La Divina Commedia

è dedicato al Cielo di Venere, l ultimo dei tre sui qualiIl canto si proietta il cono d ombra della Terra, a significare che i beati di questi cieli ancora conservano un qualche legame con le cose terrene. I personaggi incontrati da Dante in questo Cielo sono spiriti che in vita furono dominati dalla passione dei sensi, come Cunizza da Romano, Folchetto di Marsiglia o Raab, la meretrice della Bibbia, ma alla fine della Da poi che Carlo tuo, bella Clemenza, m ebbe chiarito, mi narrò li nganni 3 che ricever dovea la sua semenza; ma disse: «Taci e lascia muover li anni ; sì ch io non posso dir se non che pianto 6 giusto verrà di retro ai vostri danni. E già la vita di quel lume santo rivolta s era al Sol che la r empie 9 come quel ben ch a ogne cosa è tanto. Ahi anime ingannate e fatture empie, che da sì fatto ben torcete i cuori, 12 drizzando in vanità le vostre tempie! Ed ecco un altro di quelli splendori ver me si fece, e l suo voler piacermi 15 significava nel chiarir di fori. Li occhi di B atrice, ch eran fermi sovra me, come pria, di caro assenso 18 al mio disio certificato fermi. «Deh, metti al mio voler tosto compenso, beato spirto , dissi, «e fammi prova 21 ch i possa in te refletter quel ch io penso! . Onde la luce che m era ancor nova, del suo profondo, ond ella pria cantava, 24 seguette come a cui di ben far giova: «In quella parte de la terra prava italica che siede tra R alto 27 e le fontane di Brenta e di Piava, si leva un colle, e non surge molt alto, là onde scese già una facella 30 che fece a la contrada un grande assalto. D una radice nacqui e io ed ella: Cunizza fui chiamata, e qui refulgo 33 perché mi vinse il lume d esta stella; ma lietamente a me medesma indulgo la cagion di mia sorte, e non mi noia; 36 che parria forse forte al vostro vulgo. Di questa luculenta e cara gioia del nostro cielo che più m è propinqua, 39 grande fama rimase; e pria che moia, questo centesimo anno ancor s incinqua: vedi se far si dee l omo eccellente, 42 sì ch altra vita la prima relinqua. loro esistenza terrena seppero rivolgere l istinto all amore per Dio, conquistando la salvezza e la felicità di cui godono ora in Paradiso, dove le anime guardano con indulgenza alle passate debolezze. Sia Folchetto sia Cunizza pronunciano oscure profezie, come quella di Carlo Martello con la quale il canto si apre, contro le città venete ribelli a Cangrande della Scala e contro la Curia preda della corruzione. (vv. 1-12) La profezia di Carlo Martello 1-6 O bella Clemenza, il tuo Carlo, dopo che mi ebbe illuminato (circa il mio dubbio), mi profetizzò gli inganni che suo figlio (Carlo Roberto) era destinato a subire; ma disse: «Non parlarne e lascia passare il tempo ; così posso solo dire che un meritato castigo (giusto pianto) seguirà presto i torti (danni) da voi subiti. 7-12 E già l anima di quella santa luce si era rivolta verso Dio, il sole che la sazia in quanto bene capace di soddisfare ogni desiderio. Ahi anime fuorviate (ingannate) e creature (fatture) perverse, che da siffatto bene distogliete i cuori, indirizzando le vostre menti (tempie) verso cose vane! (vv. 13-63) Cunizza da Romano 13-21 Ed ecco un altro di quegli spiriti luminosi si fece verso di me, e manifestava il suo desiderio di compiacermi nell accresciuto splendore esterno. Gli occhi di Beatrice, che erano fissi (fermi) su di me, come prima, mi fecero (fermi) certo del suo gradito assenso al mio desiderio. Dissi: «Ti prego (Deh), spirito beato, soddisfa subito il mio desiderio, e dammi la prova che posso riflettere in te come in uno specchio il mio pensiero (senza esprimerlo)! . 22-30 Perciò (Onde) lo spirito che mi era ancora sconosciuto, dal suo interno, da cui prima usciva la voce che cantava, prese a parlare subito come persona a cui piace (giova) fare il bene: «In quella parte della corrotta (prava) nazione italiana situata (che siede) tra Rialto e le sorgenti del Brenta e del Piave (la Marca Trevigiana), sorge un colle, e non è molto alto, da cui un tempo (già) discese una fiamma di guerra (Ezzelino III da Romano) che recò grande danno (assalto) alla regione. 31-42 Io e Ezzelino nascemmo dalla stessa stirpe: fui chiamata Cunizza, e qui (nel Cielo di Venere) risplendo perché in vita fui dominata dall influsso di questo Cielo; ma ora con gioia perdono (indulgo) a me stessa la causa di questo mio destino, e non me ne addoloro; il che forse sembrerà difficile da capire (forte) agli uomini volgari. Di questo luminoso (luculenta) e prezioso gioiello del nostro Cielo che più mi è vicino (Folchetto di Marsiglia) grande fama sopravvive sulla Terra; e prima che muoia, questo anno centesimo (che chiude il secolo) si ripeterà per cinque volte (s incinqua): giudica tu se l uomo deve farsi grande, in modo che la vita terrena lasci (relinqua) dietro di sé un altra vita. Paradiso Spiriti amanti: Cunizza e Folchetto 621

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Edizione integrale aggiornata al nuovo Esame di Stato