Paolo Uccello

Paolo UCCELLO

Paolo di Dono 
Firenze 1397-1475

In 2 parole
In sospeso tra MONDI FANTASTICI e SCORCI PROSPETTICI

Coetaneo e concittadino di Masaccio, Paolo di Dono (detto Uccello per la sua abilità nel raffigurare gli animali) rappresenta il momento di passaggio tra il Tardogotico e il nuovo linguaggio pittorico rinascimentale. Nelle sue composizioni convivono l’atmosfera fiabesca e irreale di una miniatura medievale e la ricerca di una profondità prospettica “moderna”.
Negli anni della maturità Paolo Uccello lavora a Venezia, con i mosaicisti della Basilica di San Marco, e in seguito a Bologna, Padova e Urbino. Per ottenere commissioni e protezione presso i Signori delle corti gli artisti erano costretti a viaggiare: ciò ha contribuito alla diffusione di stili, idee e tecniche, ma è stato anche uno dei motivi di preclusione all’arte per tutte le donne.
Così testimonia la scelta di Antonia Doni, figlia di Paolo Uccello, che per esercitare il mestiere di pittrice si fa suora e grazie alle numerose commissioni dell’ordine religioso riesce a lavorare con una libertà altrimenti impossibile.

UNA STORICA BATTAGLIA
Il dipinto La battaglia di San Romano rappresenta la vittoria riportata dai fiorentini sui senesi nel 1432.
Paolo Uccello ritrae il momento cruciale della battaglia, quando il capitano senese, sul cavallo bianco al centro, viene colpito dalla lancia nemica. L’attenzione però non è rivolta tanto alla descrizione dell’evento, quanto alla costruzione prospettica della scena, a cui contribuisce il gioco delle lunghe lance dei guerrieri.
Il pittore ha anche un gusto tardogotico per la decorazione e l’uso di materiali preziosi: una lamina d’argento (di cui rimangono tracce) rivestiva parte delle ricche armature e le bardature dei cavalli.

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UNA SCENA FIABESCA
Secondo la tradizione medievale, un drago che minacciava di uccidere una giovane principessa fu sconfitto dal provvidenziale intervento di san Giorgio in veste di nobile cavaliere.
Nel piccolo dipinto San Giorgio e il dragoPaolo Uccello raffigura questa leggenda con dettagli da fiaba, che invece di rendere cruenta la scena, la alleggeriscono, creando un’atmosfera quasi irrazionale: la principessa dalla pelle bianchissima, più che essere prigioniera del drago, sembra tenerlo al guinzaglio, mentre il mostro ruggisce la sua furia e il santo si avventa contro di lui con la lancia. Una scena priva di vera drammaticità e raccontata come una storia “fantasy”.

InsegnArti - volume B
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Storia dell’arte