Convivio

Convivio

Fra il 1303 e il 1304-1307 Dante scrive due trattati, lasciando entrambi incompiuti nel momento in cui comincia a dedicarsi alla composizione della Divina Commedia: il primo in volgare (Convivio), il secondo in latino sulla lingua volgare (De vulgari eloquentia).

Enciclopedismo e amore del sapere Il Convivio è un’opera enciclopedica e dottrinale che, secondo il progetto dell’autore, doveva comprendere 15 trattati (cioè capitoli tematici), il primo di introduzione agli altri, destinati a commentare 14 canzoni. L’opera però non viene condotta a termine, rimanendo interrotta al quarto trattato. In un certo senso, si tratta di un ampliamento della modalità compositiva già precedentemente sperimentata nella Vita nuova, dove Dante aveva inserito testi lirici introdotti e commentati da brani in prosa, in una struttura divisa in capitoli.

Nel Convivio, però, muta radicalmente la motivazione dell’opera: mentre nella Vita nuova l’intento dell’autore era quello di celebrare Beatrice, qui si tratta di celebrare la conoscenza. Già il titolo, infatti, allude a un banchetto di sapienti ai piedi del quale Dante si colloca per appropriarsi delle briciole del loro sapere e renderle, attraverso la sua opera, fruibili a un maggior numero di lettori colti e meno colti, comunque amanti della conoscenza.

Struttura e contenuti Nel primo trattato, introduttivo, l’autore dichiara lo scopo dell’opera: fornire le basi della conoscenza a tutti coloro ai quali siano stati impediti gli studi da occupazioni civili e familiari ( T12, p. 273). Proprio con tale motivazione l’autore giustifica la scelta di scrivere in volgare, esaltando le possibilità espressive della nuova lingua. L’opera si propone dunque un compito educativo e formativo nei confronti di quella classe dirigente ideale che Dante immagina per la città della sua epoca.

I successivi tre trattati sono contraddistinti da una lettura allegorica dei testi lirici presentati. Tale modalità di lettura e interpretazione è precisamente teorizzata nel secondo trattato, dove, a partire dalla canzone Voi che ’ntendendo il terzo ciel movete, si parla della struttura dell’universo, dei cieli, delle gerarchie angeliche, dell’immortalità dell’anima e si tratta, tra l’altro, dei diversi modi (o «sensi») con cui si possono interpretare le Sacre Scritture. Dante analizza inoltre il passaggio dall’amore per Beatrice all’amore per la filosofia, simboleggiata dalla figura della «donna gentile», già presente nella Vita nuova, dove appariva al poeta dopo la morte dell’amata.

Nel terzo trattato, introdotto dalla canzone Amor che ne la mente mi ragiona, si trova una sorta di inno alla sapienza, vista come la massima aspirazione dell’uomo. Nell’appagamento del desiderio di conoscenza l’essere umano trova infatti una porzione della beatitudine riservata a Dio e agli angeli, nonché un anticipo, già sulla Terra, di quella che sarà la felicità del Paradiso.

Infine, nel quarto trattato, si affronta, nel commento alla canzone Le dolci rime d’amor ch’i’ solia, una problematica di grande attualità all’epoca di Dante, già sollevata da Guido Guinizzelli e trattata nello Stilnovo: la vera natura della nobiltà, che per lo scrittore è legata alle qualità intellettuali e morali, e che può esistere anche in assenza di nobili natali. Sempre nel quarto trattato è presente una lunga digressione sulla necessità dell’impero universale al fine di garantire all’umanità ordine e pace duraturi, argomento poi sviluppato più ampiamente in un’opera successiva, il De monarchia.

Filosofia e poesia Accanto alla finalità divulgativa del trattato, scopo di Dante, nel Convivio, è anche quello di difendere sé stesso dalle accuse infamanti seguite alla condanna e all’esilio ( T13, p. 276). Di qui la scelta di una materia di alto impegno filosofico, che mira a smentire i nemici di Dante, il quale vuole dimostrare, attraverso quest’opera, il proprio valore e quanto ingiustamente i fiorentini lo abbiano condannato.

Ha scritto il filologo Michele Barbi: «Opere più dotte se ne hanno in gran numero nel Medioevo, ma non opere in cui vibri tanto sentimento e riluca un così alto ideale umano. Accanto quindi alle parti puramente dottrinali, anch’esse notevoli per chiarezza e vigore di trattazione, si hanno pagine vive, calde, colorite; e non occorre ricordare le pagine in cui si discorre dell’esilio, quelle in difesa del volgare, e quelle in cui vien rappresentata la nobiltà della vita umana nelle sue varie età».

Il Convivio, del resto, si distingue dalle affini opere enciclopediche medievali per il fatto che qui il «banchetto di sapienza» è imbandito da un poeta. Il sapere, in quest’opera, è investito dalla fantasia e dal sentimento di Dante, che è, appunto, prima di tutto un poeta. Così, l’indagine dottrinale si fonde continuamente con l’indagine del cuore umano e con l’estro dell’immaginazione letteraria. E infatti non poche immagini e considerazioni passeranno in seguito dal Convivio alla Divina Commedia.

 >> pagina 273

T12

Il naturale desiderio di conoscere

Convivio, I, 1, 1-7

Nel brano introduttivo del Convivio Dante definisce la cultura come naturale desiderio dell’essere umano e si propone di avvicinare a essa chi, non avendo avuto la possibilità di farlo in precedenza, ora ne senta il bisogno.

1. Sì come dice lo Filosofo1 nel principio della Prima Filosofia, tutti li uomini 

naturalmente desiderano di sapere. La ragione di che puote essere ed è che ciascuna 

cosa, da providenza di propria natura impinta, è inclinabile alla sua propria perfezione;2 

onde, acciò che la scienza è ultima perfezione della nostra anima, nella quale 

5      sta la nostra ultima felicitade, tutti naturalmente al suo desiderio semo subietti.3

2. Veramente da questa nobilissima perfezione molti sono privati per diverse cagioni, 

che dentro all’uomo e di fuori da esso4 lui rimovono dall’abito5 di scienza. Dentro 

dall’uomo possono essere due difetti e impedimenti: l’uno dalla parte del corpo, l’altro 

dalla parte dell’anima. Dalla parte del corpo è quando le parti sono indebitamente6 

10    disposte, sì che nulla ricevere può, sì come sono sordi e muti e loro simili. Dalla 

parte dell’anima è quando la malizia vince in essa, sì che si fa seguitatrice di viziose 

dilettazioni,7 nelle quali riceve tanto inganno che per quelle ogni cosa tiene a vile.8

3. Di fuori dall’uomo possono essere similemente due cagioni intese, l’una delle 

quali è induttrice di necessitade,9 l’altra di pigrizia. La prima è la cura familiare 

15    e civile, la quale convenevolemente a sé tiene delli uomini lo maggior numero, sì 

che in ozio di speculazione10 essere non possono. L’altra è lo difetto del luogo dove

la persona è nata e nutrita, che tal ora sarà da ogni studio non solamente privato, 

ma da gente studiosa lontano.

4. Le due di queste cagioni, cioè la prima dalla parte di dentro e la prima dalla parte 

20    di fuori,11 non sono da vituperare, ma da escusare e di perdono degne; le due altre,12 

avegna che l’una più,13 sono degne di biasimo e d’abominazione.14

5. Manifestamente adunque può vedere chi bene considera, che pochi rimangono 

quelli che all’abito da tutti desiderato15 possano pervenire, e innumerabili quasi 

sono li ’mpediti che di questo cibo sempre vivono affamati. Oh beati quelli pochi 

25    che seggiono a quella mensa dove lo pane delli angeli si manuca!16 e miseri quelli 

che colle pecore hanno comune cibo!

6. Ma però che17 ciascuno uomo a ciascuno uomo naturalmente è amico, e ciascuno 

amico si duole del difetto di colui ch’elli ama, coloro che a così alta mensa 

sono cibati non sanza misericordia sono inver di18 quelli che in bestiale pastura 

30    veggiono erba e ghiande sen gire19 mangiando. E acciò che misericordia è 

madre di  beneficio,20 sempre liberalmente21 coloro che sanno porgono della loro 

buona ricchezza alli veri poveri, e sono quasi fonte vivo, della cui acqua si refrigera 

la naturale sete che di sopra è nominata. E io adunque, che non seggio alla 

beata mensa, ma, fuggito de la pastura del vulgo,22 a’ piedi di coloro che seggiono 

35    ricolgo di quello che da loro cade, e conosco la misera vita di quelli che dietro 

m’ho lasciati, per la dolcezza ch’io sento in quello che a poco a poco ricolgo, 

misericordievolemente mosso, non me dimenticando,23 per li miseri alcuna cosa 

ho riservata, la quale alli occhi loro, già è più tempo, ho dimostrata;24 e in ciò li 

ho fatti maggiormente vogliosi. Per che ora volendo loro apparecchiare, intendo

40    fare un generale convivio di ciò ch’i’ ho loro mostrato, e di quello pane ch’è mestiere25 

a così fatta vivanda, sanza lo quale da loro non potrebbe essere mangiata. 

Ed ha questo convivio di quello pane degno, con tale vivanda qual io intendo 

indarno non essere ministrata.26

7. E però27 ad esso non s’assetti alcuno male de’ suoi organi disposto, però che né 

45    denti né lingua ha né palato; né alcuno assettatore28 de’ vizii, perché lo stomaco 

suo è pieno d’omori venenosi contrarii,29 sì che mai vivanda non terrebbe. Ma 

vegna qua qualunque è per cura familiare o civile nella umana fame rimaso, e ad 

una30 mensa colli altri simili impediti s’assetti; e alli loro piedi si pongano tutti 

quelli che per pigrizia si sono stati, ché non sono degni di più alto sedere: e quelli 

50    e questi prendano la mia vivanda col pane che la farà loro e gustare e patire.31

 >> pagina 275

DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

Le ragioni dell’ignoranza possono essere molteplici: un impedimento fisico, la dedizione ai vizi, le occupazioni familiari e civili, la pigrizia. Dante afferma che questi ostacoli possono essere rimossi, purché vi sia la volontà di farlo. Sta solo a noi decidere di accostarci alla conoscenza, la sola esperienza che renda la nostra vita pienamente umana. L’autore si rivolge a chi non per colpa propria sia rimasto lontano dalla scienza, per aiutarlo ad accedervi.

Le scelte stilistiche

Coerentemente con la metafora che dà il titolo all’opera, quella del banchetto, la cultura è indicata come un cibo, il pane delli angeli (r. 25), mentre gli incolti colle pecore hanno comune cibo (r. 26). I sapienti, a loro volta, sono quasi fonte vivo (r. 32) dell’acqua della cultura e del sapere per coloro che ne sono privi. Inoltre, l’autore afferma di raccogliere le briciole di sapere che cadono dalla mensa dei dotti, per porgerle, oltre che a sé stesso, a coloro che ne abbiano desiderio. La vivanda (r. 41) sono le pietanze, cioè le canzoni dottrinali, mentre il pane (r. 42) è l’accompagnamento che le rende commestibili e digeribili, cioè le prose di spiegazione e chiarificazione di quei versi che potrebbero rimanere “indigesti”, oscuri. Per gustare e assimilare il cibo della scienza, infine, servono denti, lingua e palato sani: detto altrimenti, bisogna possedere la giusta disposizione intellettuale e morale, senza la quale nessun concetto e nessuna nozione potrebbero essere trattenuti.

VERSO LE COMPETENZE

COMPRENDERE

1 Chi sono coloro che in bestiale pastura vanno mangiando erba e ghiande (rr. 29-30)?


2 Che cos’è la naturale sete che di sopra è nominata (r. 33)?

ANALIZZARE

3 Quale figura retorica costituisce l’espressione non sanza misericordia (r. 29)?


4 Alle rr. 33-35 Dante afferma di non essere un dotto. In realtà Dante è uomo di profonda cultura e sa di esserlo. Perché dunque afferma il contrario? Sapresti dire di quale strategia retorica si tratta?

interpretare

5 Perché, secondo te, per la metafora della conoscenza Dante usa l’immagine del pane?

scrivere per...

confrontare

6 Il cibo è una grande metafora culturale: rintraccia qualche esempio di testi creativi (racconti, romanzi, film ecc.) in cui esso è usato con tale funzione. Riassumili e commentali, evidenziando analogie e differenze rispetto a Dante.

Educazione CIVICA – Spunti di realtà

OBIETTIVO
4 ISTRUZIONE DI QUALITÀ


Dante si rivolge a coloro che non hanno potuto dedicarsi agli studi, affinché raggiungano la ricchezza del sapere e una solida preparazione culturale, essenziale nella vita civile. L’obiettivo 4 dell’Agenda 2030 si propone di «fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti»: una condizione imprescindibile «per migliorare la vita delle persone e raggiungere lo sviluppo sostenibile».


• Ritieni anche tu che la conoscenza rappresenti un elemento essenziale per raggiungere la felicità e migliorare la propria condizione? Discuti questo tema in un testo argomentativo.

Classe di letteratura - volume 1
Classe di letteratura - volume 1
Dalle origini al Cinquecento