Pagine di realtà - Il narcisismo, trappola del nostro tempo

Educazione CIVICA – Pagine di realtà

Il narcisismo, trappola del nostro tempo

La figura femminile presentata nel componimento di Tasso Donna, il bel vetro tondo ( T3, p. 990) ammira la propria immagine riflessa nello specchio, anzi, si innamora di sé. Anche la Laura di Petrarca non resisteva alla tentazione di contemplarsi, ma è nella lirica manierista che l’inclinazione ad amare sé stessi e a ignorare gli altri diventa una costante. Il mito classico del giovane Narciso incarna questo atteggiamento: la sua vicenda, immortalata dal poeta latino Ovidio, diventa già alla fine dell’Ottocento e poi con la psicanalisi di Freud il simbolo della condizione patologica di una personalità incapace di provare interesse per il prossimo e incline a vivere il proprio Io come il centro dell’universo. Tale tendenza, che prende appunto il nome di “narcisismo”, è, secondo lo psicanalista Massimo Recalcati (n. 1959), un fenomeno tipico dei nostri tempi, consacrati al culto di sé e alla ricerca spasmodica dell’autoaffermazione.

“Caravaggio, seguendo il mito raccontato da Ovidio, ci presenta il giovane Narciso affacciato sulle acque che gli restituiscono – in una perfetta simmetria avvolta dal buio – la sua immagine adorata. La bellezza di Narciso contiene, si capisce, una trappola mortale: la fascinazione per sé stessi può essere fatale. È quello che accade anche nel mito: nel tentativo di afferrare la propria immagine riflessa, il giovane Narciso sprofonda nell’abisso delle acque perdendo la propria vita. Freud aveva coniato da questo mito una figura fondamentale della clinica psicoanalitica: il narcisista è colui che perde la propria vita restando alienato nell’infatuazione esaltata ma sterile per la propria immagine. Nel mito di Ovidio Narciso è, infatti, colui che suscita ammirazione e amore, ma che non può, a sua volta, né provare, né ricambiare in nessuna forma. L’anestesia affettiva è un tratto anche clinico della personalità narcisistica che segnala la sua impossibilità di entrare in una forma di legame con l’altro in quanto tutta la sua libido appare sequestrata dal proprio Io. Non a caso per Freud l’Io è il primo oggetto di investimento libidico, il suo “serbatoio” originario. Il che significa che l’essere umano non nasce predisposto all’altruismo, ma, casomai, al culto di sé stesso. Il narcisismo definisce la tendenza egocentrica dell’uomo che contrasta radicalmente con la tesi aristotelica1 dell’uomo come animale sociale: il nostro Io è il primo grande e insidioso idolo alla cui potenza immaginaria la nostra vita si consacra.

L’illusione narcisistica vorrebbe cancellare il tabù della dipendenza dell’uomo dall’Altro. Il suo fantasma è partenogenetico2, esclude ogni fecondazione dell’Altro. Il suo disegno è quello dell’auto-costituzione, dell’auto-fondazione, dell’auto-realizzazione. Mai nessun tempo come il nostro ha esaltato a dismisura la figura di Narciso come emblema di un soggetto che basta a sé stesso, indipendente, autonomo. È una patologia non solo individuale. Narciso può, come nel mito di Ovidio, innamorarsi solo di ciò che gli assomiglia, solo della propria immagine ideale; egli non conosce l’alterità, non conosce l’amore come esposizione assoluta verso il dissimile. Il fantasma di auto-consistenza che governa la vita di Narciso ispira da capo a piedi il mito neo-liberale del “farsi un nome da sé”. Esso domina le nostre vite come una vera e propria forma pagana di idolatria. L’ideale seduttivo dell’auto-generazione vorrebbe negare ogni debito, ogni provenienza dall’Altro nutrendo la credenza folle dell’Io che basta a sé stesso.

Tuttavia, il mito di Narciso non si limita a mostrare la potenza seduttiva dell’illusione di farsi un nome da sé, ma ne evidenzia anche il rischio mortale. Narciso vorrebbe cancellare la distanza che lo separa da sé stesso, reintegrare il suo doppio che vede riflesso, negare quella divisione che attraversa tutti noi impedendoci di credere troppo al nostro Io. Nessuno di noi, infatti – salvo i grandi paranoici – può pensare di coincidere perfettamente con l’Io che crede di essere. Nel tentativo di realizzare questa coincidenza, Narciso perde la sua vita. Per questa ragione Lacan3 ha messo in evidenza il carattere profondamente suicidario4 del narcisismo umano: idolatrando la propria immagine, perseguendo il sogno onnipotente di cancellare l’alterità, il sogno di Narciso naufraga nell’abisso oscuro delle acque. Credere di essere un Io è, infatti, la malattia umana per eccellenza, la follia più grande, la forma più subdola e pericolosa di idolatria. Se la modernità ha segnato il tempo della giusta emancipazione dell’Io dagli oscurantismi irrazionali della superstizione, se la voce di Kant5 ha definito la stagione dei lumi come l’uscita necessaria dell’uomo dal suo stato di minorità, l’epoca ipermoderna, quella in cui viviamo, non ha forse trasformato l’Io stesso in un nuovo idolo pagano, altrettanto superstizioso di quelli che la ragione critica dell’illuminismo ha smascherato nella loro impostura? […] Narciso è l’ombra spessa di cui l’uomo ipermoderno è preda. La sua passione furiosa, la sua superbia capricciosa, vorrebbe annullare lo scarto che lo separa da sé stesso negando ogni forma di dipendenza dall’Altro. Questa è la sua follia mortale che il nostro tempo ha elevato a una sorta di nuovo comandamento sociale.”


(Massimo Recalcati, La follia di Narciso divenuta trappola del nostro tempo, “La Repubblica”, 17 gennaio 2016)

LEGGI E COMPRENDI

1 Perché il narcisismo impedisce o almeno limita lo sviluppo delle relazioni sociali?


2 Quale relazione esiste, secondo l’autore, tra narcisismo e ideologia neo-liberale?

RIFLETTI, SCRIVI, SOSTIENI

3 In che modo si manifesta il narcisismo? Si tratta di un atteggiamento insito nell’uomo oppure, come sostiene Recalcati, è una patologia tipica della nostra epoca, incline a celebrare il mito del successo individuale e dell’affermazione di sé in ogni ambito? Come si può distinguere la propensione naturale a una sana ambizione personale dalla tendenza ad accrescere affannosamente la propria condizione, anteponendo sé stessi agli altri e rinunciando a ogni forma di empatia per il prossimo? Discuti di questi aspetti con i tuoi compagni, facendo riferimento – se lo ritieni opportuno – alle tue esperienze dirette.

Classe di letteratura - volume 1
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Dalle origini al Cinquecento