T12 - Guido Cavalcanti

T12

Guido Cavalcanti

Decameron, VI, 9

In questa novella raccontata da Elissa, «reggitrice» della Sesta giornata, Guido Cavalcanti tende a distinguersi dai giovani nobili suoi coetanei, preferendo ai loro sciocchi passatempi una solitaria meditazione. Per questo suo atteggiamento, considerato un po’ altezzoso, c’è chi pensa di canzonarlo, ma l’intelligenza del poeta stilnovista gli suggerisce una risposta fulminante.

Guido Cavalcanti dice con un motto onestamente villania1 a certi cavalier
fiorentini li quali soprapreso l’aveano.
[…]
Dovete adunque sapere che ne’ tempi passati furono nella nostra città assai belle 
e laudevoli usanze, delle quali oggi niuna ve n’è rimasa, mercé2 della avarizia 
5      che in quella con le ricchezze è cresciuta, la quale tutte l’ha discacciate.3 Tralle 
quali n’era una cotale, che4 in diversi luoghi per Firenze si ragunavano5 insieme i 
gentili uomini delle contrade e facevano lor brigate di certo numero, guardando 
di mettervi tali che comportare potessono acconciamente le spese,6 e oggi l’uno, 
doman l’altro, e così per ordine7 tutti mettevan tavola,8 ciascuno il suo dì, a tutta la 
10    brigata; e in quella spesse volte onoravano e gentili uomini forestieri, quando ve 
ne capita­vano, e ancora de’ cittadini: e similmente si vestivano insieme9 almeno 
una volta l’anno, e insieme i dì più notabili10 cavalcavano per la città e talora 
armeggiavano,11 e massimamente per le feste principali o quando alcuna lieta novella 
di vittoria o d’altro fosse venuta nella città.
15    Tralle quali brigate n’era una di messer Betto Brunelleschi,12 nella quale messer 
Betto e’ compagni s’erano molto ingegnato di tirare13 Guido di messer Cavalcante
de’ Cavalcanti, e non senza cagione: per ciò che, oltre a quello14 che egli fu un de’ 
miglior loici15 che avesse il mondo e ottimo filosofo naturale16 (delle quali cose 
poco la brigata curava), si fu egli leggiadrissimo e costumato e parlante17 uom molto 
20    e ogni cosa che far volle e a gentile uom pertenente18 seppe meglio che altro uom 
fare; e con questo19 era ricchissimo, e a chiedere a lingua sapeva onorare cui nell’animo 
gli capeva che il valesse.20 Ma a messer Betto non era mai potuto venir fatto 
d’averlo,21 e credeva egli co’ suoi compagni che ciò avvenisse per ciò che22 Guido 
alcuna volta  speculando molto abstratto dagli uomini divenia;23 e per ciò che egli 
25    alquanto tenea della oppinione degli epicuri,24 si diceva tralla gente volgare che queste 
sue speculazioni25 erano solo in cercare se trovar si potesse che Iddio non fosse.26
Ora avvenne un giorno che, essendo Guido partito d’Orto San Michele27
venutosene per lo Corso degli Adimari infino a San Giovanni, il quale spesse volte 
era suo cammino, essendo arche28 grandi di marmo, che oggi sono in Santa Reparata, 
30    e molte altre dintorno a San Giovanni, e egli essendo tralle colonne del 
porfido29 che vi sono e quelle arche e la porta di San Giovanni, che serrata era, 
messer Betto con sua brigata a caval venendo su per la piazza di Santa Reparata, 
vedendo Guido là tra quelle sepolture, dissero: «Andiamo a dargli briga»;30 e spronati 
i cavalli, a guisa d’uno assalto sollazzevole31 gli furono, quasi prima che egli 
35    se ne avvedesse, sopra e cominciarongli a dire: «Guido, tu rifiuti d’esser di nostra 
brigata; ma ecco, quando tu avrai trovato che Idio non sia, che avrai fatto?».32
A’ quali Guido, da lor veggendosi chiuso, prestamente disse: «Signori, voi mi 
potete dire a casa vostra ciò che vi piace»; e posta la mano sopra una di quelle 
arche, che grandi erano, sì come colui che leggerissimo era,33 prese un salto e fusi 
40    gittato dall’altra parte,34 e sviluppatosi35 da loro se n’andò.
Costoro rimaser tutti guatando l’un l’altro, e cominciarono a dire che egli era 
uno smemorato36 e che quello che egli aveva risposto non veniva a dir nulla,37 con 
ciò fosse cosa che quivi dove erano non avevano essi a fare più che tutti gli altri 
cittadini, né Guido meno che alcun di loro.38
45    Alli quali messer Betto rivolto, disse: «Gli smemorati siete voi, se voi non l’avete
inteso: egli ci ha onestamente39 e in poche parole detta la maggior villania del 
mondo, per ciò che, se voi riguarderete bene, queste arche sono le case de’ morti, 
per ciò che in esse si pongono e dimorano i morti; le quali egli dice che son nostra 
casa, a dimostrarci che noi e gli altri uomini idioti40 e non letterati siamo, a 
50    comparazion di lui e degli altri uomini scienziati, peggio che uomini morti, e per ciò, 
qui essendo, noi siamo a casa nostra».
Allora ciascuno intese quello che Guido aveva voluto dire e vergognossi, né 
mai più gli diedero briga, e tennero per innanzi41 messer Betto sottile e intendente42 
cavaliere.
 >> pagina 535

DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

Boccaccio rievoca con nostalgia un tempo precedente al proprio, l’età che era stata dello stesso Dante, quella della Firenze di fine Duecento. In tale contesto storico, il ritratto di Cavalcanti mette in luce le sue doti di gentile uom (r. 20) tra le quali spiccano quella di essere parlante (r. 19, cioè abile e arguto nel parlare) e soprattutto la sua qualifica di filosofo (è assente invece il riferimento alla sua attività di poeta). Alla sua immagine si contrappone quella di una comitiva di amici della Firenze benestante: giovani superficiali, tutti dediti a passatempi vacui come banchetti, passeggiate a cavallo e giochi di armi. Si tratta di due universi che tra loro difficilmente possono comunicare. Infatti inizialmente la battuta di Cavalcanti (il “motto arguto” in virtù del quale Boccaccio l’ha collocato nella Sesta giornata del Decameron) non viene compresa. Ma quando messer Betto ne chiarisce agli altri il significato, tutti si trovano costretti a riconoscere la superiorità di Guido.

Le scelte stilistiche

Il ritmo della novella è veloce e leggero: proprio come il salto di Guido Cavalcanti, che con invidiabile agilità si lancia dall’altra parte delle arche di marmo, lasciando attoniti i giovani della brigata. Tale agilità fisica è l’espressione visibile dell’agilità di intelligenza e di parola del personaggio, che gli consente di superare il goliardico ma fastidioso accerchiamento.

La critica ha evidenziato in questa novella, innanzitutto, la ripresa di alcuni elementi del canto X dell’Inferno di Dante. Non a caso: lì ci troviamo nel cerchio degli eretici e degli epicurei e tra i personaggi che il poeta vi incontra compaiono Cavalcante Cavalcanti e Farinata degli Uberti, rispettivamente padre e suocero di Guido. Essi sono confinati, al pari degli altri dannati per questa colpa, in arche sepolcrali infuocate. Nella novella del Decameron si dice di Guido Cavalcanti che aveva fama di epicureo e la scena si svolge proprio tra alcune tombe marmoree. In tal modo è come se Boccaccio avesse voluto rendere omaggio a Dante, attraverso però una sorta di rovesciamento: infatti qui Guido, seppure epicureo, si libera dalle tombe, che alludono all’assenza di vita interiore e alle quali lascia la brigata, giudicata priva della luce intellettuale.

Infine può essere colta anche l’eco di un brano di Lucio Anneo Seneca (4 a.C. - 65 d.C.), in cui il filosofo latino, che Boccaccio conosceva bene, identificava la vera vita nell’utilità agli altri e a sé stessi, non nel semplice “vegetare” obbedendo ai soli istinti naturali. In altre parole, in assenza di una vera coscienza di sé, la vita non è degna di essere vissuta: «Coloro “che obbediscono allo stomaco”, come dice Sallustio, vanno annoverati tra gli animali, non tra gli uomini, e alcuni nemmeno tra gli animali, ma tra i morti. Infatti vive chi è utile a molti, chi fa uso di sé stesso; al contrario coloro che se ne stanno nascosti e in preda al torpore sono a casa propria come in una tomba. Di costoro puoi incidere il nome nel marmo, sulla soglia stessa della loro casa: hanno preceduto la propria stessa morte» (Lettere a Lucilio, 60, 4).

VERSO LE COMPETENZE

COMPRENDERE

1 Con quale fine Betto e gli amici avvicinano Guido?


2 Spiega in che cosa consistono la provocazione della brigata e la risposta di Cavalcanti.


3 Perché, dopo che Cavalcanti se n’è andato, gli altri gli danno dello smemorato (r. 42)?

ANALIZZARE

4 Il tono della battuta di Cavalcanti è

  • a ironico 
  • b aggressivo 
  • c referenziale 
  • d sarcastico 

INTERPRETARE

5 La conclusione della novella segnala un distacco tra messer Betto e il resto della brigata: quale?

scrivere per...

ARGOMENTARE

6 Il ritratto di Cavalcanti che emerge dalla novella corrisponde a quanto emerge dalle sue poesie? Rispondi in un testo di circa 20 righe.


7 Secondo Cavalcanti, le persone senza cultura sono come morti. Sei d’accordo? Esponi il tuo parere.

Classe di letteratura - volume 1
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Dalle origini al Cinquecento