Le opere teatrali

Le opere teatrali

Il dramma dietro la favola pastorale La produzione teatrale risulta quanto mai congeniale a Tasso per rappresentare l’intreccio tra amore e morte, tema che egli svolge sia dietro l’apparente serenità della favola pastorale sia nei più drammatici conflitti della tragedia.

Nel corso del Cinquecento si sviluppa alla corte ferrarese un nuovo genere letterario: la “favola pastorale” o “boschereccia”. Si tratta di opere che, composte da dialoghi in versi e accompagnate da musica, vengono rappresentate durante le feste. Le tematiche sono quelle arcadiche, legate alla descrizione della serena vita dei pastori, che trascorre tra i piaceri della natura e quelli del canto.

L’Aminta: struttura e tratti stilistici L’Aminta (1573) è una favola pastorale divisa in 5 atti, ciascuno seguito da un coro, ed è composta in un’alternanza di endecasillabi (specie nelle parti discorsive) e settenari (prevalenti nelle parti liriche). Tasso vi riprende i motivi sentimentali e idillici della tradizione bucolica classica (Virgilio) e umanistica (Poliziano e soprattutto il Sannazaro dell’Arcadia) con un linguaggio maturato attraverso lo studio della poesia latina e volgare.

La trama In un’atmosfera di sogno si svolge la delicata storia dei due protagonisti, il giovane pastore Aminta e la bella ninfa Silvia. Aminta ama Silvia, che però è restia e sdegnosa. Un altro pastore, Tirsi, aiutato dall’esperta Dafne, tenta invano di vincere le ritrosie di Silvia. La vicenda si scioglierà grazie a un equivoco tragico: Aminta tenta di suicidarsi gettandosi da una rupe e Silvia, che lo crede morto, è sconvolta dal rimpianto, dal pentimento e dal dolore. Aminta però si salva e può finalmente unirsi con la donna amata, celebrando in tal modo il trionfo d’amore, tema caro alla letteratura rinascimentale.

Le rappresentazioni dell’opera a corte riscuotono subito un grande successo, a cui non è estranea, oltre che la sapiente fattura formale del testo, la componente autobiografica: sotto il nome e le fattezze dei principali personaggi si nascondono infatti le figure della corte ferrarese, compreso il poeta stesso, che si cela dietro la saggia maschera di Tirsi.

Tra felicità e malinconia Le caratteristiche principali dell’opera sono la raffinatezza e il gusto dell’evasione in un passato favoloso e lontano, che Tasso sa valorizzare grazie a un’originale fusione di piacevole liricità e languido patetismo. Il tema centrale, come voleva la tradizione pastorale, è quello amoroso, qui evocato come un sentimento legato alla giovinezza, all’innocenza e alla libertà. Tuttavia, mentre esprime l’aspirazione a un mondo di incontaminata dolcezza, il poeta sente il timore di non poterla realizzare: come evidenzia il commosso coro del primo atto, l’amore non diventa mai una libera tensione alla felicità, ma si ricollega sempre a una percezione di incompiutezza, di irrequieta caducità e di morte incombente. Anche il testo in apparenza più leggero e disincantato di Tasso si rivela, sotto la sorridente superficie dello scherzo letterario, il canto nostalgico di una serenità irraggiungibile.

Re Torrismondo Riprendendo un suo testo incompiuto del 1573, Galealto re di Norvegia, Tasso porta a termine nel 1587 una tragedia in 5 atti, Re Torrismondo, che mette in scena uno dei temi a lui più cari: il conflitto tra gli istinti e la norma sociale. Torrismondo, violando la legge dell’amicizia, ha posseduto Alvida, la donna destinata al suo amico Germondo. Quando poi si scopre che quella donna è sua sorella, l’orrore dell’incesto porta i due amanti al suicidio. Il soggetto è esotico e ambientato in un tempestoso paesaggio nordico, ma si rifà anche alla vicenda dell’Edipo re del tragediografo greco Sofocle (497 ca - 406 a.C.). Tipico dell’arte tassiana è però il dramma dell’uomo dinanzi alle passioni irrazionali e a una sorte maligna che lo condanna alla sofferenza e alla morte.

Classe di letteratura - volume 1
Classe di letteratura - volume 1
Dalle origini al Cinquecento