Rinaldo si trova in un giardino incantato, dimentico dei suoi doveri di guerriero e del suo desiderio di gloria. Prigioniero delle seduzioni della maga Armida nelle Isole Fortunate – lontane terre situate in un mare ignoto, oltre le colonne d’Ercole – l’eroe cristiano sarà indotto a ravvedersi grazie al provvidenziale arrivo di due prodi crociati, Carlo e Ubaldo, inviati da Goffredo sulle sue tracce.
T9 - Rinaldo e Armida nel giardino delle delizie
T9
Rinaldo e Armida nel giardino delle delizie
Gerusalemme liberata, canto XVI, ott. 1-2; 9-22
1
Tondo è il ricco edificio, e nel più chiuso
grembo di lui, ch’è quasi centro al giro,
un giardin v’ha ch’adorno è sovra l’uso
di quanti più famosi unqua fioriro.
5 D’intorno inosservabile e confuso
ordin di loggie i demon fabri ordiro,
e tra le oblique vie di quel fallace
ravolgimento impenetrabil giace.
2
Per l’entrata maggior (però che cento
10 l’ampio albergo n’avea) passàr costoro.
Le porte qui d’effigiato argento
su i cardini stridean di lucid’oro.
Fermàr ne le figure il guardo intento,
ché vinta la materia è dal lavoro:
15 manca il parlar, di vivo altro non chiedi;
né manca questo ancor, s’a gli occhi credi.
[…]
9
Poi che lasciàr gli aviluppati calli,
in lieto aspetto il bel giardin s’aperse:
acque stagnanti, mobili cristalli,
20 fior vari e varie piante, erbe diverse,
apriche collinette, ombrose valli,
selve e spelonche in una vista offerse;
e quel che ’l bello e ’l caro accresce a l’opre,
l’arte, che tutto fa, nulla si scopre.
10
25 Stimi (sì misto il culto è co ’l negletto)
sol naturali e gli ornamenti e i siti.
Di natura arte par, che per diletto
l’imitatrice sua scherzando imiti.
L’aura, non ch’altro, è de la maga effetto,
30 l’aura che rende gli alberi fioriti:
co’ fiori eterni eterno il frutto dura,
e mentre spunta l’un, l’altro matura.
11
Nel tronco istesso e tra l’istessa foglia
sovra il nascente fico invecchia il fico;
35 pendono a un ramo, un con dorata spoglia,
l’altro con verde, il novo e ’l pomo antico;
lussureggiante serpe alto e germoglia
la torta vite ov’è più l’orto aprico:
qui l’uva ha in fiori acerba, e qui d’or l’have
40 e di piropo e già di nèttar grave.
12
Vezzosi augelli infra le verdi fronde
temprano a prova lascivette note;
mormora l’aura, e fa le foglie e l’onde
garrir che variamente ella percote.
45 Quando taccion gli augelli alto risponde,
quando cantan gli augei più lieve scote;
sia caso od arte, or accompagna, ed ora
alterna i versi lor la musica òra.
13
Vola fra gli altri un che le piume ha sparte
50 di color vari ed ha purpureo il rostro,
la lingua snoda in guisa larga, e parte
la voce sì ch’assembra il sermon nostro.
Questi ivi allor continovò con arte
tanta il parlar che fu mirabil mostro.
55 Tacquero gli altri ad ascoltarlo intenti,
e fermaro i susurri in aria i venti.
14
«Deh mira» egli cantò «spuntar la rosa
dal verde suo modesta e verginella,
che mezzo aperta ancora e mezzo ascosa,
60 quanto si mostra men, tanto è più bella.
Ecco poi nudo il sen già baldanzosa
dispiega; ecco poi langue e non par quella,
quella non par che desiata inanti
fu da mille donzelle e mille amanti.
15
65 Così trapassa al trapassar d’un giorno
de la vita mortale il fiore e ’l verde;
né perché faccia indietro april ritorno,
si rinfiora ella mai, né si rinverde.
Cogliam la rosa in su ’l mattino adorno
70 di questo dì, che tosto il seren perde;
cogliam d’amor la rosa: amiamo or quando
esser si puote riamato amando».
16
Tacque, e concorde de gli augelli il coro,
quasi approvando, il canto indi ripiglia.
75 Raddoppian le colombe i baci loro,
ogni animal d’amar si riconsiglia;
par che la dura quercia e ’l casto alloro
e tutta la frondosa ampia famiglia,
par che la terra e l’acqua e formi e spiri
80 dolcissimi d’amor sensi e sospiri.
17
Fra melodia sì tenera, fra tante
vaghezze allettatrici e lusinghiere,
va quella coppia, e rigida e costante
se stessa indura a i vezzi del piacere.
85 Ecco tra fronde e fronde il guardo inante
penetra e vede, o pargli di vedere,
vede pur certo il vago e la diletta,
ch’egli è in grembo a la donna, essa a l’erbetta.
18
Ella dinanzi al petto ha il vel diviso,
90 e ’l crin sparge incomposto al vento estivo;
langue per vezzo, e ’l suo infiammato viso
fan biancheggiando i bei sudor più vivo:
qual raggio in onda, le scintilla un riso
ne gli umidi occhi tremulo e ▶ lascivo.
95 Sovra lui pende; ed ei nel grembo molle
le posa il capo, e ’l volto al volto attolle
19
e i famelici sguardi avidamente
in lei pascendo si consuma e strugge.
S’inchina, e i dolci baci ella sovente
100 liba or da gli occhi e da le labra or sugge,
ed in quel punto ei sospirar si sente
profondo sì che pensi: «Or l’alma fugge
e ’n lei trapassa peregrina». Ascosi
mirano i duo guerrier gli atti amorosi.
20
105 Dal fianco de l’amante (estranio arnese)
un cristallo pendea lucido e netto.
Sorse, e quel fra le mani a lui sospese
a i misteri d’Amor ministro eletto.
Con luci ella ridenti, ei con accese,
110 mirano in vari oggetti un solo oggetto:
ella del vetro a sé fa specchio, ed egli
gli occhi di lei sereni a sé fa spegli.
21
L’uno di servitù, l’altra d’impero
si gloria, ella in se stessa ed egli in lei.
115 «Volgi», dicea «deh volgi» il cavaliero
«a me quegli occhi onde beata bèi,
ché son, se tu no ’l sai, ritratto vero
de le bellezze tue gli incendi miei;
la forma lor, la meraviglia a pieno
120 più che il cristallo tuo mostra il mio seno.
22
Deh! poi che sdegni me, com’egli è vago
mirar tu almen potessi il proprio volto;
ché il guardo tuo, ch’altrove non è pago,
gioirebbe felice in sé rivolto.
125 Non può specchio ritrar sì dolce imago,
né in picciol vetro è un paradiso accolto:
specchio t’è degno il cielo, e ne le stelle
puoi riguardar le tue sembianze belle».
DENTRO IL TESTO
I contenuti tematici
La rappresentazione simbolica dello sviamento e della perdizione morale è affidata da Tasso alle immagini del labirinto e del giardino, emblemi dello smarrimento della ragione e delle false lusinghe dell’edonismo. Dietro la bellezza si nasconde l’inganno: la perfezione del palazzo circolare della maga si riverbera in una fastosa esibizione di opulenza. L’edificio è ricco (v. 1), il giardino è adorno (v. 3) più di ogni altro immaginabile, le porte sono d’effigiato argento (v. 11), i cardini di lucid’oro (v. 12), ma alcuni indizi avvertono della contraddittorietà del luogo, che è chiuso, impenetrabile e depistante: il labirinto invita a entrare con le sue cento (v. 9) porte, ma è studiato dagli architetti diabolici in modo da non permettere di uscirne, con il suo confuso ordin di loggie (v. 6) e le sue oblique vie (v. 7).
L’artificio è la spia della presenza demoniaca e tutto è falso per sembrare vero: l’intervento artistico (come quello che ha scolpito le figure sulle porte) non appare poiché la magia non rivela mai sé stessa, proprio come il peccato sempre si cela sotto una scintillante superficie di allettamenti.
Anche il giardino è a prima vista un incanto rigoglioso, che si manifesta nel trionfo di forme apparentemente spontanee. Ma mentre la vita umana, nella sua effimera realtà, è destinata a sfiorire naturalmente (Così trapassa al trapassar d’un giorno / de la vita mortale il fiore e ’l verde, vv. 65-66), nel regno di Armida tutto è senza tempo (co’ fiori eterni eterno il frutto dura, v. 31). L’arte magica della donna infatti falsifica la realtà, alterando il normale corso degli eventi e fissandoli in un presente infinito, separato dal reale, privo di ogni contatto con il mondo esterno.
La descrizione della natura meravigliosa non è certamente una novità: anzi, possiamo dire che si tratta di un esercizio tra i più diffusi nella letteratura, sia classica sia volgare. L’Eden bucolico e il paesaggio ritratto in un’eterna primavera sono topoi così frequenti da rappresentare spesso una sorta di tirocinio obbligato per il poeta che voglia mostrare le proprie abilità di cesellatore di ambienti e colori. In tempi vicini a Tasso, prima Poliziano (con la descrizione del regno di Venere nelle Stanze per la giostra) poi Ariosto (con l’isola di Alcina nel Furioso) si erano cimentati nella rappresentazione della natura rigogliosa, fonte di oblio e felicità terrena. Tasso vi aggiunge però il fascino sinistro di una magia peccaminosa, insistendo su un registro voluttuoso, che ha lo scopo di esprimere le attrattive del Male. Infatti, la natura che egli descrive contiene sempre elementi eccessivi e artificiosi, sfarzosi e conturbanti: è l’imitazione di sé stessa, pura arte illusionistica, surreale marchingegno. Le ottave 9 e 10 giocano proprio su questo concettoso (cioè arguto) intreccio di falsa spontaneità e incantesimo: il giardino può sembrare un miracoloso accorgimento della natura, come se questa avesse per scherzo emulato l’arte, che è invece considerata sua imitatrice. In realtà, lo splendido locus amoenus non è altro che un diabolico strumento di inganni, la seducente proiezione di istinti pagani e materialistici, di cui Tasso percepisce al tempo stesso il fascino e l’immoralità. L’insieme di quelle delizie è infatti il parto della creazione magica di Armida, cioè di una maga al servizio del Male: la sua genuinità è solo parvenza studiata per indurre in errore e distrarre in modo fraudolento l’uomo dai doveri e dai princìpi spirituali.
Le scelte stilistiche
Per esprimere la “realtà finta” del regno di Armida, Tasso ricorre a una serie significativa di campi semantici. Se il rischio per l’uomo è la devianza, il poeta riflette con descrizioni tortuose, labirintiche, serpeggianti, lo stato di Rinaldo sottratto al mondo dell’azione e della guerra che gli compete: lo smarrimento non è possibile se si percorrono vie rette, ma solo se ci si perde nel confuso ordin (vv. 5-6, si noti l’ossimoro) di una bugiarda razionalità.
La valenza metaforica del giardino è sottolineata da aggettivi e verbi che intendono enfatizzarne il risvolto profano: nella policromatica varietà degli ornamenti troviamo la vite lussureggiante (v. 37), gli uccelli vezzosi (v. 41), le note lascivette (v. 42), i venti che sussurrano, le colombe che raddoppiano i baci, gli animali che amoreggiano; perfino le piante, la terra e l’acqua danno la sensazione di emanare dolcissimi d’amor sensi e sospiri (v. 80).
Del resto, lo stile di tutto il brano è giocato su un registro allusivo, volutamente di maniera, ricco di bisticci e giochi di parole (si vedano i vv. 27-28, Di natura arte par, che per diletto / l’imitatrice sua scherzando imiti, o il v. 31, dove compare l’accostamento eterni-eterno, o ancora i vv. 66 e 68, dove il binomio fiore/verde è ripreso dai verbi rinfiora/rinverde), che preludono ai caratteri della letteratura barocca.
VERSO LE COMPETENZE
Comprendere
1 Descrivi lo stato in cui si trova Rinaldo all’arrivo di Carlo e Ubaldo.
2 Soffermati sull’aspetto e sull’atteggiamento di Armida, evidenziando il suo raffinato e studiato metodo di seduzione.
Analizzare
3 La descrizione del giardino di Armida contiene molti elementi di aperta o sottintesa sensualità. Individua i particolari che accrescono il carattere sensuale della scena.
4 Quale figura retorica troviamo nel verso acque stagnanti, mobili cristalli (v. 19)? Individua altri due esempi della stessa figura.
5 Il brano è ricco di contrapposizioni: completa la tabella con la parola o l’espressione opposta presente nel testo.
ombrose valli (v. 21) |
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il culto (v. 25) |
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spunta l’un (v. 32) |
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luci... ridenti (v. 109) |
6 Individua i soggetti dei periodi contenuti nelle ottave 9-13.
7 L’ottava 12 è caratterizzata da accentuate suggestioni sonore. Riconosci in essa le seguenti figure di suono:
– allitterazioni;
– onomatopee;
– anafore;
– rime ricche (cioè tra parole che condividono altri fonemi prima dell’ultima vocale tonica);
– rime equivoche (cioè tra parole uguali in scrittura, ma dal diverso contenuto semantico).
Interpretare
8 Per quale motivo il pappagallo può essere considerato una sorta di simbolo o incarnazione della devianza pagana?
scrivere per...
confrontare
9 Un giardino altrettanto ammaliante compare nell’Orlando furioso: è il giardino della maga Alcina (▶ T7, p. 764). Rileggi il brano e metti a confronto i due giardini in un testo espositivo di circa 20 righe: quali sono le analogie e quali le differenze? nella visione del mondo dei due autori che cosa rappresentano questi giardini?
Classe di letteratura - volume 1
Dalle origini al Cinquecento