T5 - Donne ch’avete intelletto d’amore

T5

Donne ch’avete intelletto d’amore

Vita Nuova, 19

Questo capitolo segna un ulteriore sviluppo della Vita nuova, inglobando un testo in versi, Donne ch’avete intelletto d’amore, che è la prima canzone dell’opera e anche il primo componimento di lode a Beatrice. Riportiamo la prima parte, in prosa, e la canzone.

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Audiolettura

Avvenne poi che passando per uno cammino1 lungo lo quale sen gia2 uno rivo chiaro molto,

a me giunse tanta volontade di dire, che io cominciai a pensare lo modo ch’io tenesse;3 

e pensai che parlare di lei non si convenia che io facesse, se io non parlasse a donne in 

seconda persona, e non ad ogni donna, ma solamente a coloro che sono gentili e che non 

5      sono pure femmine.4 Allora dico che la mia lingua parlò quasi come per se stessa mossa, e 

disse: Donne ch’avete intelletto d’amore. Queste parole io ripuosi ne la mente con grande 

letizia, pensando di prenderle per mio cominciamento;5 onde poi, ritornato a la sopradetta 

cittade, pensando alquanti die, cominciai una canzone con questo cominciamento, ordinata 

nel modo che si vedrà di sotto ne la sua divisione. La canzone comincia:

Donne ch’avete intelletto d’amore,

i’ vo’ con voi de la mia donna dire,

non perch’io creda sua laude finire,

ma ragionar6 per isfogar la mente.

5      Io dico che pensando il suo valore,

Amor sì dolce mi si fa sentire,

che s’io allora non perdessi ardire,

farei parlando innamorar la gente.

E io non vo’ parlar sì altamente,7

10    ch’io divenisse per temenza8 vile;

ma tratterò del suo stato gentile

a respetto di lei leggeramente,

donne e donzelle amorose,9 con vui,

ché non è cosa da parlarne altrui.

15    Angelo clama in divino intelletto10

e dice: «Sire, nel mondo si vede

maraviglia ne l’atto che procede

d’un’anima che ’nfin qua su risplende».

Lo cielo, che non have altro difetto

20    che d’aver lei, al suo segnor la chiede,

e ciascun santo ne grida merzede.

Sola Pietà nostra parte difende,

ché parla Dio, che di madonna intende:

« Diletti miei, or sofferite in pace

25    che vostra spene11 sia quanto me piace

là ’v’è alcun che perder lei s’attende,12

e che dirà ne lo inferno: “O mal nati,

io vidi la speranza de’ beati”».

Madonna è disiata in sommo cielo:

30    or voi di sua virtù13 farvi savere.

Dico, qual vuol gentil donna parere

vada con lei, che quando va per via,

gitta nei cor villani Amore un gelo,

per che onne lor pensero agghiaccia e pere;

35    e qual soffrisse di starla a vedere

diverria nobil cosa, o si morria.

E quando trova alcun che degno sia

di veder lei, quei prova sua vertute,

ché li avvien, ciò che li dona, in salute,

40    e sì l’umilia, ch’ogni offesa oblia.

Ancor l’ha Dio per maggior grazia dato

che non pò mal finir14 chi l’ha parlato.

Dice di lei Amor: «Cosa mortale

come esser pò sì adorna e sì pura?».

45    Poi la reguarda, e fra se stesso giura

che Dio ne ’ntenda di far cosa nova.

Color di perle ha quasi, in forma quale

convene a donna aver, non for misura:15

ella è quanto de ben pò far natura;

50    per essemplo di lei bieltà si prova.

De li occhi suoi, come ch’ella li mova,

escono spirti d’amore inflammati,

che feron li occhi a qual che allor la guati,

e passan sì che ’l cor ciascun retrova:

55    voi le vedete Amor pinto nel viso,

là ’ve non pote alcun mirarla fiso.16

Canzone, io so che tu girai parlando

a donne assai, quand’io t’avrò avanzata.

Or t’ammonisco, perch’io t’ho allevata

60    per figliuola d’Amor giovane e piana,

che là ’ve giugni tu diche pregando:

«Insegnatemi gir, ch’io son mandata

a quella di cui laude so’ adornata».

E se non vuoli andar sì come vana,

65    non restare ove sia gente villana:

ingegnati, se puoi, d’esser palese

solo con donne o con omo cortese,

che ti merranno là per via tostana.17

Tu troverai Amor con esso lei;

70    raccomandami a lui come tu dei.

 >> pagina 254 

DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

La decisione di Dante di comporre versi in lode di Beatrice detta il tema di questo capitolo e della canzone in esso presentata. Nella prima strofa, con funzione introduttiva, l’autore individua l’uditorio (le donne capaci di comprendere l’amore), stabilisce l’argomento del testo (le lodi di Beatrice) e dichiara, in base a una convenzione retorica piuttosto comune, la propria inadeguatezza di fronte a un argomento così elevato. Nelle tre strofe centrali, Dante sviluppa l’argomento, focalizzando l’attenzione sul cielo che sente la mancanza di Beatrice (strofa 2), sulle qualità della sua anima e sugli effetti prodigiosi della sua presenza (strofa 3), nonché sul suo aspetto fisico e sulle dinamiche da esso messe in moto (strofa 4). Infine nel congedo (strofa 5) il poeta apostrofa il componimento esprimendo il desiderio che esso trovi il proprio pubblico d’elezione.

È stato notato dai critici che sino al capitolo 18 della Vita nuova Dante subisce l’influsso di Guido Cavalcanti e delle sue “rime dolorose”. Invece dal capitolo 19 i motivi cavalcantiani, per esempio l’amore come sofferenza e irrazionalità, vengono pressoché abbandonati. Già nel primo verso di Donne ch’avete intelletto d’amore Dante stabilisce un nesso forte tra amore e intelletto (termini che in Cavalcanti erano invece antitetici), sottolineando il carattere razionale e intellettuale dell’esperienza amorosa. L’amore non è più passione cieca e distruttiva, ma esperienza positivamente costruttiva sul piano etico e conoscitivo.

Le scelte stilistiche

La lode dell’amata non era certo un tema nuovo, essendo già ampiamente presente nella poesia precedente (provenzale, siciliana, siculo-toscana, stilnovistica), ma qui è nuovo il modo con cui Dante lo organizza in un testo abilmente costruito. Al soggettivismo della poesia precedente si sostituisce una dimensione corale della lode: ne è spia, sul piano formale, la frequenza dei pronomi indefiniti (qual, vv. 31, 35, 53; alcun, vv. 26, 37, 56; chi, v. 42), a indicare coloro che, realmente o ipoteticamente, si trovano a interagire con Beatrice. La lode della donna è pronunciata non soltanto dall’io poetico (molto presente nella stanza introduttiva, meno in quelle successive), ma anche dall’angelo, dai santi, da Dio e da Amore.

Donne ch’avete intelletto d’amore è una canzone a cui Dante era molto legato e alla quale attribuiva grande rilevanza. Lo testimonia un’importante autocitazione contenuta nella Divina Commedia: in Purgatorio, XXIV il poeta fa pronunciare l’incipit di questo testo a Bonagiunta Orbicciani (il poeta lucchese della generazione precedente a quella di Dante) per esemplificare le «nove rime» della stagione stilnovistica. Ciò vuol dire che Dante (e forse anche i suoi contemporanei) giudicava questo testo come uno dei più significativi, un punto di svolta nel suo lavoro e, più in generale, nella stessa poesia italiana. La lingua del poeta descritta nella prosa introduttiva quasi come per se stessa mossa (r. 5) ricorda proprio i versi dell’incontro oltremondano con Bonagiunta (la celebre definizione della poetica dello Stilnovo): «I’ mi son un che, quando / Amor mi spira, noto, e a quel modo / ch’e’ ditta dentro vo significando» (vv. 52-54). La lingua che si muove da sola è in realtà mossa da Amore.
 >> pagina 255

VERSO LE COMPETENZE

COMPRENDERE

1 Nella parte in prosa Dante spiega a quale pubblico è indirizzata la successiva canzone. A quale categoria di donne si rivolge? Quali caratteristiche devono possedere per accostarsi alla sua poesia?


2 Che cosa chiedono angeli e santi a Dio? perché?


3 Quali effetti opera Beatrice su chi la incontra?

ANALIZZARE

4 Donne ch’avete intelletto d’amore è una canzone composta di quattro stanze di 14 versi più un commiato identico alle stanze. Di che versi si tratta?


5 Indica lo schema metrico delle stanze.


6 Controlla la presenza di iperbati ed enjambement nella canzone: che cosa noti?

interpretare

7 Nell’analisi del testo si è detto che a questo punto della Vita nuova Dante ha superato la lezione di Cavalcanti. Nella canzone c'è però un riferimento alla teoria amorosa cavalcantiana. Sai individuarlo e spiegare in che cosa consiste questo nesso?


8 Perché Dante afferma a proposito di Beatrice che qual soffrisse di starla a vedere / diverria nobil cosa, o si morria (vv. 35-36)?

T6

Tanto gentile e tanto onesta pare

Vita nuova, 26

Del capitolo 26 riportiamo la prima parte e il primo sonetto, Tanto gentile e tanto onesta pare, uno dei componimenti più celebri della letteratura italiana, che nella struttura della Vita nuova segna il culmine della poetica della lode a Beatrice.

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Audiolettura

Questa gentilissima donna, di cui ragionato è1 ne le precedenti parole, venne in tanta 

grazia de le genti,2 che quando passava per via, le persone correano per vedere lei; 

onde mirabile letizia me ne giungea. E quando ella fosse presso d’alcuno, tanta onestade 

giungea nel cuore di quello, che non  ardia3 di levare li occhi, né di rispondere 

5      a lo suo saluto; e di questo molti, sì come esperti,4 mi5 potrebbero testimoniare a chi 

non lo credesse. Ella coronata e vestita d’umilitade s’andava, nulla gloria6 mostrando 

di ciò ch’ella vedea e udia. Diceano molti, poi che passata era: «Questa non è femmina,7 

anzi è uno de li bellissimi angeli del cielo». E altri diceano: «Questa è una 

maraviglia; che benedetto sia lo Segnore, che sì mirabilemente sae adoperare».8 Io 

10    dico ch’ella si mostrava sì gentile e sì piena di tutti li piaceri,9 che quelli che la miravano

comprendeano10 in loro una dolcezza onesta e soave, tanto che ridicere11 non lo 

sapeano; né alcuno era lo quale potesse mirare lei, che nel principio nol convenisse 

sospirare.12 Queste e più mirabili cose da lei procedeano virtuosamente:13 onde io 

pensando a ciò, volendo ripigliare lo stilo de la sua loda, propuosi di dicere parole, 

15    ne le quali io dessi ad intendere de le sue mirabili ed eccellenti operazioni;14 acciò che 

non pur15 coloro che la poteano sensibilemente16 vedere, ma li altri sappiano di lei 

quello che le parole ne possono fare intendere. Allora dissi questo sonetto, lo quale 

comincia: Tanto gentile.

Tanto gentile e tanto onesta pare17

la donna mia quand’ella altrui18 saluta,

ch’ogne lingua deven tremando muta,19

4      e li occhi no l’ardiscon di guardare.20


Ella si va,21 sentendosi laudare,

benignamente d’umiltà vestuta;22

e par che sia una cosa23 venuta

8      da cielo in terra a miracol mostrare.


Mostrasi sì piacente24 a chi la mira,

che dà per25 li occhi una dolcezza al core,

11    che ’ntender no la può chi no la prova:


e par che de la sua labbia26 si mova

un spirito soave pien d’amore,

14    che va dicendo a l’anima: Sospira.

 >> pagina 256 

DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

Nel sonetto Dante descrive le operazioni (cioè gli effetti, r. 15) virtuose e mirabili di Bea­trice: il suo saluto paralizza gli astanti, che la giudicano un’apparizione soprannaturale, e al tempo stesso infonde una dolcezza ineffabile (che ’ntender no la può chi no la prova, v. 11). La fanciulla tuttavia non si inorgoglisce, mantenendo un atteggiamento di profonda umiltà. L’immagine che ne risulta è quella di una creatura angelica, tanto che il testo sembra quasi più vicino alla letteratura agiografica che non alla poesia d’amore. Il sentimento amoroso qui non ha più niente di concreto (si noti che è del tutto assente la descrizione fisica della donna): la sua dimensione terrena è superata in una visione celestiale non corrotta dalla corporeità o da riferimenti contingenti.

 >> pagina 257

La gioia della lode esalta l’apparire e l’incedere di Beatrice, per poi riconoscere nella dolcezza che essa suscita nei cuori un segno sicuro di redenzione: da qui la tensione corale delle rime e della prosa, il risolversi della poesia amorosa in un inno religioso che celebra la funzione salvifica della donna. Un nuovo modo di fare poesia coincide per Dante con un nuovo modo di essere: lo stile della lode evidenzia il fatto che il poeta è tutto assorto in un amore ormai soltanto spirituale.

Le scelte stilistiche

La tranquilla, serena compostezza della rappresentazione stempera le residue reminiscenze cavalcantiane in una scena improntata a equilibrio e assenza di concitazione drammatica. Ciò vale sia per il motivo degli occhi (v. 10), che infondono al cuore di chi contempla Beatrice non angoscia, bensì dolcezza, sia per quello del sospirare (v. 14): un sospiro deprivato di qualsivoglia connotazione dolorosa.

Prima di questo sonetto molti altri poeti avevano scritto versi di lode della nobiltà e delle virtù della donna prescelta. Qui però Dante compie un’operazione diversa: anziché descrivere semplicemente Beatrice e le sue qualità, le pone, per così dire, in atto, le mostra in azione. C’è dunque nel sonetto una componente teatrale, anche se dissimulata e molto poco drammatica. Come ha notato Gianfranco Contini, nonostante l’alto numero di forme verbali presenti nel sonetto (se ne contano ventidue), soltanto una (si va, v. 5) è costituita da un verbo di movimento, mentre quasi nessuna delle altre indica azioni vere e proprie.
La scena è dunque caratterizzata da una sostanziale staticità, configurandosi come una sorta di epifania, cioè una “manifestazione dall’alto”, di questa creatura angelica che è Beatrice, in un clima di religiosa fissità. Il sonetto è tutto incentrato su tale manifestazione. Il verbo chiave è mostrare, collocato alla fine della seconda quartina e subito ripreso in poliptoto all’inizio della prima terzina: Beatrice con la sua presenza rivela la grandezza divina. L’idea di un’epifania è anche nel pare su cui si chiude il primo verso nel significato di “appare evidentemente” (e non “sembra”, come significa par ai vv. 7 e 12).

VERSO LE COMPETENZE

COMPRENDERE

1 Fai la parafrasi del sonetto, ponendo attenzione al fatto che il testo è soltanto in apparenza di facile lettura, poiché diverse parole che ancora oggi utilizziamo qui hanno un significato diverso da quello attuale (a partire da gentile, onesta e pare del primo verso).


2 Quali sono, tra le seguenti, le caratteristiche di Beatrice menzionate in questo sonetto?

  • a Bellezza 
  • b Purezza 
  • c Onestà 
  • d Sensualità 
  • e Gentilezza 
  • f Nobiltà 
  • g Umiltà 
  • h Riservatezza

ANALIZZARE

3 Individua nel testo i verbi che rendono evidente l’“epifania” di Beatrice.


4 Indica lo schema metrico del componimento.


5 Quali sono gli effetti prodotti da Beatrice su coloro che la vedono?


6 Soffermati soprattutto sulla seconda quartina: l’apparizione di Beatrice è qualcosa che riguarda solo Dante? perché?

interpretare

7 Come può essere inteso l’invito che lo spirito amoroso che si muove dalle labbra di Beatrice rivolge all’anima di chi la guarda (Sospira, v. 14)?

scrivere per...

confrontare

8 Confronta il sonetto dantesco con la poesia di Guinizzelli Io voglio del ver la mia donna laudare ( T2, p. 160). Quali sono le analogie? Quali le differenze?

Classe di letteratura - volume 1
Classe di letteratura - volume 1
Dalle origini al Cinquecento