T8 - Lisabetta da Messina

T8

Lisabetta da Messina

Decameron, IV, 5

Siamo nella Quarta giornata, dedicata agli amori infelici. Filomena narra l’amore di Lisabetta per Lorenzo, un amore dagli esiti tragici per colpa dei fratelli di lei i quali, ostili a questa relazione, non esiteranno a compiere un gesto estremo. Ma ancora più estrema sarà la rea­zione della ragazza.

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Audiolettura

I fratelli d’Ellisabetta uccidon l’amante di lei: egli l’apparise in sogno e mostrale dove sia 
sotterato; ella occultamente disotterra la testa e mettela in un testo1 di bassilico, e quivi sù 
piagnendo ogni dì per una grande ora,2 i fratelli gliele3 tolgono, e ella se ne muore di dolor 
poco appresso.
[…]
5      Erano adunque in Messina tre giovani fratelli e mercatanti, e assai ricchi uomini 
rimasi dopo la morte del padre loro, il quale fu da San Gimignano;4 e avevano 
una loro sorella chiamata Elisabetta, giovane assai bella e costumata, la quale, 
che che se ne fosse cagione,5 ancora maritata non aveano. E avevano oltre a ciò questi 
tre fratelli in un lor fondaco6 un giovinetto pisano chiamato Lorenzo, che tutti i 
10    lor fatti7 guidava e faceva; il quale, essendo assai bello della persona e leggiadro 
molto, avendolo più volte Lisabetta guatato,8 avvenne che egli le incominciò 
stranamente9 piacere. Di che Lorenzo accortosi e una volta e altra, similmente, lasciati 
suoi altri innamoramenti di fuori,10 incominciò a porre l’animo a lei; e sì andò 
la bisogna11 che, piacendo l’uno all’altro igualmente, non passò gran tempo che, 
15    assicuratisi,12 fecero di quello che più disiderava ciascuno.13
E in questo continuando e avendo insieme assai di buon tempo e di piacere, 
non seppero sì segretamente fare, che una notte, andando Lisabetta là dove 
Lorenzo dormiva, che il maggior de’ fratelli, senza accorgersene ella, non se ne 
accorgesse. Il quale, per ciò che savio giovane era, quantunque molto noioso14 gli 
20    fosse a ciò sapere, pur mosso da più onesto consiglio,15 senza far motto o dir cosa 
alcuna, varie cose fra sé rivolgendo16 intorno a questo fatto, infino alla mattina 
seguente trapassò.17 Poi, venuto il giorno, a’ suoi fratelli ciò che veduto aveva la 
passata notte d’Elisabetta e di Lorenzo raccontò; e con loro insieme, dopo lungo 
consiglio, diliberò di questa cosa, acciò che né a loro né alla sirocchia18 alcuna 
25     infamia19 ne seguisse, di passarsene tacitamente20 e d’infignersi del tutto d’averne 
alcuna cosa veduta o saputa infino a tanto che tempo venisse nel quale essi, senza 
danno o sconcio21 di loro, questa vergogna, avanti che più andasse innanzi,22 si 
potessero torre dal viso.23
E in tal disposizion dimorando,24 così cianciando e ridendo con Lorenzo come 
30    usati erano, avvenne che, sembianti faccendo25 d’andare fuori della città a diletto 
tutti e tre, seco menaron Lorenzo; e pervenuti in un luogo molto solitario e rimoto, 
veggendosi il destro,26 Lorenzo, che di ciò niuna guardia prendeva,27 uccisono 
e sotterrarono in guisa che niuna persona se n’accorse. E in Messina tornatisi 
dieder voce d’averlo per loro bisogne mandato in alcun luogo; il che leggiermente28 
35    creduto fu, per ciò che spesse volte eran di mandarlo da torno usati.29
Non tornando Lorenzo, e Lisabetta molto spesso e sollecitamente30 i fratei 
domandandone, sì come colei a cui la dimora lunga gravava,31 avvenne un giorno 
che, domandandone ella molto instantemente,32 che l’uno de’ fratelli disse: «Che 
vuol dir questo? che hai tu a far di Lorenzo,33 che tu ne domandi così spesso? Se 
40    tu ne domanderai più,34 noi ti faremo quella risposta che ti si conviene». Per che 
la giovane dolente e trista, temendo e non sappiendo che, senza più domandarne 
si stava e assai volte la notte pietosamente il chiamava e pregava che ne venisse; 
e alcuna volta con molte lagrime della sua lunga dimora si doleva e senza punto 
rallegrarsi sempre aspettando si stava.
45    Avvenne una notte che, avendo costei molto pianto Lorenzo che non tornava e 
essendosi alla fine piagnendo adormentata, Lorenzo l’apparve nel sonno, pallido 
e tutto rabbuffato35 e co’ panni tutti stracciati e fracidi:36 e parvele che egli dicesse: 
«O Lisabetta, tu non mi fai altro che chiamare e della mia lunga dimora t’atristi 
e me con le tue lagrime fieramente accusi; e per ciò sappi che io non posso più 
50    ritornarci, per ciò che l’ultimo dì che tu mi vedesti i tuoi fratelli m’uccisono». E 
disegnatole il luogo dove sotterato l’aveano, le disse che più nol chiamasse né 
l’aspettasse, e disparve.
La giovane, destatasi e dando fede37 alla visione, amaramente pianse. Poi la 
mattina levata, non avendo ardire di dire alcuna cosa a’ fratelli, propose di volere 
55    andare al mostrato luogo e di vedere se ciò fosse vero che nel sonno l’era paruto.38 
E avuta la licenzia d’andare alquanto fuor della terra39 a diporto, in compagnia 
d’una che altra volta con loro era stata e tutti i suoi fatti sapeva, quanto più tosto 
poté là se n’andò; e tolte via foglie secche che nel luogo erano, dove men dura le 
parve la terra quivi cavò; né ebbe guari cavato,40 che ella trovò il corpo del suo 
60    misero amante in niuna cosa ancora guasto né corrotto: per che manifestamente 
conobbe essere stata vera la sua visione. Di che più che altra femina dolorosa, 
conoscendo che quivi non era da piagnere, se avesse potuto volentier tutto il corpo 
n’avrebbe portato per dargli più convenevole sepoltura; ma veggendo che ciò esser 
non poteva, con un coltello il meglio che poté gli spiccò41 dallo ’mbusto la testa, e 
65    quella in uno asciugatoio inviluppata, e la terra sopra l’altro corpo42 gittata, 
messala in grembo alla fante,43 senza essere stata da alcun veduta, quindi si dipartì44 
e tornossene a casa sua.
Quivi con questa testa nella sua camera rinchiusasi, sopra essa lungamente e 
amaramente pianse, tanto che tutta con le sue lagrime la lavò, mille basci dandole 
70    in ogni parte. Poi prese un grande e un bel testo, di questi ne’ quali si pianta la 
persa45 o il basilico, e dentro la vi mise fasciata in un bel drappo; e poi messavi sù 
la terra, sù vi piantò parecchi piedi46 di bellissimo bassilico salernetano, e quegli 
da niuna altra acqua che o rosata o di fior d’arancio o delle sue lagrime non innaffiava 
giammai.47 E per usanza aveva preso di sedersi sempre a questo testo vicina 
75    e quello con tutto il suo disidero vagheggiare,48 sì come quello che il suo Lorenzo 
teneva nascoso: e poi che molto vagheggiato l’avea, sopr’esso andatasene cominciava 
a piagnere, e per lungo spazio, tanto che tutto il basilico bagnava, piagnea.
Il basilico, sì per lo lungo e continuo studio,49 sì per la grassezza50 della terra 
procedente dalla testa corrotta51 che dentro v’era, divenne bellissimo e odorifero 
80    molto; e servando la giovane questa maniera del continuo,52 più volte da’ suoi 
vicin fu veduta. Li quali, maravigliandosi i fratelli della sua guasta53 bellezza e di 
ciò che gli occhi le parevano della testa fuggiti, il disser loro: «Noi ci siamo accorti 
che ella ogni dì tiene la cotal maniera». Il che udendo i fratelli e accorgendosene, 
avendonela alcuna volta ripresa e non giovando, nascosamente da lei fecero 
85    portar via questo testo; il quale non ritrovando ella con grandissima instanzia54 
molte volte richiese, e non essendole renduto, non cessando il pianto e le lagrime, 
infermò,55 né altro che il testo suo nella infermità domandava. I giovani si 
maravigliavan forte di questo adimandare, e per ciò vollero vedere che dentro vi fosse; 
e versata la terra, videro il drappo e in quello la testa non ancora sì consumata, 
90    che essi alla capellatura crespa non conoscessero lei essere quella di Lorenzo. Di 
che essi si maravigliaron forte e temettero non questa cosa si risapesse: e sotterrata 
quella, senza altro dire, cautamente di Messina uscitisi e ordinato come di quindi 
si ritraessono,56 se n’andarono a Napoli.
La giovane non restando57 di piagnere e pure58 il suo testo adimandando, 
95    piagnendo si morì, e così il suo disaventurato amore ebbe termine. Ma poi a certo 
tempo divenuta questa cosa manifesta a molti, fu alcun che compuose quella 
canzone59 la quale ancora oggi si canta, cioè:
Qual esso fu lo malo cristiano,60
che mi furò la grasta,61 et cetera. –
 >> pagina 512

DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

Quello di Lisabetta è un amore dall’esito tragico. La ragazza incarna, con il suo gesto estremo (staccare la testa dal cadavere dell’amato per portarla con sé), la potenza dell’amore nonostante il destino avverso, traendo da sé, dalla propria interiorità, una forza fino a poco prima imprevista e impensata. Boccaccio non può che ammirarla: descrivendo la sua sfortunata vicenda, implicitamente accusa i fratelli della ragazza di essere stati sordi e ciechi alle ragioni dell’amore, che lo scrittore difende in ogni punto della sua opera. L’attesa vana di Lisabetta, la sua lucida follia, la conclusione drammatica della vicenda conducono a un’atmosfera fiabesca (sottolineata da alcuni critici, come Luigi Russo) che però non fa venir meno il realismo della situazione iniziale (evidenziato da altri studiosi, come Attilio Momigliano).

Lisabetta ama Lorenzo, ma i fratelli non approvano questa relazione. Perché? Oltre al fatto che ritengono di dover essere loro, gli uomini di casa, a decidere chi la sorella debba sposare, forse reagiscono anche per la modalità con cui ne sono venuti a conoscenza: a cose fatte, senza che prima sia stato chiesto loro il permesso. D’altra parte un rapporto sessuale fuori dal matrimonio determinava il disonore della ragazza, una macchia infamante. In effetti proprio questa è la preoccupazione espressa esplicitamente: l’infamia della sorella potrebbe procurare loro, agli occhi della gente, danno, sconcio, vergogna (r. 27); in altre parole una relazione illecita della sorella potrebbe danneggiare i loro affari.

C’è però anche un’altra ragione, di tipo sociale: Lorenzo – per quanto loro uomo di fiducia (tutti i lor fatti guidava e faceva, rr. 9-10) – è soltanto un “lavoratore dipendente”, un “salariato”, mentre loro sono i padroni, i proprietari del fondaco. Essi rappresentano, cioè, un’agiata famiglia di mercanti e, se mai decidessero di maritare la sorella, vorrebbero come cognato un uomo di ceto più alto: in questo senso potrebbe emergere, da parte di Boccaccio, una critica all’estremizzazione della «ragion di mercatura», una logica puramente economica quale metro di giudizio dei fatti e criterio dei comportamenti, che, se non moderata da altre considerazioni, può produrre risultati aberranti.

C’è anche chi, attraverso una lettura psicanalitica della novella, ha ipotizzato un legame potenzialmente incestuoso, seppure su un piano latente, tra i fratelli e Lisabetta: essi, che la considerano una loro “proprietà”, sarebbero gelosi di ogni altro uomo interessato a lei (per questo non le avrebbero ancora trovato marito) e quindi pronti a preservarne con ogni mezzo la vagheggiata “purezza”.

Ciò che appare certo è che la condizione della donna – per come emerge dalla novella – è di assoluta sottomissione al potere maschile, un potere con il quale peraltro appare impossibile comunicare. Se Lisabetta è ancora nubile, è perché i fratelli non l’hanno ancora maritata: nell’orizzonte sociale in cui si colloca il racconto, non è evidentemente contemplata la possibilità per una ragazza di scegliersi il futuro sposo. Quando Lisabetta chiede loro notizie di Lorenzo, essi la zittiscono bruscamente. Prima di uscire a fare una passeggiata, deve domandare loro il permesso (avuta la licenzia d’andare alquanto fuor della terra a diporto, r. 56). Di fatto in tutta la novella non troviamo citate le parole di Lisabetta: il suo silenzio, accompagnato dal pianto, è il segno più forte della sua subalternità agli uomini di casa. Va notato però che l’esito della vicenda evidenzia la sconfitta dei fratelli di Lisabetta: uccidendo Lorenzo, hanno ucciso anche lei, e ora devono abbandonare i loro affari in Sicilia per cambiare città.
Un particolare crudo, orrido, raccapricciante è senz’altro quello del vaso di basilico in cui Lisabetta seppellisce la testa di Lorenzo. Sempre sulla scorta di un’interpretazione psicanalitica, esso rappresenterebbe una sorta di oggetto sostitutivo dell’amante defunto; e anche un’immagine di una maternità che la donna non ha avuto modo di sperimentare: il vaso come il grembo, la testa come il figlio che Lorenzo non ha fatto in tempo a donarle. Occorre rilevare, tuttavia, che la narrazione non indulge in eccessivi dettagli e che la rappresentazione dell’atto cruento è simile a quella delle situazioni analogamente macabre di certe fiabe.
 >> pagina 513

Le scelte stilistiche

Racconto d’amore e di morte, la novella ha un tono più lirico (attento cioè alle risonanze interiori dei personaggi) che drammatico (attento cioè all’azione vera e propria). Il testo presenta infatti scelte lessicali tese a sottolineare «una trama silenziosa e segreta, che sottende […] alle vicende esterne eventi intimi» (Baratto). I fatti esteriori e oggettivi (l’agire dei fratelli) hanno una ricaduta tutta soggettiva su Lisabetta: da qui l’insistenza sugli accenti accorati espressi – pur in assenza, sulla pagina, delle sue parole – da questo personaggio attraverso una serie di vocaboli chiave appartenenti al campo semantico del dolore: dolente e trista (r. 41), si doleva (r. 43), piagnea (r. 77) ecc. Lisabetta, infatti, «al dolore si abbandona e da esso si lascia lentamente sommergere» (Bosco).

VERSO LE COMPETENZE

COMPRENDERE

1 Riassumi il contenuto della novella in circa 5 righe.


2 Com’è descritto Lorenzo all’inizio della novella?


3 Che cosa significa l’espressione, riferita a Lisabetta, gli occhi le parevano della testa fuggiti (r. 82)?


4 Come si accorgono i fratelli dello strano attaccamento di Lisabetta al vaso di basilico?


5 Quando i fratelli trovano nel vaso di basilico la testa di Lorenzo, qual è il loro primo pensiero?

ANALIZZARE

6 Lorenzo viene descritto come assai bello della persona (r. 10): della persona è

  • a complemento di specificazione. 
  • b complemento di limitazione. 
  • c complemento di qualità. 
  • d complemento di proprietà. 


7 Nella frase disotterra la testa e mettela in un testo (r. 2) quale figura retorica riconosci? Che funzione ha?

INTERPRETARE

8 Come definiresti il legame tra Lisabetta e Lorenzo? Infatuazione o amore? Motiva la tua risposta anche fornendo opportuni riferimenti testuali.


9 Lorenzo è assente da troppo tempo e, un giorno in cui Lisabetta ne domanda insistentemente ai fratelli, uno di essi le risponde: Se tu ne domanderai più, noi ti faremo quella risposta che ti si conviene (rr. 39-40). Quale sarebbe la risposta che – a giudizio del fratello – la ragazza meriterebbe? A che cosa allude?


10 Come appare Lorenzo in sogno a Lisabetta? perché?


11 Lisabetta e i suoi fratelli sono portatori di due visioni del mondo inconciliabili. Quali?


12 Quale pensi possa essere il messaggio che Boccaccio voleva trasmettere con questa novella al pubblico dei lettori borghesi (molti dei quali mercanti), a cui principalmente si rivolgeva con il Decameron?

scrivere per...

RACCONTARE

13 Ispirandoti alla letteratura, al cinema o alla cronaca, tratta, in forma di racconto, il seguente tema: “Storia tragica di un amore infelice”.

ESPORRE

14 Trasforma la novella di Boccaccio in un articolo di giornale (cronaca nera), immaginando i fatti come se fossero accaduti ai giorni nostri. Scrivi un testo informativo di circa 20 righe.

Classe di letteratura - volume 1
Classe di letteratura - volume 1
Dalle origini al Cinquecento