Analisi e interpretazione

682 Canto XVII Analisi e interpretazione Il canto centrale del Paradiso Il compito della poesia Il canto XVII si colloca al centro del Paradiso ed è l ultimo del trittico di Cacciaguida apertosi con il XV canto. Il colloquio con il trisavolo prende le mosse dalla inquietudine di Dante per la propria sorte, raggiunge il culmine nelle dolorose parole sul futuro esilio del poeta e si chiude con l annuncio della superiore missione di Dante e della gloria letteraria della Commedia. Il poeta si mostra con Cacciaguida preoccupato e incerto se rivelare quanto ha visto nell oltretomba: i suoi versi lanciano critiche e accuse contro i potenti, egli teme di essere perseguitato anche in esilio, ma d altra parte aspira ad essere ricordato dai posteri come uomo di verità. Il trisavolo gli ricorda il dovere di svelare il male del mondo, anche a rischio personale, di proclamare le verità, anche se scomode (vv. 118-135). «Scopo dell opera è molestare le coscienze colpevoli; l opera stessa è un grido, un vento che percuote: alla poesia qui è attribuita una funzione non solo pedagogica (di insegnamento) ma militante, di denuncia e di intervento combattivo nella vita degli uomini. [ ] La poesia è strumento per l azione, per la divulgazione delle idee, ed è quindi subordinata agli stessi criteri di valutazione che si applicano alle concezioni filosofiche e all agire pratico. Essa, così intesa, è cosa sacra, frutto di una ispirazione che trascende l individuo. Conformemente a questi principi teorici, la Commedia è infatti, nelle intenzioni dell autore, un testo orientato verso l insegnamento della verità: raccoglie ordinatamente l intero sapere che Dante pensava fosse possibile agli umani (ha quindi carattere enciclopedico), spiega i significati riposti della storia (si vale a questo scopo dell interpretazione figurale), mediante fitte simbologie e costruzioni allegoriche interpreta le vicende dell umanità e anche i fenomeni fisici del mondo naturale (R. Ceserani-L. De Federicis). I chiarimenti delle profezie La profezia sul destino dell esilio completa tutti gli accenni ascoltati da Dante negli incontri con Ciacco (Inf. VI), Farinata (Inf. X), Brunetto Latini (Inf. XV), Vanni Fucci (Inf. XXIV), Corrado Malaspina (Purg. VIII), Oderisi da Gubbio (Purg. XI), Bonagiunta Orbicciani e Forese Donati (Purg. XXIV). Cacciaguida rivela gli intrighi della Curia romana (là dove Cristo tutto dì si merca, v. 51) e di Bonifacio VIII, alleato dei guelfi Neri fiorentini, e predice la punizione divina per i malvagi che hanno ingiustamente accusato Dante (ma la vendetta / fia testimonio al ver che la dispensa, vv. 53-54). Poi sottolinea la personale, amara sofferenza del poeta, costretto, nell esilio, a vivere ospite delle corti dei nobili settentrionali, a cui deve il proprio pane (v. 59) e che ripaga con ambascerie e incarichi di varia natura (scendere e l salir ). I primi Signori che ospiteranno con grande liberalità e cortesia il poeta esiliato saranno gli Scaligeri di Verona, Bartolomeo e poi Cangrande della Scala (Dante fu a Verona probabilmente all inizio del 1304). L esilio, pur con le pene che comporta (umiliarsi e chiedere l ospitalità altrui), diventa per il poeta motivo di orgoglio: sarà circondato dalla stolta ingratitudine degli altri esuli che ben presto saranno castigati (la disfatta dei fuoriusciti avvenne nell estate del 1304 nella battaglia della Lastra; vv. 6166), e allora sarà un onore per Dante essersi separato da loro (non condivise il progetto di rientrare a Firenze con la forza), sopportando l esilio in solitudine (sì ch a te fia bello / averti fatta parte per te stesso, vv. 68-69). Dante profeta di verità Ed è proprio l esilio che investe il poeta della sua missione redentrice dell umanità: il viaggio nell oltretomba e l eccezionalità della sua esperienza sono una Grazia concessa come ricompensa per l ingiustizia subita. Lo scrittore, distaccatosi progressivamente da un arte che ha sollecitato le passioni (canto di Francesca, Inf. V), ha dato l oblio o placato le tensioni morali (canto di Casella, Purg. II), è pervenuto nel Paradiso a un arte ispirata da una forza trascendente (invocazione ad Apollo «figura del Dio cristiano, Par. I), fino al messaggio di questo canto, in cui dichiara la finalità della Commedia e afferma il proprio ruolo di profeta di verità e di intransigenza morale per i contemporanei e per i posteri. Il pluristilismo Il canto presenta un tono sostenuto da latinismi e termini del lessico filosofico. Tuttavia, a conferma della mescolanza dantesca degli stili, che supera la rigida separazione della retorica medievale, anche nel tessuto linguistico sublime può irrompere una lingua cruda. L esempio è fornito dall espressione plebea di Cacciaguida (e lascia pur grattar chi ha la rogna, «lascia pure che si gratti chi è affetto da rogna, cioè se ne dolga chi è in colpa , v. 129), che sottolinea lo sdegno di chi osserva dall alto dei cieli il male terreno. Le similitudini La solennità dello stile trova espressione anche nelle numerose e ampie similitudini: tra l inquietudine di Dante ansioso di avere spiegazioni da Cacciaguida e Fetonte che chiede alla madre Climene se è veramente figlio di Apollo (vv. 1-4); tra le realtà contingenti e lo sguardo di chi vede la nave che discende lungo la corrente (vv. 40-42); tra il futuro di Dante letto da Cacciaguida nel pensiero eterno di Dio e l armonia musicale di un organo che giunge all orecchio (vv. 43-45); tra Dante cacciato dalla ingratitudine dei Fiorentini e Ippolito cacciato da Atene per le calunnie della matrigna (vv. 46-48); tra le parole del poema e un vento che percuote le cime più alte (vv. 133-134).

La Divina Commedia
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Edizione integrale aggiornata al nuovo Esame di Stato