La Quinta giornata, retta da Fiammetta, è dedicata agli amori felici. In questa novella, raccontata da Filomena, ci troviamo apparentemente nel territorio del macabro: Boccaccio riprende il motivo della “caccia infernale” con cui vengono puniti i peccatori carnali, che ricorreva nella letteratura religiosa e didascalica del Medioevo (per esempio, in Iacopo Passavanti, il predicatore e monaco domenicano trecentesco autore delle novelle esemplari raccolte nello Specchio di vera penitenza). Qui però l’argomento è sviluppato con il sorriso e con l’intento, ben più leggero, di invitare le donne a vincere la superbia e a cedere alle lusinghe dell’amore.
T9 - Nastagio degli Onesti
T9
Nastagio degli Onesti
Decameron, V, 8
Amabili donne, come in noi è la pietà commendata,1 così ancora in noi è dalla
divina giustizia rigidamente la crudeltà vendicata; il che acciò che2 io vi dimostri e
materia vi dea di cacciarla3 del tutto da voi, mi piace di dirvi una novella non men
di compassion piena che dilettevole.
tra’ quali un giovane chiamato Nastagio degli Onesti,4 per la morte del padre di
lui e d’un suo zio, senza stima5 rimaso6 ricchissimo. Il quale, sì come de’ giovani
avviene, essendo senza moglie, s’innamorò d’una figliuola di messer Paolo
Traversaro,7 giovane troppo più nobile che esso non era, prendendo speranza con le sue
fossero, non solamente non gli giovavano,10 anzi pareva che gli nocessero,
tanto cruda e dura e salvatica11 gli si mostrava la giovinetta amata, forse per la sua
singular12 bellezza o per la sua nobiltà sì altiera e disdegnosa divenuta, che né egli
né cosa che gli piacesse le piaceva.13
volte, dopo molto essersi doluto,15 gli venne in disidero d’uccidersi. Poi, pur
tenendosene,16 molte volte si mise in cuore di doverla del tutto lasciare stare,
o, se potesse, d’averla in odio come ella aveva lui. Ma invano tal proponimento
prendeva, per ciò che pareva che quanto più la speranza mancava, tanto più
nello spendere smisuratamente, parve a certi suoi amici e parenti che egli sé e ’l
suo avere17 parimente fosse per consumare; per la qual cosa più volte il pregarono
e consigliarono che si dovesse di Ravenna partire e in alcuno altro luogo
per alquanto tempo andare a dimorare;18 per ciò che, così faccendo, scemerebbe
essendo da loro sollicitato, non potendo tanto20 dir di no, disse di farlo;21 e fatto
fare un grande apparecchiamento,22 come se in Francia o in Ispagna o in alcuno
altro luogo lontano andar volesse, montato a cavallo e da suoi molti amici
accompagnato di Ravenna uscì e andossene ad un luogo forse tre miglia fuor di Ravenna,
che accompagnato l’aveano che star25 si volea e che essi a Ravenna se ne tornassono.26
Attendatosi adunque quivi Nastagio, cominciò a fare la più bella vita e la
più magnifica che mai si facesse, or questi e or quegli altri invitando a cena e a
desinare, come usato s’era.27
tempo, ed egli entrato in pensier della sua crudel donna, comandato a tutta la
sua famiglia29 che solo il lasciassero, per più potere pensare a suo piacere,30 piede
innanzi piè31 sé medesimo trasportò, pensando, infino nella pigneta.32 Ed essendo
già passata presso che la quinta ora del giorno,33 ed esso bene un mezzo miglio
gli parve udire un grandissimo pianto e guai altissimi messi35 da una donna; per
che,36 rotto il suo dolce pensiero,37 alzò il capo per veder che fosse, e maravigliossi
nella pigneta veggendosi;38 e oltre a ciò, davanti guardandosi vide venire per un
boschetto assai folto d’albuscelli e di pruni, correndo verso il luogo dove egli era,
piagnendo e gridando forte mercé;39 e oltre a questo le vide a’ fianchi40 due grandi
e fieri41 mastini, li quali duramente42 appresso correndole, spesse volte crudelmente
dove la giugnevano43 la mordevano, e dietro a lei vide venire sopra un corsiere44
nero un cavalier bruno,45 forte nel viso crucciato,46 con uno stocco47 in mano,
ora49 maraviglia e spavento gli mise nell’animo, e ultimamente50 compassione
della sventurata donna, dalla qual nacque disidero di liberarla da sì fatta angoscia e
morte, se el potesse.51 Ma, senza arme trovandosi, ricorse a prendere un ramo
d’albero in luogo di52 bastone, e cominciò a farsi53 incontro a’ cani e contro al cavaliere.
lascia fare a’ cani e a me quello che questa malvagia femina ha meritato».
E così dicendo, i cani, presa forte55 la giovane né fianchi, la fermarono, e il
cavaliere sopraggiunto smontò da cavallo.
Al quale Nastagio avvicinatosi disse: «Io non so chi tu ti sé, che me così cognosci;56
una femina ignuda, e averle i cani alle coste58 messi come se ella fosse una fiera59
salvatica; io per certo la difenderò quant’io potrò».
Il cavaliere allora disse: «Nastagio, io fui d’una medesima terra teco,60 ed eri
tu ancora piccol fanciullo quando io, il quale fui chiamato messer Guido degli
Traversari, e per la sua ▶ fierezza e crudeltà andò sì la mia sciagura, che io un dì con
questo stocco, il quale tu mi vedi in mano, come disperato m’uccisi, e sono alle
pene etternali dannato.63 Né stette poi guari tempo64 che costei, la qual della mia
morte fu lieta oltre misura, morì, e per lo peccato della sua crudeltà e della letizia
aver peccato ma meritato,66 similmente fu ed è dannata alle pene del ninferno.67
Nel quale come ella discese, così ne fu68 e a lei e a me per pena dato, a lei di fuggirmi
davanti e a me, che già cotanto l’amai, di seguitarla69 come mortal nimica,
non come amata donna; e quante volte io la giungo,70 tante con questo stocco, col
nel qual mai né amor né pietà poterono entrare, con l’altre ▶ interiora insieme, sì
come tu vedrai incontanente,73 le caccio di corpo, e dolle mangiare74 a questi cani.
Né sta poi grande spazio75 che ella, sì come la giustizia e la potenzia d’Iddio vuole,
come se morta non fosse stata,76 risurge e da capo incomincia la dolorosa fugga,77
qui, e qui ne fo lo strazio80 che vedrai; e gli altri dì non creder che noi riposiamo,
ma giungola in altri luoghi né quali ella crudelmente contro a me pensò o operò;
ed essendole d’amante81 divenuto nimico, come tu vedi, me la conviene in questa
guisa tanti anni seguitare quanti mesi ella fu contro a me crudele.82 Adunque
tu non potresti contrastare».
Nastagio, udendo queste parole, tutto timido83 divenuto e quasi non avendo
pelo addosso che arricciato non fosse, tirandosi addietro84 e riguardando alla
misera giovane, cominciò pauroso ad aspettare quello che facesse il cavaliere. Il
corse addosso alla giovane, la quale inginocchiata e da’ due mastini tenuta forte
gli gridava mercé;85 e a quella con tutta sua forza diede per mezzo il petto e passolla
dall’altra parte.86 Il qual colpo come la giovane ebbe ricevuto, così cadde boccone,87
sempre piagnendo e gridando; e il cavaliere, messo mano ad un coltello,
mastini il gittò, li quali affamatissimi incontanente il mangiarono. Né stette guari88
che la giovane, quasi niuna di queste cose stata fosse, subitamente si levò in
piè e cominciò a fuggire verso il mare, e i cani appresso di lei sempre lacerandola;
e il cavaliere, rimontato a cavallo e ripreso il suo stocco, la cominciò a seguitare, e
Il quale,91 avendo queste cose vedute, gran pezza92 stette tra pietoso e pauroso,
e dopo alquanto gli venne nella mente questa cosa dovergli molto poter valere,93
poi che ogni venerdì avvenia; per che, segnato il luogo,94 a’ suoi famigli95 se ne
tornò, e appresso, quando gli parve,96 mandato per più97 suoi parenti e amici,
mi rimanga99 e ponga fine al mio spendere, e io son presto di farlo dove voi una
grazia m’impetriate,100 la quale è questa: che venerdì che viene101 voi facciate sì che
messer Paolo Traversaro e la moglie e la figliuola e tutte le donne lor parenti, e
altre chi vi piacerà,102 qui sieno a desinar meco.103 Quello per che io questo voglia,
A costor parve questa assai piccola cosa a dover fare e promissongliele;105 e a
Ravenna tornati, quando tempo fu,106 coloro invitarono li quali Nastagio voleva, e
come che dura cosa fosse107 il potervi menare108 la giovane da Nastagio amata, pur
v’andò con gli altri insieme. Nastagio fece magnificamente apprestare da mangiare,
strazio della crudel donna; e fatti mettere gli uomini e le donne a tavola, sì ordinò,
che appunto la giovane amata da lui fu posta a sedere dirimpetto109 al luogo dove
doveva il fatto intervenire.110
Essendo adunque già venuta l’ultima vivanda,111 e il romore disperato della
ciascuno e domandando che ciò fosse, e niun sappiendol dire,113 levatisi tutti diritti114
e riguardando che115 ciò potesse essere, videro la dolente giovane e ’l cavaliere
e’ cani; ne guari stette che essi tutti furon quivi tra loro.
Il romore fu fatto grande e a’ cani e al cavaliere,116 e molti per aiutare la giovane
non solamente gli fece indietro tirare, ma tutti gli spaventò e riempié di maraviglia;
e faccendo quello che altra volta aveva fatto, quante donne v’avea117 (ché ve
ne avea assai che parenti erano state e della dolente giovane e del cavaliere e che si
ricordavano e dell’amore e della morte di lui) tutte così miseramente piagnevano
La qual cosa al suo termine fornita,118 e andata via la donna e ’l cavaliere, mise
costoro che ciò veduto aveano in molti e vari ragionamenti;119 ma tra gli altri che
più di spavento ebbero, fu la crudel giovane da Nastagio amata, la quale ogni cosa
distintamente veduta avea e udita, e conosciuto che a sé più che ad altra persona
verso Nastagio; per che già le parea fuggir dinanzi da lui adirato e avere i mastini
a’ fianchi. E tanta fu la paura che di questo le nacque, che, acciò che121 questo a lei
non avvenisse, prima tempo non si vide122 (il quale quella medesima sera prestato
le fu)123 che ella, avendo l’odio in amore tramutato, una sua fida cameriera segretamente
d’andare a lei, per ciò ch’ella era presta di far tutto ciò che fosse piacer di lui.125 Alla
qual Nastagio fece rispondere che questo gli era a grado126 molto, ma che, dove
piacesse, con onor di lei voleva il suo piacere, e questo era sposandola per moglie.
La giovane, la qual sapeva che da altrui che da lei rimaso non era127 che moglie
medesima la messaggera,128 al padre e alla madre disse che era contenta d’esser sposa
di Nastagio, di che essi furon contenti molto; e la domenica seguente Nastagio
sposatala e fatte le sue nozze, con lei più tempo129 lietamente visse. E non fu questa
paura cagione solamente di questo bene, anzi sì tutte le ravignane130 donne
furono, che prima state non erano.131
DENTRO IL TESTO
I contenuti tematici
Un giovane nobile di Ravenna, Nastagio degli Onesti, è innamorato senza essere corrisposto di una bellissima ragazza, figlia di un altro aristocratico di nome Paolo Traversari. La fredda alterigia della donna non lascia speranze al pretendente, che rischierebbe di dilapidare il proprio patrimonio se i parenti non lo convincessero a lasciare la città. Come accade in altre novelle di Boccaccio, amore e denaro, eros ed economia non vanno d’accordo: le azioni grandissime, belle e laudevoli (rr. 10-11) che l’innamorato compie, in omaggio alla sua generosa concezione cortese del sentimento, lo mettono a rischio della povertà senza che ciò smuova l’animo della donna amata, impassibile e inavvicinabile.
In effetti, il cavaliere, che si rivela essere il fantasma del nobile Guido degli Anastagi, spiega a Nastagio, giunto in soccorso della donna, che anch’egli un tempo aveva affrontato il dolore di un amore non ricambiato, fino al punto di togliersi la vita ed essere condannato all’inferno in quanto suicida. La donna, morta poco dopo, aveva subìto la stessa punizione a causa della propria crudele insensibilità: in una sorta di contrappasso dantesco, le due anime sono costrette a rivivere la stessa scena ogni venerdì e la medesima, macabra conclusione, con lo scempio della giovane, il cui cuore viene strappato e dato in pasto ai cani.
Anche in questo caso, la vicenda replica, con i toni di una fiaba nera, un altro aspetto ricorrente in Boccaccio: l’importanza della corporeità. Con una novità sostanziale, però: mentre altrove la materialità fisica ha una declinazione felice che dà vita a storie maliziose e piccanti, nelle quali il piacere si sprigiona oltre e contro ogni interdetto morale e religioso, qui la tematica corporea risalta in circostanze tragiche e dai chiari risvolti polemici. La tremenda sorte toccata alla fanciulla costituisce infatti il castigo divino che l’autore, implicitamente, sembra quasi approvare per ogni donna che rifiuta di cedere al corteggiamento dell’innamorato.
VERSO LE COMPETENZE
COMPRENDERE
1 Abbiamo volutamente omesso la rubrica della novella. Scrivila tu in un massimo di cinque righe.
2 Dividi il testo in sequenze e assegna un titolo a ciascuna di esse.
3 Quali sentimenti prova Nastagio dinanzi ai rifiuti della donna amata?
4 Perché amici e parenti consigliano al protagonista di lasciare la città in cui vive?
5 Come reagiscono gli invitati al banchetto dinanzi allo strazio del corpo della giovane?
Analizzare
6 A quale ceto sociale appartengono i personaggi della novella? Da quali elementi e comportamenti lo capisci?
7 La visione di Nastagio rappresenta una sorta di “racconto nel racconto”. Quali aspetti accomunano la vicenda personale del cavaliere suicida e quella del protagonista?
8 Il banchetto organizzato dal protagonista presenta alcuni aspetti teatrali. Quali?
interpretare
9 Nella novella, in particolare nella sua conclusione, affiora l’intento ironico dell’autore. Da quali elementi lo puoi cogliere?
10 Nella tabella in basso elenca gli aspetti della mentalità cortese e di quella borghese che emergono nella novella.
Mentalità cortese |
Mentalità borghese |
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11 Queste che vedi sono le quattro tavole dipinte a tempera nelle quali Sandro Botticelli (1445-1510) illustrò la novella di Boccaccio, su commissione di Lorenzo il Magnifico, in occasione delle nozze di un amico appartenente alla famiglia aristocratica fiorentina dei Pucci. Presenta ciascuna delle opere del ciclo riassumendone il contenuto.
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SCRIVERE PER...
ARGOMENTARE
12 Alcuni studiosi vedono nella novella un capovolgimento della visione del mondo medievale e cristiana. Tra questi, Cesare Segre giunge a considerare il testo di Boccaccio una parodia degli exempla dal significato religioso che circolavano al tempo dell’autore. Il punto di partenza narrativo è lo stesso, cioè la visione infernale delle pene toccate in sorte a una coppia di adulteri, ma il presupposto ideologico è opposto: Boccaccio infatti «fa sì che la pena cada, più che sull’uomo, sulla donna; inoltre, la donna non tanto è punita come responsabile del suicidio dell’uomo, quanto per la mancanza di rimorso, per aver considerato merito quello che era una colpa». Rifletti su questo spunto critico in un testo argomentativo di circa 20 righe.
Classe di letteratura - volume 1
Dalle origini al Cinquecento