La Divina Commedia

712 Canto XXIII 37-39 In questa luce vi è la sapienza e la potenza (Cristo) che aprì (all umanità) la via tra il cielo e la Terra, la qual cosa fu in passato lungamente desiderata . (vv. 40-69) Accresciute facoltà sensitive di Dante 40-48 Come il fulmine si sprigiona dalla nube, poiché si dilata tanto da non poter esservi più contenuto e, contrariamente alla sua inclinazione naturale, si dirige verso terra, così la mia mente, divenuta più alta per il nutrimento di quei cibi (spirituali), uscì da se stessa e non sa ricordare quello che ha fatto. «Apri gli occhi e contemplami come sono ora: tu hai visto cose tali che sei ormai all altezza di sostenere il mio sorriso . 49-54 Io ero come colui che si risveglia da un sogno subito dimenticato e che invano tenta di riportarlo alla memoria, quando udii questa offerta, tanto gradita da me che mai si cancellerà dal libro della memoria, che registra il passato. 55-63 Se ora, per aiutarmi, cantassero tutte quelle voci (i poeti) che Polimnia e le sue sorelle (le Muse) resero più alte con il loro dolcissimo latte, non si giungerebbe alla millesima parte della verità, nel cantare il santo sorriso (di Beatrice) e quanto esso rendesse sfolgorante il suo santo volto, e così, descrivendo il Paradiso, il poema sacro è costretto a passare oltre, come colui che trova interrotto il proprio cammino. 64-69 Ma chi considerasse la difficoltà dell argomento e la debolezza delle spalle umane che se ne fanno carico, non le biasimerebbe se vacillano sotto quel peso: non è un cammino (adatto) a una piccola barca quello che la mia ardita nave va percorrendo, né (adatto) a un timoniere che risparmi le sue forze. 37-39. Quivi ... lunga dis anza: gli attributi di Cristo sono la sapienza e la potenza secondo una espressione di san Paolo (Corinti I, 1-24). Cristo con la sua morte aprì di nuovo la via della salvezza, pacificando Dio e l umanità corrotta dal peccato originale. 40-45. Come foco ... non sape: Dante descrive quello che, nel linguaggio dei mistici, è definito excessus mentis, cioè uscita della capacità razionale dal suo ordine naturale per la visione di Cristo (Paradiso I, vv. 5-9; vv. 6771). La mente si dilata per aver oltrepassato i limiti umani come il fulmine che squarcia la nube. La scienza medievale riteneva che il fulmine fosse costituito da vapori che al sole si surriscaldavano e si dilatavano, fino a squarciare la nuvola che li avvolgeva, provocando il tuono e la fuoriuscita del fuoco, il quale cadeva verso la terra (mentre la sua natura dovrebbe dirigerlo verso l alto). Il termine cape è un latinismo, dal verbo capere, contenere; dape è un latinismo che significa «vivanda, ricco banchetto (dal latino dapes) e rima Quivi è la sap enza e la possanza ch aprì le strade tra l cielo e la terra, 39 onde fu già sì lunga dis anza . Come foco di nube si diserra per dilatarsi sì che non vi cape, 42 e fuor di sua natura in giù s atterra, la mente mia così, tra quelle dape fatta più grande, di sé stessa uscìo, 45 e che si fesse rimembrar non sape. «Apri li occhi e riguarda qual son io; tu hai vedute cose, che possente 48 se fatto a sostener lo riso mio . Io era come quei che si risente di vis one oblita e che s ingegna 51 indarno di ridurlasi a la mente, quand io udi questa proferta, degna di tanto grato, che mai non si stingue 54 del libro che l preterito rassegna. Se mo sonasser tutte quelle lingue che Polimn a con le suore fero 57 del latte lor dolcissimo più pingue, per aiutarmi, al millesmo del vero non si verria, cantando il santo riso 60 e quanto il santo aspetto facea mero; e così, figurando il paradiso, convien saltar lo sacrato poema, 63 come chi trova suo cammin riciso. Ma chi pensasse il ponderoso tema e l omero mortal che se ne carca, 66 nol biasmerebbe se sott esso trema: non è pareggio da picciola barca quel che fendendo va l ardita prora, 69 né da nocchier ch a sé medesmo parca. con sape: «sa , voce arcaica ancora oggi in uso in alcuni dialetti meridionali. 47-48. tu ... riso mio: la facoltà visiva di Dante, pur abbagliata, dopo aver assistito al trionfo di Cristo, ha comunque acquistato una capacità di contemplazione che supera i limiti naturali dell uomo. Ora il poeta può sostenere anche l accecante splendore del sorriso di Beatrice. 49-50. Io era ... oblita: Dante si sente come chi ritorna in sé dopo una visione che è già svanita; oblita è un latinismo raro, dal verbo obliviscere, dimenticare. 53-54. che mai ... rassegna: la gratitudine che Dante prova all offerta di Beatrice è tale che non si cancellerà (stingue) mai dal metaforico libro della memoria, il quale registra il passato (preterito, dal latino praeteritus). La Vita nuova si apre proprio con l immagine del «libro della memoria e la medesima immagine è ripresa anche nel canto II (o mente che scrivesti ciò ch io vidi, v. 8) e nel XV dell Inferno (scrivo, v. 88) e, inoltre, nel XV del Paradiso (magno volume, v. 50). 55. quelle lingue: Dante allude alla capacità espressiva di tutti i più grandi poeti. 56-57. che ... pingue: la metafora del dolcissimo latte per indicare l ispirazione poetica è frequente nei poeti antichi; pingue è un plurale femminile arcaico in -e. Polimnia («dai molti inni ) è la musa della poesia lirica, che con le sue sorelle (suore), le altre Muse ( Inferno II, Parole in chiaro, p. 46), ispirò i poeti. 61-62. figurando ... sacrato poema: nel descrivere il Paradiso è opportuno che il poema sacro salti, cioè sorvoli, su alcuni particolari che non possono essere adeguatamente espressi con parole. 64-65. Ma chi ... carca: il poeta fonde l umiltà dell inesprimibile con l orgoglio per la straordinarietà dell impresa: l argomento così elevato del sacrato poema (v. 62) è un grave peso (dal latino pondus) per le capacità umane. 67-69. non è pareggio ... parca: la metafora della barca (la prora è la parte anteriore) indica l impresa poetica: essa è irta di ostacoli, ma la

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Edizione integrale aggiornata al nuovo Esame di Stato