La Divina Commedia

752 Canto XXX 115-123 E se il gradino più basso contiene al proprio interno una luce così estesa, quale è la larghezza di questa rosa (la rosa dei beati) nei petali (nei gradini) più esterni! La mia vista non si smarriva nell ampiezza e nell altezza, ma era in grado di percepire (prendeva) tutta l estensione (il quanto) e l intensità ( l quale) di quella beatitudine. La vicinanza (nell Empireo) e la lontananza non aggiungono né tolgono (nulla alla vista): perché dove Dio governa senza mediazioni le leggi della natura non contano nulla. (vv. 124-148) Il seggio celeste vuoto 124-138 Beatrice mi fece entrare, mentre io tacevo e avrei voluto parlare, nel giallo (al centro dello stame e dei pistilli) della rosa eterna, che si innalza per gradini e si allarga ed emana (redole) un profumo di lode al sole (Dio) che fa sempre primavera, e disse: «Guarda quanto è grande il concilio dei beati dalle bianche vesti! Vedi la nostra città quanto è ampia; vedi i nostri sedili (scanni) così pieni, che qui verrà accolta poca gente ancora. E su quel seggio nobile, sul quale tu fissi lo sguardo per la corona che già è posta sopra, prima che tu venga in Paradiso (a questo banchetto), siederà l anima, che giù sarà augusta, del grande Arrigo (VII), che andrà a indirizzare l Italia prima che essa sia preparata (i tempi siano maturi). 139-148 La cieca cupidigia che vi rende folli vi ha resi come il neonato che muore di fame e scaccia la balia. E allora (al tempo in cui Arrigo scenderà in Italia) sarà capo della Chiesa (papa) uno (Clemente V) che con lui (con Arrigo) non si comporterà nello stesso modo alla luce del sole e in segreto. Ma poi sarà tollerato poco da Dio in quella santa carica (di papa); poiché egli sarà sprofondato (detruso) là dove sta giustamente Simon Mago (nella bolgia dei simoniaci), e farà cadere più giù nella buca il papa di Anagni (Bonifacio VIII) . lago di luce ai suoi piedi, riprende la metafora della primavera (vv. 63-66), dei fiori-beati e del Paradiso-giardino. L anfiteatro assume la forma di Candida Rosa, i cui petali sono i gradini dove siedono i beati. 118-123. La vista mia nulla rileva: nell Empireo, collocato al di là dello spazio e del tempo, non contano più le leggi naturali, pertanto gli oggetti vicini non sono meglio visibili, né quelli lontani lo sono meno. Lo sguardo di Dante, grazie alla nuova virtù concessagli da Dio, può vedere la totalità (il quanto) dei beati e le loro fisionomie ( l quale): vicini e lontani, i loro contorni sono netti e precisi. 124-129. Nel giallo stole: i versi sono dedicati alla metafora della rosa: il giallo è il colore di stami e pistilli ed è anche il colore della luce intorno alla quale si dispongono le anime dei beati (vv. 55-63), le cui bianche stole (metonimia) ricordano un immagine evangelica dell Apocalisse. Continua anche la E se l infimo grado in sé raccoglie sì grande lume, quanta è la larghezza 117 di questa rosa ne l estreme foglie! La vista mia ne l ampio e ne l altezza non si smarriva, ma tutto prendeva 120 il quanto e l quale di quella allegrezza. Presso e lontano, lì, né pon né leva: ché dove Dio sanza mezzo governa, 123 la legge natural nulla rileva. Nel giallo de la rosa sempiterna, che si digrada e dilata e redole 126 odor di lode al sol che sempre verna, qual è colui che tace e dicer vole, mi trasse B atrice, e disse: «Mira 129 quanto è l convento de le bianche stole! Vedi nostra città quant ella gira; vedi li nostri scanni sì ripieni, 132 che poca gente più ci si disira. E n quel gran seggio a che tu li occhi tieni per la corona che già v è sù posta, 135 prima che tu a queste nozze ceni, sederà l alma, che fia giù agosta, de l alto Arrigo, ch a drizzare Italia 138 verrà in prima ch ella sia disposta. La cieca cupidigia che v ammalia simili fatti v ha al fantolino 141 che muor per fame e caccia via la balia. E fia prefetto nel foro divino allora tal, che palese e coverto 144 non anderà con lui per un cammino. Ma poco poi sarà da Dio sofferto nel santo officio: ch el sarà detruso là dove Simon mago è per suo merto, 148 e farà quel d Alagna intrar più giuso . metafora della primavera di Dio che fa fiorire l eterna rosa (sol che sempre verna, v. 126), con un latinismo prezioso (vernare: da ver, «primavera ). 130-132. Vedi nostra città si disira: il numero dei beati è fissato da sempre da Dio e pochi seggi sono ancora vuoti. L espressione allude alla decadenza morale dell età di Dante e alle credenze religiose medievali dell imminente fine del mondo. 137. alto Arrigo: Arrigo VII di Lussemburgo ( Personaggi). 140-141. fantolino balia: è l Italia che, per la cupidigia degli uomini, scaccia l imperatore. 142. prefetto nel foro divino: il papa Clemente V ( Personaggi). 147. Simon mago: è nella bolgia infernale dei simoniaci (Inferno XIX). 148. quel d Alagna: il papa Bonifacio VIII, nativo di Anagni, dove il re di Francia Filippo il Bello lo aveva oltraggiato. A questo papa, figura emblematica della corruzione eccle- siastica, Dante riserva la sorte beffarda di un posto all Inferno, prenotato ancor prima di morire, una prenotazione diabolica per quel pontificato che ancora detiene nel 1300 (Bonifacio morirà il 12 ottobre 1303). quanto si legge nei vv. 52-57 del canto XIX ( Inferno XIX, p. 176): Sei tu già costì ritto, Bonifazio?, urla il papa Niccolò III, conficcato in un fosso a testa in giù e con le gambe penzoloni, per scontare nella terza bolgia la pena inflitta ai simoniaci. Se tu sì tosto di quell aver sazio, continua a sfogarsi papa Niccolò, per lo qual non temesti torre a nganno / la bella donna e poi di farne strazio? Dante raffigura, dunque, Bonifacio come un marito infedele, per aver indotto con l inganno Celestino V ( Inferno III) a rinunciare al papato e per aver prostituito la Chiesa (la bella donna) con la simonìa. Nella chiusa del canto, il poeta riprende l immagine infernale e associa nella condanna anche il papa Clemente V, che tradì l azione pacificatrice di Arrigo VII.

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Edizione integrale aggiornata al nuovo Esame di Stato