La storica della letteratura Lina Bolzoni (n. 1947) illustra in questo articolo i rapporti tra poesia e immagine nell’opera di Tasso.
Tasso, «pittor con le parole» (Lina Bolzoni)
PALESTRA DI SCRITTURA
Come si fa a ottenere a corte il favore del principe e a evitare, nello stesso tempo,
l’invidia dei cortigiani? È a questa difficile questione che cerca di rispondere
Torquato Tasso, in un dialogo scritto tra il 1584 e il 1585, quando ancora è rinchiuso
nella cella di Sant’Anna, accusato di una follia in cui l’umore malinconico
5 si legava strettamente ai suoi difficili rapporti con la corte estense e si nutriva di
una inquietudine religiosa che l’aveva spinto a autodenunciarsi all’Inquisizione.
Al suo giovane interlocutore lucchese, Lorenzo Malpiglio, che desidera intraprendere
la carriera del cortigiano e ancora coltiva le illusioni della trasparenza e della
sincerità nei confronti del suo signore, Tasso mostra come infelice sia la vita del
10 cortigiano, come il tempo presente sia dominato dalla finzione, come l’arte del
nascondersi sia fondamentale.
Il cortigiano dovrà dunque costruire di sé una specie di rappresentazione teatrale,
che investe le stesse virtù. Non tutte le virtù, spiega Tasso, si devono mostrare
in misura eguale, «sì come ne le pitture con l’ombre s’accennano alcune parti
15 lontane, altre sono da’ colori più vivamente espresse», così la fortezza, la magnanimità
«si veggono adombrate e paiono quasi di lontano discoprirsi ma la magnificenza,
la liberalità e quella che si chiama cortesia con proprio nome e la modestia
è dipinta con più fini colori ch’abbia l’artificio del cortigiano». Il paragone con la
pittura interviene a dare un’idea di come il cortigiano debba costruire il proprio
20 personaggio: egli dovrà mostrarsi e nascondersi mettendo in scena lo stesso gioco
di ombre e di luci che usa il pittore, creando un effetto di presenza e di lontananza
che sollecita l’attenzione e la curiosità di chi guarda, dello spettatore del quadro,
come del pubblico della corte.
È questo solo un esempio di come il Tasso fosse affascinato dalla pittura, tanto
25 che nel suo poema possiamo spesso trovare quasi una gara con gli effetti visivi
delle arti figurative e proprio il gioco delle ombre, il fascino della notte vi hanno
gran parte [...]. Non solo l’indugio descrittivo, il gusto del chiaroscuro, gli scorci
notturni ispirati alla malinconia o all’orrore creano immagini memorabili, ma
l’intera regia del poema, il modo stesso in cui dialoga con i suoi grandi modelli, a
30 cominciare da Virgilio, ha suggerito a Ezio Raimondi1 un parallelo con Ejzenštein2,
con le sue lezioni di regia, con il suo interesse per il montaggio cinematografico.
A sua volta la Gerusalemme ha un’enorme fortuna visiva, che supera ben presto
quella, pur notevole, che era toccata all’Orlando Furioso. [...] Quello che differenzia
il caso della Gerusalemme è che il poeta è coinvolto in prima persona nell’impresa.
35 Nel maggio 1584 infatti il suo amico don Angelo Grillo gli manda i disegni
di Bernardo Castello3; se il Tasso è d’accordo, egli scrive, verranno incisi in rame
nella nuova edizione della Gerusalemme «onde mentre si leggono le parole e gli
atti, si veggia insieme e chi parla e chi opera; e che la penna di Vostra Signoria sia
così spirito del pennello di messer Bernardo come la sua pittura sarà corpo de la
40 vostra poesia». Tasso acconsente, dedica anche un sonetto al pittore, chiamandolo
«muto poeta di pittor canoro».
Esce così la prima edizione illustrata, quella mantovana del 1584 [...]; certo
con quella genovese del 1590 le cose si complicano. Il Tasso è insoddisfatto e
inquieto. «Mi doglio con esso lei, e di lei, e di tutta Genova – scrive al Grillo – c’abbiano
45 voluto mandar fuori con tanti ornamenti opera da me non approvata... Fra
tanto, senza pregiudicio, la prego, che mi faccia donare uno di questi miei poemi
così belli, acciò ch’io possa compiacermi de la loro cortesia, se non mi compiaccio
della mia composizione». Quello che è bello agli occhi del poeta è appunto il
libro illustrato, i «tanti ornamenti» di cui si fregia, ma quello che non lo soddisfa,
50 quello di cui si sente ancora una volta derubato, è il testo del suo poema, che
rivede e corregge continuamente, senza mai portarlo a una forma definitiva. Se,
come scriveva Grillo, i versi dovevano costituire l’anima cui le immagini davano
corpo, quell’anima era ancora indefinita, o almeno angosciosamente fluttuante
agli occhi di chi la creava.
(Lina Bolzoni, Il Tasso, pittor con le parole, “La Domenica del Sole”, 9 aprile 2018)
COMPRENSIONE E interpretazione
1 Chi è Lorenzo Malpiglio e quali consigli gli offre Tasso?
2 Che cosa significa che il cortigiano dovrà [...] costruire di sé una specie di rappresentazione teatrale (rr. 12-13)?
3 In che senso il cortigiano, secondo Tasso, deve saper dosare abilmente “luci” e “ombre”?
4 Quale rapporto viene individuato da Tasso tra il lavoro del pittore e quello del cortigiano?
5 Da che cosa deriva l’accostamento, avanzato dal critico Ezio Raimondi, tra l’opera di Tasso e il cinema del regista russo Ejzenštejn?
6 Con gusto tipicamente concettista, Tasso chiama Bernardo Castello «muto poeta di pittor canoro»: spiega il significato dell’espressione.
7 Perché Tasso rimase insoddisfatto dell’edizione genovese del suo poema?
Riflessioni E COMMENTO
L’attenzione all’aspetto visivo del poema e alla sua cura editoriale testimonia l’importanza, per Tasso, del fatto che il “contenuto” venga rivestito di una “forma” adeguata. Sei d’accordo, in questo, con lui? Quanto ritieni che ancora oggi le forme di un’opera (non solo letteraria: componimento poetico, romanzo, ma anche film, canzone ecc.) contino affinché i suoi messaggi vengano favorevolmente accolti dal pubblico e adeguatamente recepiti? Rispondi in un testo argomentativo di circa 2 pagine di foglio protocollo facendo riferimento all’odierno mondo della comunicazione massmediale.
Classe di letteratura - volume 1
Dalle origini al Cinquecento