La follia come conseguenza di un’ossessione non sempre conduce la vittima a liberarsi dalle proprie fissazioni né, d’altra parte, è solo l’amore a causare la perdita della ragione. Il tema dell’alienazione ricorre spesso nella cultura, letteraria e non solo, degli ultimi decenni: per affrontarla, la leggerezza indulgente di Ariosto può non bastare. Come rappresentare il venire meno dell’identità e dell’individualità, schiacciate o smarrite tra gli ingranaggi della modernità e della civiltà industriale?
Uno dei più riusciti tentativi di raccontare la nevrosi è il romanzo Memoriale, pubblicato nel 1962 (nel cuore del cosiddetto “boom economico”) da Paolo Volponi (1924-1994). Memoriale narra in prima persona le vicende di Albino Saluggia, ex prigioniero tedesco durante la Seconda guerra mondiale, assunto in una grande fabbrica del Nord Italia. Paranoico e affetto da manie di persecuzione, l’operaio, che soffre davvero di tubercolosi, si è convinto di essere vittima di una congiura ordita ai suoi danni per tenerlo lontano dal lavoro: «La fabbrica con tutta la sua organizzazione si era messa in moto contro di me». Naturalmente la congiura esiste soltanto nella sua mente di folle, ma proprio l’espediente di ricorrere a un narratore come lui consente a Volponi di scandagliare in modo nuovo e penetrante il meccanismo realmente stravolto dell’apparente razionalità capitalistica. Tra cure e ricoveri, ribellioni abortite e il tarlo del sospetto che si è insinuato nella sua psiche, Saluggia viene ricoverato in un sanatorio, un altro luogo di spersonalizzazione, in cui l’individuo cessa di esistere come persona per indossare i panni del malato riconosciuto ormai come tale: appartiene a questa fase della vicenda il brano che riportiamo.
Il protagonista lavorerà di nuovo in fabbrica, due anni dopo, ma sarà tolto dalla produzione e messo a fare il piantone: finirà per essere licenziato e per tornare nella casa di campagna. Qui l’attendono la madre ubriaca e un futuro senza speranza: «A quel punto ho capito che nessuno può arrivare in mio aiuto».