/o l individuo dall altra, tra le leggi divine e le leggi umane, e certamente la protagonista ha rappresentato da sempre un modello di coraggio e di fedeltà ai propri princìpi; allo stesso tempo, però, «malgrado la rovina di Creonte dimostri la giustizia dell azione di Antigone e ne consacri la statura eroica, tale eroismo non assurge a valore positivo 116 assoluto [ ]. Nessuno dei due dall esperienza del dolore trae saggezza: entrambi ripiegano dolorosamente su sé stessi nella smarrita consapevolezza della propria sventura. Dall esito delle loro vite emerge soprattutto l immagine di un umanità sofferente il cui destino, una volta messa a nudo la propria fragilità, è di compiangere sé stessa e la sua misera condizione (L.E. Rossi, Letteratura greca, Le Monnier, Firenze 1995). Frederic Leighton, Antigone, 1882. Collezione privata.

Tua vivit imago - volume 1
Tua vivit imago - volume 1
Età arcaica e repubblicana