T14 - Caratteristiche del «volgare illustre»

T14

Caratteristiche del «volgare illustre»

De vulgari eloquentia, I, 17-18

Dopo avere svolto nei primi dieci capitoli del primo libro del trattato una storia del linguaggio umano da Adamo ai suoi tempi, Dante analizza, nei capitoli 11-15, le quattordici varietà dialettali italiane (ne considera sette sul versante orientale e altrettante su quello occidentale degli Appennini), senza ravvisare in alcuna di queste le caratteristiche del suo ideale «volgare illustre». Tale idioma viene definito, nel capitolo 16, una «pantera», cioè un essere misterioso, la cui presenza viene avvertita, ma che non si riesce a catturare. Nei due capitoli successivi, che qui presentiamo in traduzione, l’autore precisa le qualità che questo «volgare illustre» deve possedere.

17. Dobbiamo ora esporre perché definiamo il volgare da noi trovato con l’aggiunta 

di «illustre, cardinale, regale, curiale»: renderemo con ciò più chiaro ed evidente 

che cos’è questo volgare.

Spieghiamo dunque anzitutto che cosa intendiamo con l’aggiunta di «illustre» 

5      e per quale ragione usiamo il termine «illustre». Con questo termine intendiamo 

qualcosa che illumina e che, una volta illuminato, risplende. In questo senso 

definiamo illustri certi uomini; essi infatti o ricevono luce dal potere e illuminano 

gli altri con la giustizia e la carità, o hanno ricevuto una dottrina eccelsa e 

impartiscono un’eccelsa dottrina: così fecero Seneca1 e Numa Pompilio.2 Ora, il volgare 

10    di cui parliamo è reso sublime dalla dottrina e dal potere e rende  sublimi i suoi 

cultori con l’onore e la gloria.

Che sia reso sublime dalla dottrina, è evidente: infatti da tanti rozzi vocaboli 

degli italiani, da tanti costrutti intricati, da tante forme errate, da tanti accenti 

campagnoli noi vediamo scaturire un volgare così eccellente, così sciolto, così perfetto, 

15    così urbano3 come quello che ci mostrano le canzoni di Cino da Pistoia e del suo 

amico.4

Che poi esista un potere che lo eleva, si vede chiaramente. Qual maggiore potere 

infatti della possibilità di cambiare il cuore umano e di far volere chi non vuole 

e disvolere chi vuole, come ha fatto e fa questo volgare?5

20    Che esso poi renda sublimi conferendo onore, è palese. Forse che i suoi ministri 

non vincono per fama qualsiasi re, marchese, conte o signore? Non c’è proprio 

bisogno di dimostrarlo. Noi stessi del resto sappiamo quanto esso renda gloriosi i suoi 

amici, perché la dolcezza di questa gloria ci spinge a dimenticare il nostro esilio.6

Pertanto dobbiamo a buon diritto dichiararlo «illustre».

25    18. Non è senza ragione che onoriamo questo volgare con l’aggiunta del secondo 

aggettivo,7 cioè chiamandolo «cardinale». Infatti, come l’intero uscio segue il 

cardine e gira esso stesso muovendosi in dentro o in fuori nel senso in cui gira 

il cardine, così l’intero gregge dei volgari municipali si gira e si rigira, si muove 

e si ferma secondo quanto fa questo volgare che appare come il vero padrone di 

30    casa. Forse che non estirpa ogni giorno dalla selva italiana8 i cespugli spinosi? 

Forse che ogni giorno non innesta germogli e trapianta pianticelle? Di che si occupano 

i suoi contadini,9 se non, come si è detto, di togliere e mettere piante? Merita 

quindi davvero l’onore di un nome così alto.

La ragione per cui lo definiamo «aulico» sta nel fatto che, se noi italiani avessimo 

35    una reggia, esso sarebbe la lingua di palazzo. Infatti, se la reggia rappresenta 

la casa comune di tutto il regno e l’augusta10 governante di tutte le sue parti, è 

conveniente che vi si trovi e abiti tutto ciò che risulta tale da essere comune a tutti, 

senza essere proprio di nessuno: non vi è anzi dimora più degna di un abitante 

così nobile. E questo sembra appunto il caso del volgare di cui parliamo. Da questo 

40    fatto deriva che tutti coloro che si trovano nelle regge si esprimono sempre in 

un volgare illustre, e, come ulteriore conseguenza, che il nostro volgare illustre, 

mancando la reggia, va peregrinando come straniero e trova ospitalità in umili 

ricoveri.

È giusto chiamarlo anche «curiale». La curialità infatti non è altro che la norma 

45    e misura di ciò che si deve fare: e poiché la bilancia per tale misura suole esistere 

soltanto nelle eccellentissime «curie»,11 ne deriva che tutto ciò che nei nostri atti 

è ben misurato viene chiamato curiale. Ora, questo volgare riceve la sua misura 

nell’eccellentissima curia degli italiani e merita pertanto il nome di curiale.

Parlare tuttavia di misure effettuate nella curia degli italiani pare uno scherzo, 

50    perché non abbiamo curia. Ma a questo si risponde facilmente: infatti, benché in 

Italia non esista una curia, intesa nella sua unità (come la curia del re di Germania), 

non mancano tuttavia le membra che la sostituiscono; e come le membra 

della curia di Germania ricevono unità da un unico principe, così le membra della 

nostra sono unite dal lume di grazia della ragione.12 Sarebbe pertanto falso dire 

55    che gli italiani mancano di una curia, benché siano privi di un principe: abbiamo 

infatti una curia, anche se fisicamente dispersa.

 >> pagina 280 

DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

«Chiamiamo con gli attributi di illustre, cardinale, aulico e curiale questo volgare che abbiamo trovato» (De vulgari eloquentia, I, 16, 6). Nel passo che abbiamo riportato Dante dà la definizione argomentata del volgare illustre (cioè che illumina i volgari inferiori), cardinale (cioè che guida i volgari di livello inferiore come il cardine guida il movimento della porta), aulico (cioè proprio del palazzo dell’imperatore) e curiale (cioè proprio dell’insieme di persone e funzioni che incarnano il governo intorno all’imperatore). Si parla, insomma, di un codice adatto all’uso letterario alto, a quelli che nella retorica classica e medievale erano considerati i generi nobili.

 >> pagina 281

Le scelte stilistiche

Dante sta parlando, paradossalmente, non di qualcosa che esiste, ma di qualcosa che vorrebbe che esistesse: una lingua comune per gli italiani colti. Per delinearne le caratteristiche in modo comprensibile ai suoi lettori si serve di alcune metafore particolarmente espressive, come quella del gregge, per indicare l’insieme dei volgari municipali: un gregge che si gira e si rigira, si muove e si ferma secondo quanto fa questo volgare che appare come il vero padrone di casa (rr. 28-30).

Subito dopo l’autore introduce un’altra metafora, sempre in riferimento al coacervo di parlate locali che caratterizza l’Italia del suo tempo: una selva piena di cespugli spinosi (r. 30). Più avanti l’immagine della bilancia (r. 45) indica la norma e misura di ciò che si deve fare (rr. 44-45), cioè la curialità, altra caratteristica del suo volgare illustre.

VERSO LE COMPETENZE

COMPRENDERE

1 Riassumi brevemente il contenuto del brano.


2 Se noi italiani avessimo una reggia (rr. 34-35): in che senso gli italiani ai tempi di Dante non avevano una reggia?


3 Che cosa intende l’autore con il vocabolo curialità (r. 44)?

ANALIZZARE

4 Come l’intero uscio segue il cardine e gira esso stesso muovendosi in dentro o in fuori nel senso in cui gira il cardine, così l’intero gregge dei volgari municipali si gira e si rigira (rr. 26-28). Sulla base di quale figura retorica è costruito questo periodo?

INTERPRETARE

5 Perché Dante definisce la curia italiana fisicamente dispersa (r. 56)?

scrivere per...

argomentare

6 Ritieni che oggi gli italiani abbiano raggiunto l’obiettivo indicato da Dante, cioè il possesso di una lingua comune? Spiegalo con un testo argomentativo di circa 30 righe.

La confusione delle lingue

Secondo quanto è raccontato nella Genesi, gli uomini decisero di costruire una torre la cui cima toccasse il cielo, e così Dio, offeso da tanta arroganza, mise fine al loro progetto confondendo le lingue. Nel famoso dipinto di Pieter Bruegel il Vecchio, La torre di Babele (1563), nella sua architettura favolosa e gigantesca, richiama il Colosseo, che il pittore aveva visto nel corso di un viaggio a Roma: simile a una montagna, soprattutto in confronto alla città ai suoi piedi, si erge a spirale fino a oltrepassare le nuvole, e brulica di minuscoli operai, come un cantiere in continua costruzione, architettura impossibile che mai potrà essere finita.

Classe di letteratura - volume 1
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Dalle origini al Cinquecento