T8 - ANALISI ATTIVA - Quanto possa la fortuna nelle cose umane e in che modo sia possibile arginarla

T8

Quanto possa la fortuna nelle cose umane e in che modo sia possibile arginarla

Il Principe, XXV

Siamo nell’ultima parte del Principe, quella in cui si analizzano le cause della crisi italiana. Nell’approfondire la questione, l’autore si sofferma su un tema caro alla trattatistica umanistico-rinascimentale: il rapporto tra la virtù e la fortuna.

QUANTUM FORTUNA IN REBUS HUMANIS POSSIT ET QUOMODO ILLI SIT

OCCURRENDUM

E’ non mi è incognito1 come molti hanno avuto e hanno opinione che le cose

del mondo sieno in modo governate, da la fortuna e da Dio, che li uomini con

5      la prudenza loro non possino correggerle,2 anzi non vi abbino remedio alcuno;

e per questo potrebbono iudicare che non fussi da insudare molto nelle cose, ma

lasciarsi governare alla sorte.3 Questa opinione è suta4 più creduta ne’ nostri tempi

per la variazione grande5 delle cose che si sono viste e veggonsi ogni dì, fuora di

ogni umana coniettura.6 A che pensando io qualche volta, mi sono in qualche

10    parte inclinato nella opinione loro.7 Nondimanco, perché il nostro libero arbitrio

non sia spento,8 iudico potere essere vero che la fortuna sia  arbitra della metà

delle azioni nostre, ma che etiam9 lei ne lasci governare l’altra metà, o presso,10 a

noi. E assimiglio quella11 a uno di questi fiumi rovinosi che, quando si adirano,12

allagano e’ piani, rovinano13 li arbori e li edifizi, lievano da questa parte terreno,

15    pongono da quella altra:14 ciascuno fugge loro dinanzi, ognuno cede all’impeto

loro sanza potervi in alcuna parte ostare.15 E, benché sieno così fatti,16 non resta17

però che gli uomini, quando sono tempi queti,18 non vi potessino19 fare provedimento

e con ripari e con argini: in modo che, crescendo poi, o egli andrebbono

per uno canale20 o l’impeto loro non sarebbe né sì dannoso né sì licenzioso.21

20    Similmente interviene22 della fortuna, la quale dimostra la sua potenzia dove non

è ordinata23 virtù a resisterle: e quivi volta e’ sua impeti, dove la sa che non sono

fatti gli argini né e’ ripari a tenerla. E se voi considerrete la Italia, che è la sedia di

queste variazioni e quella che ha dato loro il moto,24 vedrete essere una campagna25

sanza argini e sanza alcuno riparo: che, s’ella fussi riparata da conveniente

25    virtù, come è la Magna,26 la Spagna e la Francia, o questa piena non arebbe fatto le

variazioni grande che la ha, o la non ci sarebbe venuta. E questo voglio basti aver

detto, quanto allo opporsi alla fortuna, in universali.27

Ma ristringendomi più a’ particulari, dico come si vede oggi questo principe

felicitare28 e domani ruinare, sanza avergli veduto mutare natura o qualità alcuna;

30    il che credo che nasca, prima, da le cagioni che si sono lungamente per lo addreto

discorse: cioè che quel principe, che si appoggia tutto in su la fortuna, rovina

come quella varia.29 Credo ancora che sia felice quello che riscontra30 il modo del

procedere suo con la qualità de’ tempi:31 e similmente sia infelice quello che con il

procedere suo si discordano e’ tempi. Perché si vede gli uomini, nelle cose che gli

35    conducono al fine quale ciascuno ha innanzi,32 cioè gloria e ricchezze, procedervi

variamente:33 l’uno con rispetto,34 l’altro con impeto; l’uno per violenzia, l’altro

con arte;35 l’uno con pazienza,36 l’altro col suo contrario; e ciascuno con questi diversi

modi vi può pervenire. E vedesi ancora dua respettivi,37 l’uno pervenire al suo

disegno, l’altro no; e similmente dua equalmente felicitare con diversi studii,38

40    sendo l’uno respettivo e l’altro impetuoso: il che non nasce da altro, se non da la

qualità de’ tempi che si conformano, o no, col procedere loro. Di qui nasce quello

ho detto,39 che dua, diversamente operando, sortiscono40 el medesimo effetto:

e dua equalmente operando, l’uno si conduce al suo fine e l’altro no. Da questo

ancora depende la variazione del bene; perché se uno, che si governa41 con rispetti

45    e pazienza, e’ tempi e le cose girono in modo che il governo suo sia buono, e’

viene felicitando: ma se e’ tempi e le cose si mutano, rovina, perché e’ non muta

modo di procedere. Né si truova uomo sì prudente che si sappia accommodare

a questo:42 43 perché non si può deviare da quello a che la natura lo inclina,44

sì etiam perché, avendo sempre uno prosperato camminando per una via, non si

50    può persuadere che sia bene partirsi45 da quella. E però l’uomo respettivo, quando

e’ gli è tempo di venire allo impeto,46 non lo sa fare: donde e’ rovina; che se si

mutassi natura con e’ tempi e con le cose, non si muterebbe fortuna.47

Papa Iulio II48 procedé in ogni sua azione impetuosamente, e trovò tanto e’ tempi

e le cose conforme a quello suo modo di procedere che sempre sortì felice fine.

55    Considerate la prima impresa ch’e’ fe’ di Bologna,49 vivendo ancora messer Giovanni

Bentivogli. Viniziani non se ne contentavano; el re di Spagna, quel medesimo;

con Francia aveva ragionamenti di tale impresa.50 E lui nondimanco con la

sua ferocità51 e impeto si mosse personalmente a quella espedizione. La qual mossa

fece stare sospesi e fermi Spagna e viniziani, quegli per paura e quell’altro52 per il

60    desiderio aveva53 di recuperare tutto el regno di Napoli; e da l’altro canto si tirò

dietro il re di Francia perché, vedutolo quel re mosso54 e desiderando farselo amico

per abbassare55 e’ viniziani, iudicò non poterli negare gli eserciti sua sanza iniuriarlo

manifestamente.56 Condusse57 adunque Iulio con la sua mossa impetuosa quello

che mai altro pontefice, con tutta la umana prudenza, arebbe condotto. Perché, se

65    egli aspettava di partirsi da Roma con le conclusioni ferme e tutte le cose ordinate,58

come qualunque altro pontefice arebbe fatto, mai gli riusciva:59 perché il re di

Francia arebbe avuto mille scuse e li altri li arebbono messo60 mille paure. Io voglio

lasciare stare le altre sua azioni, che tutte sono state simili e tutte gli sono successe

bene:61 e la brevità della vita non li ha lasciato sentire62 il contrario; perché, se fussino

70    sopravvenuti tempi che fussi bisognato procedere con respetti, ne seguiva la sua

rovina: né mai arebbe deviato da quegli modi alli quali la natura lo inclinava.

Concludo adunque che, variando la fortuna e’ tempi e stando li uomini ne’

loro modi ostinati,63 sono felici mentre concordano insieme e, come64 e’ discordano,

infelici. Io iudico bene questo,65 che sia meglio essere impetuoso che respettivo:

75    perché la fortuna è donna ed è necessario, volendola tenere sotto,66 batterla

e urtarla.67 E si vede che la si lascia più vincere da questi, che da quegli che freddamente68

procedono: e però69 sempre, come70 donna, è amica de’ giovani, perché

sono meno respettivi, più feroci71 e con più audacia la comandano.

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RISCRITTURA IN ITALIANO MODERNO di Piero Melograni

25. Il potere della fortuna nelle cose umane e il modo di resistere a esso


1 Non ignoro che molti hanno creduto e credono che le cose del mondo siano a tal punto governate dalla fortuna e da Dio, che agli uomini, anche quando siano saggi, non sia concesso in alcun modo di cambiarle. Questo potrebbe far pensare che non ci si debba affaticare molto, e che ci si debba invece lasciar governare dalla sorte. Tale opinione ha avuto molto successo ai tempi nostri, a causa dei grandi sconvolgimenti che si sono visti e che si vedono ogni giorno, e che nessuno avrebbe potuto prevedere. Io stesso, pensando a questo, mi sono talvolta orientato a credere che tale opinione fosse fondata.


2 Tuttavia, affinché il nostro libero arbitrio non sia completamente cancellato, ritengo possa esser vero che la fortuna sia arbitra della metà delle azioni nostre, e che essa lasci a noi il governo dell’altra metà, o quasi. E paragono la fortuna a uno di quei fiumi impetuosi che, quando s’infuriano, allagano le pianure, abbattono gli alberi e gli edifici, trascinano masse di terra da una parte all’altra. Ogni essere vivente fugge davanti a essi e cede all’impeto loro, senza potere in alcun modo opporsi. Il fatto che i fiumi siano fatti così non impedisce tuttavia agli uomini, nei periodi calmi, di apprestare ripari e argini in modo che, quando i fiumi poi crescono, possano essere incanalati e il loro impeto possa non risultare così sfrenato e dannoso.


3 Qualcosa di simile accade con la fortuna, la quale dimostra tutta la sua potenza là dove non c’è un’organizzazione predisposta per resisterle, e proprio là essa dirige la sua furia, dove sa che non sono stati apprestati gli argini e i ripari in grado di contenerla. Se prendete in esame l’Italia, che è la causa e il centro dei grandi sconvolgimenti dei tempi nostri, la vedrete simile a una campagna senza argini e senza ripari. Se essa fosse stata protetta da una conveniente forza militare, come la Germania, la Spagna e la Francia, o l’inondazione non avrebbe prodotto tanti sconvolgimenti, e così grandi, o non sarebbe arrivata affatto. Non vorrei aggiungere altro sul modo di opporsi agli impeti della fortuna, in termini generali.


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4 Ma passando ai dettagli dico che possiamo vedere un principe oggi aver successo e domani andare in rovina, senza che i suoi caratteri e le sue qualità abbiano subito alcun cambiamento. Ritengo che questo dipenda innanzi tutto dalle ragioni che sono state a lungo esposte nelle pagine precedenti, vale a dire che un principe appoggiatosi unicamente sulla fortuna va in rovina non appena la fortuna cambia direzione. Ritengo inoltre che abbia successo colui che adatta metodi e mezzi alla qualità dei tempi, e analogamente che vada incontro all’insuccesso colui che viceversa non sa adattarsi ai tempi.


5 Vediamo infatti che gli uomini, per raggiungere il fine a cui mirano, vale a dire di esser celebri e ricchi, si comportano in modi molto diversi; uno con cautela, l’altro con impeto; uno con violenza, l’altro con astuzia; uno con pazienza, l’altro con impazienza; e ciascuno di questi modi può consentire di raggiungere il fine che si voleva raggiungere. Vediamo pure che di due persone prudenti una raggiunge il suo scopo e l’altra no. E magari vediamo che due persone possono aver successo con due modi di comportarsi completamente diversi, dato che per esempio una di queste persone è cauta e l’altra impetuosa. La ragione va trovata nel fatto che esista oppur no un rapporto armonico tra l’operato di queste persone e il carattere dei tempi. Per questo ho detto che due persone, operando diversamente, possono raggiungere un identico obiettivo, mentre di due persone che si comportano in modo identico, una può raggiungere l’obiettivo e l’altra no.


6 Da questo dipende la variabile del successo: che se uno si comporta con cautela e pazienza nei tempi che esigono queste qualità, allora gli va bene; ma se i tempi cambiano e non cambiano anche i suoi comportamenti, allora gli va male. Non è possibile trovare un uomo che sia così saggio da sapersi adattare a questi cambiamenti; l’uomo non devia dalla sua inclinazione naturale, e se ha avuto successo seguendo una certa via, non si persuade ad abbandonarla. Ecco perché un uomo cauto, quando è tempo di slanci, non sa farlo e viene sconfitto. Se egli riuscisse a cambiare coi tempi, anche la sua fortuna non cambierebbe.


7 Papa Giulio II fu sempre impetuoso e trovò i suoi tempi tanto adatti alla sua indole, che sempre raggiunse il suo scopo. Esaminate la sua prima impresa, quella di Bologna, mentre era ancora in vita messer Giovanni Bentivoglio. I Veneziani non la vedevano di buon occhio; il re di Spagna pure; con la Francia il papa era in trattative. Eppure, con temerarietà e con impeto, egli si mise di persona alla testa della spedizione. Questa mossa turbò e paralizzò il re di Spagna e i Veneziani; questi ultimi per la paura, e il re per il desiderio che aveva di recuperare tutto il Regno di Napoli. D’altro canto il papa trascinò con sé il re di Francia perché, vedendo che il papa si era ormai mosso e desiderando farselo amico per diminuire il potere dei Veneziani, Luigi XII ritenne di non potergli negare un aiuto militare poiché un rifiuto avrebbe costituito un’offesa.


8 Papa Giulio, dunque, con la sua mossa impetuosa, compì quello che nessun altro pontefice, con tutta la saggezza umana, avrebbe potuto compiere. Se per partire da Roma egli avesse aspettato di firmare tutti i patti necessari e di organizzar bene tutto, come qualunque altro pontefice avrebbe fatto, non gli sarebbe mai riuscito di compiere quel che compì, perché il re di Francia avrebbe trovato mille scuse e gli altri gli avrebbero messo mille paure. Io voglio lasciar stare le altre sue imprese, che tutte sono state simili a questa e tutte gli sono ben riuscite. La brevità della vita non gli fece conoscere sconfitte. Ma se fossero arrivati i tempi in cui bisognava procedere con cautela, avremmo assistito alla sua rovina. Il papa non avrebbe mai deviato da quei metodi ai quali la sua indole lo predisponeva.


9 In conclusione, se la fortuna è mutevole e gli uomini, viceversa, si ostinano a usare sempre gli stessi metodi, è anche vero che gli uomini hanno successo finché metodi e tempi concordano, e vanno verso l’insuccesso in caso contrario. Ritengo bene questo: che sia meglio essere impetuosi piuttosto che cauti, perché la fortuna è donna ed è necessario, volendola sottomettere, percuoterla e contrastarla. Essa si lascia dominare dagli impetuosi, piuttosto che da coloro che si comportano con freddezza. Ecco perché, come donna, essa è amica dei giovani, che sono meno cauti, più impavidi e più audaci nel comandarla.

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Analisi ATTIVA

I contenuti tematici

Il capitolo si struttura in due parti evidenziate dallo stesso autore: nella prima, egli ragiona in una prospettiva universale affermando in teoria la fondatezza del suo ragionamento; nella seconda, invece, intende restringersi a’ particulari (r. 28). È questo un caso in cui Machiavelli sceglie il metodo deduttivo: la teoria generale serve a spiegare il particolare.

1. Individua nel testo le due parti da cui è composto.

2. Nella seconda parte del testo, quali esempi concreti vengono portati a supporto del ragionamento di Machiavelli?

La prima parte inizia subito con un’opposizione al giudizio dominante. L’opinione comune (a cui Machiavelli riconosce di aver aderito qualche volta, r. 9) è che la sorte e Dio governino la vita degli uomini senza che questi ultimi possano modificarla. Tale fatalismo si traduce nella passività, nel lasciarsi governare alla sorte (r. 7), che è quanto accade da tempo in Italia, dove l’inerzia è la causa prima della rovina. Proprio in contrapposizione con tale abulia, il consueto nondimanco (r. 10) introduce il punto di vista dell’autore, il quale, sulla scia tracciata dal pensiero umanistico, rivaluta il libero arbitrio e considera la fortuna arbitra della metà delle azioni nostre (rr. 11-12). Fortuna e virtù sono dunque sullo stesso piano, dividendosi il potere di incidere sulla vita e sulle azioni dell’uomo.

A sostegno della tesi, Machiavelli introduce una metafora: la fortuna è assimilata a uno di questi fiumi rovinosi (r. 13) capaci di abbattere ogni cosa; fiumi che tuttavia, quando le condizioni esterne siano propizie, cioè nei tempi queti (r. 17), possono essere incanalati e resi inoffensivi. La metafora non ha in Machiavelli una funzione di semplice abbellimento del discorso; rivelandosi funzionale all’argomentazione, essa viene infatti spiegata e per così dire glossata ai fini di una maggiore incisività e chiarezza: la fortuna dimostra la sua potenzia dove non è ordinata virtù a resisterle (rr. 20-21).

Seguono poi l’esempio della realtà storica e il confronto tra i grandi paesi europei, Germania, Spagna e Francia, che, grazie alle loro salde monarchie, si sono dotati degli argini per far fronte alla violenza della fortuna (e quindi alle turbolenze politiche), e l’Italia, che è invece inerte dinanzi alle scorrerie degli stranieri.

3. Spiega nel dettaglio la metafora del fiume e degli argini:
a il fiume rovinoso rappresenta... 
b gli argini rappresentano...

4. Quale metafora usa l’autore per descrivere l’incapacità dell’Italia di resistere alle invasioni straniere?

La seconda parte si apre con un’affermazione che sembra negare in partenza ogni possibilità umana di indirizzare il corso degli eventi: dico come si vede oggi questo principe felicitare e domani ruinare, sanza avergli veduto mutare natura o qualità alcuna (rr. 28-29). Il successo e l’insuccesso dipenderebbero quindi da circostanze esterne e fortuite, indipendenti dalla volontà umana. Tuttavia, un rimedio, anche se parziale e probabilmente fallibile, esiste ancora: il saper “riscontrare”, cioè adattarsi. Diremmo oggi: la capacità di essere camaleontici, di mutare indole a seconda della convenienza, accordandosi a come e’ tempi e le cose girono (r. 45). Le circostanze possono consigliare di avere ora un atteggiamento respettivo, cioè prudente e guardingo, ora impetuoso (r. 40). A quest’ultima condotta si è ispirato papa Giulio II, che proprio grazie alla sua natura impetuosa ha potuto accordarsi con successo allo spirito del suo tempo.

5. Quale principe è in grado di felicitare?


6. Individua la serie di coppie oppositive che descrivono i diversi e possibili atteggiamenti dei principi.


7. A tuo parere, quali di questi atteggiamenti predilige l’autore? perché?

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Nella conclusione del capitolo, Machiavelli raccoglie le fila del discorso per preparare il terreno alla conclusione militante del trattato. Infatti, dopo aver sottolineato la necessità di adeguare alle situazioni contingenti i comportamenti da adottare per contrastare la fortuna, dichiara apertamente di propendere per l’azione energica del principe. Riprendendo una diffusa tradizione misogina che identifica nella donna una creatura irrazionale, istintiva e capricciosa, l’autore afferma che la fortuna è donna ed è necessario, volendola tenere sotto, batterla e urtarla (rr. 75-76). Dunque l’aggressività virile si fa preferire alla cautela e alla misura: una conclusione che si spiega del tutto solo dopo aver letto il capitolo finale del Principe, nel quale Machiavelli esorta i Medici a liberare l’Italia dall’oppressione straniera. Per far ciò, non era più possibile temporeggiare: solo l’impeto avrebbe permesso di raggiungere l’obiettivo.

8. Come vengono definiti gli uomini all’inizio dell’ultimo paragrafo? Per quale motivo? È, secondo Machiavelli, una caratteristica positiva? perché?


9. Quali caratteristiche bisogna avere per “comandare” la fortuna?


10. Scrivere per argomentare Machiavelli è convinto che la fortuna sia, almeno in parte, ancora indirizzabile dalla virtù. Riponi anche tu la medesima fiducia sulle possibilità dell’uomo di determinare il corso della propria esistenza? Argomenta la tua opinione in un testo di circa 20 righe.


11. Scrivere per raccontare Forzare o temporeggiare? Il dilemma è antico: tu sei un sostenitore del coraggio o della prudenza? In quali occasioni ti sei servito dell’uno o dell’altra? Scrivi un testo di circa 30 righe.

Classe di letteratura - volume 1
Classe di letteratura - volume 1
Dalle origini al Cinquecento