T1 - Il male di vivere chiamato “accidia”

T1

Il male di vivere chiamato “accidia”

Secretum, II

Il secondo libro del Secretum mette a nudo i tormenti e le inquietudini in cui si dibatte l’animo del poeta. Agostino infatti pone davanti agli occhi di Francesco i mali che lo assediano per indurlo a pentirsi e a modificare il suo atteggiamento nei confronti di sé stesso e della vita. In questo brano, in particolare, si sofferma sulla causa dell’inerzia spirituale dell’interlocutore, il tremendo peccato capitale che prende il nome di “accidia”.

AGOSTINO Ti domina una funesta1 malattia dell’animo, che i moderni hanno chiamato
accidia e gli antichi aegritudo.
FRANCESCO Il nome solo di essa mi fa inorridire.
AGOSTINO Non me ne meraviglio, poiché ne sei tormentato a lungo e gravemente.
5      FRANCESCO È vero; e a ciò s’aggiunge che mentre in tutte quante le passioni da cui
sono oppresso è commisto un che di dolcezza, sia pur falsa, in questa tristezza
invece tutto è aspro, doloroso e orrendo; e c’è aperta sempre la via alla disperazione
e a tutto ciò che sospinge le anime infelici alla rovina. Aggiungi che delle
altre passioni soffro tanto frequenti quanto brevi e momentanei gli assalti;
10    questo male invece mi prende talvolta così tenacemente, da tormentarmi nelle
sue strette giorno e notte; e allora la mia giornata non ha più per me luce né
vita, ma è come notte d’inferno e acerbissima morte. E tanto di lagrime e di
dolori mi pasco con non so quale atra  voluttà,2 che a malincuore (e questo si
può ben dire il supremo colmo delle miserie!) me ne stacco.
15    AGOSTINO Conosci benissimo il tuo male; tosto ne conoscerai la cagione.3 Di’ dunque:
che è che ti contrista tanto? il trascorrere dei beni temporali, o i dolori
fisici o qualche offesa della troppo avversa fortuna?
FRANCESCO Un solo qualsiasi di questi motivi non sarebbe per sé abbastanza valido.
Se fossi messo alla prova in un cimento4 singolo, resisterei certamente; ma
20    ora sono travolto da tutto un loro esercito.
AGOSTINO Spiega più particolarmente ciò che ti assale.
FRANCESCO Ogni volta che mi è inferta qualche ferita dalla fortuna, resisto impavido,
ricordando che spesso, benché da essa gravemente colpito, ne uscii vincitore.
Se tosto essa raddoppia il colpo, comincio un poco a vacillare; che se alle due
25    percosse ne succedono una terza e una quarta, allora sono costretto a ritirarmi
– non già con fuga precipitosa ma passo passo – nella rocca della ragione. Ivi, se
avviene che la fortuna mi si accanisca intorno con tutta la sua schiera, e mi lanci
addosso per espugnarmi le miserie della umana condizione e la memoria dei
passati affanni e il timore dei venturi, allora finalmente, battuto da ogni parte e
30    atterrito dalla congerie5 di tanti mali, levo lamenti. Di lì sorge quel mio grave
dolore: come ad uno che sia circondato da innumerevoli nemici e a cui non si apra
alcuno scampo né alcuna speranza di clemenza né alcun conforto, ma ogni cosa
Lo minacci. Ecco, le macchine6 sono drizzate, sotto terra i cunicoli sono scavati,
già oscillano le torri; le scale sono appoggiate ai bastioni; s’agganciano i ponti
35    alle mura; il fuoco percorre le palizzate. Vedendo d’ogni parte balenare le spade e
minacciosi i volti nemici, e prevedendo prossimo l’eccidio, non paventerà esso e
non piangerà, posto che, se anche cessino questi pericoli, già solo la perdita della
libertà è dolorosissima agli uomini fieri?
AGOSTINO Benché tu abbia trascorso su tutto ciò un poco confusamente, pure capisco
40    che la causa di tutti i tuoi mali è un’impressione sbagliata che già prostrò e
prostrerà infiniti altri. Giudichi tu di star male?
FRANCESCO Anzi, pessimamente.
AGOSTINO Per qual ragione?
FRANCESCO Non per una, certo, ma per infinite.
45    AGOSTINO Tu fai come quelli che per qualsiasi anche lievissima offesa tornano al
ricordo dei vecchi contrasti.
FRANCESCO Non è in me piaga così antica che abbia ad essere cancellata dalla dimenticanza;
le cose che mi tormentano sono tutte recenti. E ancor che col tempo
qualche cosa si fosse potuta sanare, la fortuna torna così spesso a percuotere
50    in quel punto, che nessuna cicatrice può mai saldare l’aperta piaga. Aggiungi
l’aborrimento7 e il disprezzo dello stato umano; da tutte queste cagioni oppresso,
non mi riesce di non essere tristissimo. Non do importanza che questa si
chiami o aegritudo o accidia o come altrimenti vuoi. Siamo d’accordo sulla
sostanza.
55    AGOSTINO Poiché, a quanto veggo, il male ti si è  abbarbicato con profonde radici,
non basterà averlo tolto via alla superficie, che rispunterebbe rapidamente: bisogna
strapparlo radicalmente; ma sto incerto donde incominciare, tante sono le
cose che mi trattengono. Ma per agevolare l’effetto dell’opera col ben precisare,
percorrerò ogni singolo particolare. Dimmi dunque: quale cosa ritieni per te precipuamente8
60    molesta?
FRANCESCO Tutto quanto primamente vedo, odo ed intendo.
AGOSTINO Perbacco, non ti piace nulla di nulla.
FRANCESCO O nulla o proprio poche cose.
AGOSTINO Speriamo almeno che ti piaccia ciò che è salutare! Ma che ti spiace di
65    più? Rispondimi per favore.
FRANCESCO Ti ho già risposto.
AGOSTINO Tutto ciò è caratteristico di quella che ho chiamata accidia. Tutte le cose
tue ti spiacciono.
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DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

Nel primo libro del Secretum, a Francesco che lamentava l’infelicità e la disperazione che gli avvelenano l’esistenza, Agostino aveva risposto mostrando la radice di tanta sofferenza, ovvero quel difetto della volontà che impedisce anche ad animi non meschini di scegliere il vero bene e dirigersi verso di esso con fermezza.

Ora, nel secondo libro, la posizione dell’autore delle Confessioni si fa più netta: con un vero e proprio atto d’accusa, sottopone l’interlocutore a un esame impietoso, mostrandogli uno per uno tutti i peccati di cui egli si è macchiato; tra questi, ultimo in ordine di analisi ma non certo di importanza e gravità, compare l’accidia (tristitia in latino), una vera e propria malattia dello spirito, uno stato di depressione acuta che induce all’ozio e alla negligenza, comportando rifiuto e odio del creato.

Costretto dalle domande pressanti di Agostino, Francesco descrive il proprio stato d’animo: è perennemente insoddisfatto, vittima di una tristezza da cui non riesce (o perfino non vuole) liberarsi, si sente inerte, paralizzato, incapace di uscire da una condizione di mortale pessimismo. E – ciò che è più paradossale – affiora in lui perfino un insano piacere per la sofferenza e il pianto: anche se la vittima è consapevole che nell’accidia tutto è aspro, doloroso e orrendo (r. 7), tuttavia non sa sottrarsi a una sorta di masochistica voluttà del dolore.

Proprio questo irrazionale compiacimento accentua la sua indolenza, impedendogli di riemergere dall’apatia e di riavvicinarsi a Dio e ai valori dello spirito. Nessuna ribellione sembra possibile: circondato da una realtà minacciosa che pare opprimerlo da ogni parte, Francesco riconosce di avere ormai disprezzo dello stato umano (r. 51), di tutte le cose, sia che afferiscano alla triste sfera della sua esistenza, sia che appartengano agli altri.

Le scelte stilistiche

Il ritmo con il quale Agostino incalza l’interlocutore non gli concede respiro: l’incisiva brevità delle battute e la frequenza delle domande lo inchiodano, mostrando l’assalto vittorioso che l’accidia sferra fin dentro la debole cittadella della sua ragione. D’altra parte, Francesco non tenta nemmeno di difendersi: come un reo confesso, ammette la propria debolezza e le proprie contraddizioni, ricorrendo a una serie di metafore belliche che rivelano il conflitto irrisolto che sente nell’animo.

La vittoria del santo è dunque, retoricamente, una vittoria di Pirro: la logica argomentativa del suo discorso è inoppugnabile ma si rivela, in fondo, del tutto impotente dinanzi all’atteggiamento di Francesco, disponibile a confessare il proprio peccato ma privo di forze per liberarsene. Il riscatto è impossibile: nel dialogo con sé stesso, Petrarca non può guarire dai propri mali, ma soltanto – e tuttavia non è poco – accrescere la propria coscienza autocritica.

Verso le COMPETENZE

COMPRENDERE

1 Riassumi il contenuto del dialogo in 5 righe.


2 Spiega perché Agostino definisce l’accidia una malattia dell’animo (r. 1).

ANALIZZARE

3 Nell’elenco seguente trovi, insieme a vocaboli di significato diverso, alcuni sinonimi di “accidia”. Individuali e sottolineali:


apatia • bramosia • ingordigia • torpore • alterigia • albagia • petulanza • inerzia • pervicacia • abulia

4 Individua le espressioni metaforiche usate dai due interlocutori.

INTERPRETARE

5 Perché, a tuo giudizio, le battute di Francesco sono molto più lunghe di quelle di Agostino?

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SCRIVERE PER...

DESCRIVERE

6 La condizione di Petrarca non è molto diversa da quella che chiamiamo “malinconia”. Descrivi con parole tue, e possibilmente servendoti di alcune metafore, questo stato d’animo in un testo di circa 20 righe.

RACCONTARE

7 Prova a riscrivere il dialogo immaginando un diverso atteggiamento di Francesco, più combattivo e non disposto a riconoscere il male che lo attanaglia.


8 Hai mai provato la condizione di cui è vittima Petrarca? Anche a te capita, in certi momenti, di provare indifferenza per i doveri quotidiani e di sentirti incapace – per stanchezza o svogliatezza – di vivere con gioia le esperienze della vita? Racconta in un testo di circa 30 righe.

CONFRONTARE

9 Come scrivevano i letterati antichi, all’insoddisfazione di sé spesso si reagisce cercando rimedio nell’inquieto vagabondare. Leggi questi due brani tratti da due opere del filosofo latino Seneca ed evidenzia in un testo di circa 20 righe i punti di contatto con le osservazioni contenute nel dialogo petrarchesco.


Si intraprende un viaggio dopo l’altro, e si muta uno spettacolo con l’altro. Come dice Lucrezio: in tal modo ciascuno cerca di fuggire sé stesso. Ma a che gli giova se ciò non gli riesce? Ciascuno segue sé stesso, compagno molestissimo. Adunque dobbiamo sapere che soffriamo non per colpa di luoghi, ma per colpe nostre.

(De tranquillitate animi 2, 14-15)


Tu pensi che sia capitato solo a te, e te ne meravigli come di un fatto strano, che con un viaggio così lungo e passando attraverso luoghi così diversi tu non sia riuscito a scuotere la tristezza e il peso che grava sulla tua mente. Ma non basta mutare il cielo sotto il quale vivi, tu devi mutare l’anima. Se anche tu varchi l’ampio mare e tu veda ritirarsi indietro terre e città, come dice il nostro Virgilio, ti seguiranno sempre dovunque tu vada i tuoi difetti. Ad un tale, che si lagnava di questo, Socrate rispose: «Perché ti meravigli che i viaggi non ti giovino a nulla, se nei viaggi non fai che portare in giro te stesso?»

(Epistola 28, 1-2)

T2

La lussuria, questa terribile nemica

Secretum, II

Nel secondo dialogo del Secretum, da cui riportiamo il brano, si analizzano i peccati capitali. Qui sant’Agostino appare nelle vesti di una sorta di padre confessore, che esorta Petrarca a trovare la via verso la salvezza attraverso l’umile analisi delle sue debolezze.

AGOSTINO Come sono le fiamme della lussuria1 che ti accendono?

FRANCESCO A tratti così forti, è vero, che mi addolora gravemente non essere nato

insensibile. Preferirei essere una qualche immobile pietra, piuttosto che venir

scosso da tanti turbamenti della carne.

5      AGOSTINO Eccoti dunque qualcosa che ti allontana moltissimo da ogni meditazione

sulla divinità. La celeste dottrina di Platone2 non c’insegna altro che questo:

l’anima deve essere tenuta lontana dalle voluttà3 del corpo e le immagini di queste

vanno da essa erase,4 sì che possa salire pura e libera alla contemplazione dei

misteri della divinità, cui è legato il pensiero della propria mortalità. Sai di che

10    parlo: queste cose ti sono diventate familiari dai libri di Platone, sui quali si

dice che tu da qualche tempo ti sia concentrato.

FRANCESCO È vero, mi ci ero applicato con  alacre5 speranza e gran desiderio, ma

la novità della lingua straniera6 e l’anticipata partenza del mio maestro7 hanno

interrotto il mio proposito. Ma mi richiami a teorie che conosco benissimo, sia

15    dai tuoi scritti che da quello che ne dicono altri platonici.

AGOSTINO Non importa da chi tu abbia appreso il vero, anche se l’autorità del

maestro è spesso di grande aiuto.

FRANCESCO Per me, soprattutto quella di Platone, del quale mi è rimasto impresso

quanto dice Cicerone nelle Tusculanae:8 «Platone, anche se non portasse

20    alcun argomento (vedi quale omaggio gli rendo!) mi demolirebbe con la sua

autorità».9 Io poi, che spesso considero la sublimità del suo ingegno, riterrei

offensivo per lui l’essere costretto a fornire delle prove, quando il volgo dei

pitagorici10 ne esenta il proprio caposcuola. Ma non voglio divagare: la dottrina

di Platone da sempre me l’hanno raccomandata e la sua autorità e la ragione e

25    l’esperienza, sì che sono sicuro che non si può sostenere nulla di più vero e di

più santo.11 Con l’aiuto di Dio, infatti, qualche volta sono riuscito a risorgere

in modo tale da vedere con straordinaria immensa dolcezza quello che in quel

momento mi faceva bene, e quello che in precedenza mi aveva danneggiato.

E ora che, sotto il mio peso, sono ricaduto nelle vecchie miserie,12 risento dentro

30    di me il gusto amarissimo di ciò che ancora una volta mi ha perduto.13

Ti dico questo, perché tu non ti stupisca se ho detto d’aver fatto esperienza di

quelle affermazioni di Platone.

AGOSTINO Non mi stupisco affatto! Sono stato testimonio dei tuoi affanni, e ti ho

visto cadere e risorgere: ora, impietosito dalla tua ricaduta, ho deciso di aiutarti.

35    FRANCESCO Ti ringrazio di un affetto così pieno di misericordia: invero, che aiuto

mi può ancora venire dagli uomini?

AGOSTINO Nessuno, ma quello di Dio è grandissimo. Può essere continente14 solo

colui al quale Iddio l’ha concesso: occorre perciò chiedere a Lui, soprattutto con

umiltà e con abbondanti lacrime, questo dono. Di solito Egli non rifiuta ciò che

40    Gli si chiede nel modo giusto.

FRANCESCO L’ho fatto tanto spesso che ho paura di averlo infastidito.

AGOSTINO Non l’hai chiesto con sufficiente umiltà, con sufficiente modestia. Hai

sempre lasciato un piccolo spazio ai desideri futuri, hai sempre fissato un termine

lontano alle tue preghiere. È successo anche a me.15 Dicevo: «Concedimi d’essere

45    casto, ma non farlo subito, rimandalo ancora un poco. Fra non molto sarà

il momento giusto: l’età ancora verde segua il suo cammino, obbedisca alle sue

leggi. Sarebbe peggio tornare alle pratiche giovanili, e perciò sarà opportuno

abbandonare ogni lussuria quando il passare del tempo mi avrà reso meno adatto

a queste cose, e quando la sazietà dei piaceri avrà eliminato la paura di tornare

50    indietro». Non capisci che dicendo così vuoi altre cose, chiedi altre cose?16

FRANCESCO Come?

AGOSTINO Perché chi chiede per il domani, non vuole per l’oggi.

FRANCESCO Ho chiesto spesso, piangendo, per il presente, e insieme ho sperato di

ritrovarmi salvo, rotti i lacci dei desideri e vinte le miserie della vita, come se

55    scampassi a nuoto in un porto riparato da tante tempeste17 di inutili affanni.

Ma tu sai quante volte ho poi fatto naufragio sugli stessi scogli, e quante volte

ancora lo farei se fossi abbandonato a me stesso.

AGOSTINO Credimi, alla tua preghiera mancò sempre qualcosa, altrimenti il supremo

Benefattore l’avrebbe accolta, o, come fece con l’apostolo Paolo,18 l’avrebbe

60    respinta affinché tu perfezionassi la virtù attraverso l’esperienza della tua debolezza.

FRANCESCO Penso che sia così, e pregherò tuttavia assiduamente e non mi stancherò,

né dispererò che l’Onnipotente impietosito dei miei travagli porga l’orecchio

alle mie preghiere quotidiane e renda giuste Egli stesso quelle che avrebbe

esaudito, se giuste fossero state.

65    AGOSTINO Saggiamente. Ma aiutati da solo, e appoggiato sul gomito, come fanno quelli

che sono caduti, guarda tutt’intorno i mali che ti assalgono per evitare che le membra

prostrate non reggano l’urto improvviso di un qualsiasi peso, e intanto non

smettere di implorare aiuto da chi è in grado di dartelo. Egli ti sarà vicino, forse

proprio quando lo credi lontano. Ma abbi sempre e unicamente presente che non

70    devi trascurare la massima di Platone già ricordata: non c’è niente che impedisca la

conoscenza della divinità più degli appetiti carnali19 e dell’ardore della libidine.20

Medita continuamente dentro di te su questa dottrina. Ecco il nocciolo del mio

consiglio.

 >> pagina 362

Dentro il TESTO

I contenuti tematici

Petrarca ammira molto la figura di sant’Agostino, forse perché nella sua vicenda biografica – prima una vita mondana, poi la conversione religiosa – crede di riconoscere una parabola esistenziale per alcuni versi simile alla propria. L’autore delle Confessioni, protagonista di un’analoga esperienza di dolore e smarrimento, è infine uscito vittorioso dal difficile confronto con il peccato; il poeta, invece, pur riconoscendo la realtà della distruttiva passione carnale nella quale è precipitato, sente di ricadere costantemente nelle vecchie miserie (r. 29) e di essere incapace di evitare di fare naufragio sugli stessi scogli (r. 56).

In virtù del profilo insieme spirituale e letterario, Agostino rappresenta l’interlocutore ideale in grado di far emergere nell’animo e nella coscienza di Petrarca tutti i nodi problematici e le questioni non risolte. Egli diventa, agli occhi del poeta, una sorta di autorevole alter ego: ma il suo monito a liberarsi dagli appetiti carnali (r. 71) può indurre Francesco a una più serrata autocritica, ma non a rinunciare del tutto alle passioni vitali che nutrono e al tempo stesso complicano la sua esistenza terrena. Ponendosi a confronto con lui, Francesco individua la strada da percorrere per il proprio miglioramento morale, pur continuando a percepire tutta la difficoltà del cammino.

Le scelte stilistiche

Lo stile adottato nel brano è quello dei dialoghi classici, come quelli di Platone o di alcune opere di Cicerone, in cui il confronto serrato tra un maestro e un discepolo (cioè tra un interlocutore autorevole e uno più dubbioso o comunque desideroso di apprendere) serve a enucleare i termini fondamentali della ricerca della verità. In rispondenza a tale struttura classica, lo stile è piuttosto alto e sostenuto, anche in virtù del ricorso a numerose figure retoriche.

Verso le COMPETENZE

COMPRENDERE

1 Che cosa suggerisce Agostino a Francesco?


2 Perché la castità appare una virtù così importante? Ritrova nel testo le riflessioni di Agostino sulla questione e spiega qual è il nodo centrale da lui indicato.

ANALIZZARE

3 Individua almeno 10 parole indicative dello stile alto del brano.


4 Quali analogie e quali differenze noti nel modo di esprimersi di Agostino e in quello di Petrarca? Elenca almeno 2 analogie e 2 differenze.


5 Alle rr. 56-57 l’autore ricorre a una metafora: individuala e spiega quale effetto crea nel testo.

SVILUPPARE IL LESSICO

6 Nel passo che hai letto, l’argomentazione filosofico-morale è accompagnata da un lessico ugualmente elevato. Ti diamo una serie di termini usati nel testo: scrivi per ciascuno un sinonimo di registro medio e individua tra di essi i latinismi.


dottrina

 

eradere

 

alacre

 

volgo

 

continente

 

travaglio

 

prostrare

 

libidine

 

INTERPRETARE

7 Agostino viene rappresentato come il maestro, Petrarca come il discepolo: in che modo e con quali espressioni si manifesta questo rapporto nel brano?

SCRIVERE PER...

ARGOMENTARE

8 Il testo sviluppa anche una riflessione sulle regole e le trasgressioni. Come vivi le regole che ti sono imposte dagli adulti con i quali hai a che fare? Scrivi un dialogo su questo argomento (un testo di circa 30 righe), che abbia come interlocutori te e un adulto.

Classe di letteratura - volume 1
Classe di letteratura - volume 1
Dalle origini al Cinquecento