Le opere del periodo fiorentino

Le opere del periodo fiorentino

Tra amore e allegoria Negli scritti napoletani Boccaccio aveva messo a frutto una ricca esperienza di lettore, attratto dai contenuti psicologici della poesia a lui contemporanea, nonché dalle vicende amorose divulgate, soprattutto in Francia, da un’abbondante produzione letteraria. Negli scritti successivi, composti a partire dal 1340, egli sente invece l’influenza della letteratura toscana, si attenua un certo invadente autobiografismo e subentra una maggiore maturità espressiva. A Firenze Boccaccio trova un panorama culturale fortemente segnato dalla poesia allegorica dantesca.

Comedia delle ninfe fiorentine

Scritta tra il 1341 e il 1342, la Comedia delle ninfe fiorentine, più nota con il titolo quattrocentesco di Ninfale d’Ameto, è un’opera mista di prosa e terzine (prosimetro), in parte ispirata alla poesia bucolica classica, ma modellata sulla poesia di tipo allegorico-didattico, che ha per tema l’amore del pastore Ameto per la ninfa Lia, trasfigurato in chiave morale.

Un edonismo preumanistico Grazie all’incontro con le ninfe di Firenze (che rappresentano le virtù), il pastore Ameto si ingentilisce. È molto chiaro, in questo mutamento, l’influsso della concezione stilnovistica dell’amore, ma con una significativa evoluzione: la bellezza e la virtù delle ninfe/donne non hanno più la finalità di avvicinare l’uomo a Dio, bensì sono proprietà fine a sé stesse, che portano verso il godimento edonistico, in base a un ideale che, di lì a pochi anni, sarà tipico della cultura umanistica. Si tratta di un edonismo legato non solo alla semplice contemplazione della bellezza, ma anche al piacere della parola: le ninfe, infatti, raccontano storie che in qualche modo anticipano il gusto del Decameron per il racconto. È un altro passo, dunque, verso la tendenza a coniugare componenti diverse: classicità, poesia allegorica, valori e temi preumanistici.

Amorosa visione

Nell’Amorosa visionepoema allegorico in terzine (50 canti) composto tra il 1342 e il 1343 (e poi rielaborato tra il 1355 e il 1360) a imitazione della Commedia dantesca – l’autore mette a frutto gli aspetti dottrinali ed eruditi della sua cultura. Il poeta racconta in prima persona un sogno nel quale una donna gentile lo accompagna dentro un castello. All’uscita si imbatte in alcune donne, tra le quali Fiammetta, con cui si apparta. La scena però si interrompe, e la donna che lo guidava riappare all’improvviso, spiegandogli che potrà realizzare i suoi desideri solo dopo aver appreso i precetti impartitigli durante il viaggio.

Elegia di Madonna Fiammetta

Nell’Elegia di Madonna Fiammetta, un romanzo in prosa dei primi anni Quaranta, Boccaccio narra (ma fingendo che a raccontarla sia la stessa protagonista) la triste storia di una giovane, lasciata dall’amante Panfilo per un’altra donna. Si tratta di un’opera assai originale e profondamente innovativa. L’autore assume il punto di vista di Fiammetta (▶ T2, p. 454), una gentildonna napoletana sposata, la quale, dopo che Panfilo è tornato a Firenze, si trova a visitare i luoghi del loro amore, tormentata dai ricordi e dalla gelosia. Anche in questo caso, i nomi sono simbolici e il titolo contiene un omaggio alla poe­sia classica greca e latina, essendo l’elegia (una poesia dai toni meditativi e malinconici, spesso di compianto per una condizione di infelicità) un genere assai praticato nelle letterature classiche.

 >> pagina 453

Il modello classico La tradizione è presente anche nella scelta della forma espressiva: una lettera indirizzata alle donne innamorate, il cui modello ricorda da vicino l’Ovidio delle Heroides, opera costituita da alcune lettere di eroine (questo il vocabolo che traduce il titolo latino) del mito classico, le quali confessano agli amati le loro sofferenze d’amore. Il poeta Ovidio (43 a.C. – 17/18 d.C.) è effettivamente uno degli autori elegiaci più importanti della tradizione latina e rappresenta, per Boccaccio, un precedente autorevole. L’elemento di forte novità di Ovidio consisteva proprio nel dare voce alla donna. Nella precedente poe­sia amorosa, infatti, la donna/domina (cioè la “donna/padrona”), pur rappresentando apparentemente il nucleo dell’opera letteraria, era tuttavia un oggetto d’amore, spesso inconsapevole e comunque muto e lontano. Invece con Ovidio – e poi con Boccaccio che lo riprende – la donna assume, seppur attraverso la penna maschile, il ruolo di chi prova sentimenti e li descrive.

Amore senza condanne Mentre un personaggio come Francesca da Rimini, nel canto V dell’Inferno, suscita in Dante un atteggiamento di condanna (sebbene unita all’umana compassione), Fiammetta innamorata ha tutta la comprensione non solo di Boccaccio, ma anche dei lettori: l’autore porta il pubblico a considerare l’amore in quella chiave edonistica che più prepotentemente si riaffaccerà nel Decameron e che vedrà tante protagoniste femminili rivendicare il proprio diritto ad amare, anche nella dimensione dei sensi. Insomma, Fiammetta è una sorta di modello di quella spavalderia femminile rappresentata in diverse novelle (in particolare della Quarta giornata) del capolavoro di Boccaccio.

Ninfale fiesolano

Il nume tutelare del Ninfale fiesolano non è più Fiammetta, bensì Amore in persona, che guida l’autore a raccontare una «storia molto antica». Nell’opera – un poemetto in 473 ottave scritto probabilmente tra il 1344 e il 1346 (ma alcuni studiosi lo retrodatano addirittura al periodo napoletano) – Boccaccio elabora in forma leggendaria le origini dei torrenti Africo e Mensola, nei pressi di Firenze, e in tal modo racconta la fondazione di Fiesole. Il testo è il capostipite in volgare di un genere destinato ad avere grande successo nella poesia rinascimentale, quello della poesia idillico-mitologica e pastorale (per esempio con la Nencia da Barberino di Lorenzo il Magnifico e le Stanze per la giostra del Poliziano).

Classe di letteratura - volume 1
Classe di letteratura - volume 1
Dalle origini al Cinquecento