Le opere del periodo napoletano

Le opere del periodo napoletano

Al periodo napoletano (1327-1340) risale un’ampia produzione in versi e in prosa, che trae spesso origine da spunti autobiografici e nella quale Boccaccio non tarda a esprimere la sua propensione alla narrativa. Fin dagli inizi scrive in latino oltre che in volgare; compone rime, poemi e romanzi d’amore (spesso di difficile datazione).

In questi testi l’autore tenta di conciliare, seppure in modi diversi, la tradizione cortese di origine provenzale con quella classica (greco-latina), che la cultura del tempo – si pensi all’impegno di Petrarca in tal senso – inizia a riscoprire e a valorizzare. Boccaccio, che si è avvicinato alla letteratura in modo autonomo, senza seguire un corso di studi regolari, compone queste opere anche per mostrare la propria erudizione, al punto che talvolta alcuni passaggi risultano prolissi e “iperletterari”.

Filocolo

Prima opera in prosa di Boccaccio, il Filocolo (in base a un’approssimativa etimologia greca il titolo significherebbe “Fatica d’amore”) è uno sterminato romanzo in 5 libri. Al centro della narrazione vi è il contrastato amore tra Florio, figlio del re di Spagna, e Biancifiore, discendente da una nobile famiglia, come si scopre al termine di molteplici peripezie. Le tematiche sono quelle tipiche del romanzo greco e latino: l’avventura, il viaggio e la passione amorosa ( T1, p. 449), che rappresenta il motore di tutta l’azione.

Un intarsio di motivi Tuttavia, oltre al racconto principale, l’autore introduce un’infinità di digressioni, che spaziano dalle dissertazioni bibliche alle disputazioni erudite, dalle narrazioni fantastiche di viaggi esotici a riflessioni di natura filosofica ed excursus mitologici. Questa dimensione metaletteraria si traduce in un vero e proprio repertorio di sperimentazioni di scrittura: ancora alla ricerca di un preciso e sicuro modello di lingua e di sintassi, l’autore deposita e assembla in questo suo primo apprendistato narrativo materiali diversi provenienti dalla sua esperienza di lettore onnivoro, capace di contaminare, secondo la tradizione del romanzo greco del periodo alessandrino (IV-I secolo a.C.), tutti i moduli artistici in uso, da quello avventuroso a quello epico fino a quello novellistico.

Un’anticipazione del Decameron Ad accrescere l’interesse del Filocolo c’è infine una vera e propria anticipazione del Decameron. In un episodio contenuto nel quarto libro dell’opera, durante uno dei suoi viaggi alla ricerca dell’amata, Florio sosta nello spazio ameno e chiuso di un bellissimo giardino di Napoli, dove un gruppo di aristocratici, giovani e fanciulle, capeggiato da una regina di nome Fiammetta, conversa intorno a una serie di questioni d’amore, ispirate a racconti e novelle. È un espediente narrativo, questo, che troveremo anche nel capolavoro di Boccaccio.

Le altre opere

Caccia di Diana Tra le primissime prove di Boccaccio, scritta intorno al 1334, la Caccia di Diana è un poemetto mitologico di 18 canti in terzine dantesche e narra il contrasto tra Diana (dea della castità e della vita attiva) e Venere (dea dell’amore), simboli di due diverse concezioni della vita femminile. Avrà la meglio Venere, poiché le ninfe protagoniste dell’opera, inizialmente seguaci di Diana, preferiranno mettersi al servizio della dea dell’amore.

Filostrato Composto probabilmente nel 1339 (ma alcuni studiosi datano la redazione dell’opera prima del Filocolo, intorno al 1335), il Filostrato – ovvero “Vinto d’amore”, secondo l’etimologia greca del titolo, omaggio al mondo classico pagano – narra, nel metro popolare dell’ottava (l’ottava di endecasillabi a rima ABABABCC sarà tipica della produzione cavalleresca successiva), la storia di Troilo e della sua infelice passione per Criseida, donna volubile e scaltra. La vicenda del poemetto, fondamentalmente autobiografica, è relativa alla vita sentimentale dell’autore durante gli anni napoletani, come suggerisce egli stesso nel dedicare l’opera a Fiammetta, ed è modellata sui gusti del pubblico cortigiano a cui Boccaccio si rivolge.

 >> pagina 449

Teseida Scritto tra il 1339 e il 1340, il Teseida è l’ultima opera scritta da Boccaccio durante il suo soggiorno napoletano. Sullo sfondo delle guerre vittoriose di Teseo (il leggendario re di Atene) contro le Amazzoni (le donne guerriere della mitologia greca), il Teseida racconta la drammatica vicenda di due amici, Arcita e Palemone, entrambi accesi dall’amore per Emilia e perciò divenuti rivali. La materia di questo poema (ancora in ottave) in 12 libri è dunque di nuovo amorosa (oltre che epica).

Rime Dagli anni napoletani fino all’ultimo periodo della sua vita, infine, Boccaccio compone un consistente corpus di rime (oltre 150 componimenti, soprattutto sonetti e ballate), mai raccolte in un canzoniere organico. Sono testi di ispirazione stilnovistica e dantesca, incentrati su argomenti amorosi, esistenziali, spirituali e politici. Meno attento, rispetto a Petrarca, alla musicalità dei versi, Boccaccio appare però abile nel descrivere paesaggi e psicologie, all’insegna di quel realismo che caratterizzerà fortemente il Decameron.

T1

Florio e Biancifiore

Filocolo, II, 4

Siamo nel secondo dei cinque libri di cui si compone il Filocolo: inviato dalla madre Venere, Cupido fa scoccare la scintilla della passione nel cuore dei due protagonisti mentre sono intenti a leggere l’Ars amandi del poeta latino Ovidio.

Taciti e soli1 lasciò Amore2 i due novelli amanti, i quali riguardando l’un l’altro

fiso,3 Florio primieramente chiuse il libro,4 e disse: «Deh, che nuova bellezza

t’è egli5 cresciuta, o Biancifiore da poco in qua, che tu mi piaci tanto? Tu non

mi solevi tanto piacere; ma ora gli occhi miei non possono saziarsi di riguardarti!».

5      Biancifiore rispose: «Io non so, se non che di te poss’io dire che in me

sia avvenuto il simigliante.6 Credo che la virtù de’ santi versi,7 che noi divotamente8

leggiamo, abbia accese le nostre menti di nuovo fuoco, e adoperato9 in

noi quello già veggiamo che in altrui adoperarono». «Veramente – disse Florio

– io credo che come tu di’ sia,10 però che11 tu sola sopra tutte le cose del mondo

10    mi piaci». «Certo tu non piaci meno a me che io a te» rispose Biancifiore.

E così stando in questi ragionamenti12 co’ libri serrati13 avanti, Racheio,14 che

per dare a’ cari scolari dottrina15 andava, giunse nella camera e loro gravemente

riprendendo,16 cominciò a dire: «Questa che novità è, che io veggio i vostri libri 

davanti a voi chiusi? Ov’è fuggita la sollecitudine17 del vostro studio?». Florio e 

15    Biancifiore, tornati18 i candidi visi come vermiglie rose per vergogna della non 

usata riprensione,19 apersero i libri; ma gli occhi loro più disiderosi dell’effetto 

che della cagione, torti,20 si volgeano verso le disiate21 bellezze, e la loro lingua, 

che apertamente narrare solea i mostrati versi, balbuziendo andava errando.22 

Ma Racheio, pieno di sottile avvedimento,23 veggendo24 i loro atti, incontanente 

20    conobbe25 il nuovo fuoco acceso ne’ loro cuori, la qual cosa assai gli dispiacque; 

ma più ferma esperienza26 della verità volle vedere, prima che alcuna parola ne 

movesse ad alcuno altro,27 sovente sé celando28 in quelle parti nelle quali egli 

potesse lor vedere sanza essere da essi veduto. E manifestamente conoscea,29 

come da loro partitosi, incontanente chiusi i libri, abbracciandosi si porgeano 

25    semplici baci, ma più avanti non procedeano,30 però che la novella età, in che 

erano, non conoscea i nascosi diletti.31 E già il venereo fuoco32 gli avea sì accesi, 

che tardi la freddezza di Diana li avrebbe potuti rattiepidare.33

 >> pagina 450 

Dentro il TESTO

I contenuti tematici

Nel canto V dell’Inferno era stato il romanzo francese di Lancillotto e Ginevra ad accendere la passione amorosa di Paolo e Francesca. Qui il libro “galeotto” è l’Ars amandi, un poemetto in distici elegiaci scritto da Ovidio (43 a.C.-17/18 d.C.) con l’intento di offrire ai lettori consigli utili per sedurre e per fare innamorare. Ma, mentre gli amanti danteschi alimentano una relazione adultera che li porta al peccato e alla perdizione, Florio e Biancifiore vivono con innocenza un sentimento tenero e ingenuo (tornati i candidi visi come vermiglie rose per vergogna, r. 15), destinato a sfociare nel matrimonio. I due ragazzi si lanciano sguardi furtivi, balbettano per l’emozione, si scambiano effusioni e scoprono, attimo dopo attimo, con stupore e inconsapevolezza (Deh, che nuova bellezza…?, rr. 2-3; Tu non mi solevi tanto piacere, rr. 3-4; non so, se non che…, r. 5), la forza irresistibile che li trascina verso il piacere dei sensi.

 >> pagina 451 
All’amore, infatti, non si può resistere, come si evince dal contrasto tra Venere e Diana, con la dea dell’amore inevitabilmente vincitrice su quella della castità. Il venereo fuoco (r. 26) non può che prevalere sulla freddezza di Diana (r. 27): una verità che Boccaccio ribadisce lungo tutta la sua produzione letteraria. Per questo, l’autore si guarda bene dal condannare moralmente i due giovani. Il suo racconto esplora le trepide emozioni e i turbamenti dei due ragazzi con un’analisi introspettiva e psicologica che supera gli schemi convenzionali dello Stilnovo per aprirsi a una dimensione più realistica, sia pure ancora immersa in una raffinata atmosfera di candore cortese: la stessa che lo scrittore respirava nelle sale degli splendidi palazzi angioini di Napoli.

Le scelte stilistiche

La materia del Filocolo attinge a un vasto e ben noto repertorio di citazioni e luoghi comuni letterari: dai testi classici (Ovidio e Virgilio, dichiaratamente citati come auctores di riferimento insieme a Lucano e Stazio) fino alla Vita nuova di Dante, passando attraverso i romanzi in lingua d’oïl, all’epoca assai letti e amati nelle corti italiane. Le storie di Floire et Blancheflor, riprese da un poemetto francese del XII secolo, quelle di Tristano e Isotta e dei vari personaggi del ciclo di re Artù erano, in effetti, di dominio pubblico: libri da considerare, per usare la definizione della critica Maria Luisa Meneghetti, «vera e propria trivialliteratur», cioè letteratura di largo consumo, che però Boccaccio intende ora nobilitare offrendone una rielaborazione più colta.

In un altro passo del Filocolo, egli si propone infatti lo scopo di sottrarre questa materia ai «fabulosi parlari degli ignoranti», cioè ai grossolani racconti diffusi grazie alla tradizione orale, e di trasformarla in fonte di diletto per un pubblico altolocato, compreso quello femminile, affascinato dai bei sogni della poesia amorosa. Per questo, sul piano dello stile, non troviamo alcuna concessione popolaresca, bensì soluzioni formali di una «mezzana via»: se l’autore evita uno stile troppo aulico e solenne, non rinuncia tuttavia alla sintassi latineggiante (si noti per esempio, la posizione dei verbi, spesso collocati in conclusione di frase) e all’uso costante della metafora (in particolare, quella del fuoco amoroso).

Verso le COMPETENZE

COMPRENDERE

1 Riassumi la vicenda raccontata nel brano in un testo di circa 5 righe.


2 Nella scena, oltre ai due innamorati, compare un altro personaggio. Chi è e come si comporta?

ANALIZZARE

3 Con quali espressioni Biancifiore indica la natura sacra dell’amore?


4 Quali sono gli indizi, registrati dall’autore, che denunciano la nascita del sentimento amoroso nei due ragazzi?


5 Individua e sottolinea nel testo le metafore del fuoco d’amore.

INTERPRETARE

Nell’analisi abbiamo evidenziato i punti di contatto tra la nascita della passione tra Paolo e Francesca nel canto V dell’Inferno e quella dell’amore di Florio e Biancifiore. Leggi, in particolare, questi due passi e individua analogie e differenze.


– Quando leggemmo il disïato riso

esser basciato da cotanto amante,

questi, che mai da me non fia diviso,

la bocca mi basciò tutto tremante.

Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse:

quel giorno più non vi leggemmo avante.

(Inferno, V, vv. 133-138)


incontanente chiusi i libri, abbracciandosi si porgeano semplici baci, ma più avanti non procedeano, però che la novella età, in che erano, non conoscea i nascosi diletti. (rr. 24-26)

scrivere per...

raccontare

7 Reinterpretando la scena boccacciana e adattandola ai nostri tempi, descrivi l’innamoramento di due ragazzi di oggi parafrasando nel testo almeno tre delle espressioni usate dall’autore.

Dibattito in classe

Boccaccio presenta la nascita dell’amore tra i due giovani secondo il topos ricorrente della freccia scoccata da Cupido: l’innamoramento dunque non nasce lentamente, ma è rapido e improvviso, il classico “colpo di fulmine”. Sei d’accordo? Confrontati con i compagni.

Classe di letteratura - volume 1
Classe di letteratura - volume 1
Dalle origini al Cinquecento