La Divina Commedia

606 Canto VI Il racconto di Giustiniano Dopo essersi presentato, Giustiniano racconta le vicende della storia romana e dell aquila imperiale. Pochi versi sono dedicati alle premesse che hanno portato alla fondazione della città e all epoca monarchica (Orazi contro Curiazi, il ratto delle Sabine, lo stupro di Lucrezia), mentre un attenzione maggiore è concessa alle vicende della Roma repubblicana, aperta dall espulsione di Tarquinio il Superbo nel 509 a. C. In poche terzine Giustiniano si sofferma sulle guerre puniche, su Annibale, su alcune famiglie importanti di Roma (Deci, Fabi) e alcuni comandanti (Torquato, Quinzio, Scipione, Pompeo). Con rapidità arriva a raccontare del «tempo che tutto l ciel volle/ redur lo mondo a suo modo sereno . l inizio dell età imperiale che comincia, nella visione dantesca, da Caio Giulio Cesare (100 a. C. 44 a. C.) che conquista la Gallia, varca il Rubicone, segno del pomerium che non si può superare in armi, combatte in una cruenta guerra civile a Durazzo e Farsàlo contro Pompeo, passa in Asia minore a visitare i resti di Troia e poi in Africa. Le fasi della storia romana Caio Giulio Cesare è il primo Cesare, per Dante, il primo imperatore, per questo è quello a cui è dedicato il maggior numero di versi (nella storia in realtà il primo fu Ottaviano Augusto). Neanche un cenno compare all uccisione di Cesare, ma si racconta della guerra che ne scaturisce, quella in cui trovano la morte i cesaricidi Bruto e Cassio. In seguito alla battaglia di Azio del 31 a. C, in cui muore Cleopatra, il potere passa integralmente nelle mani di Ottaviano (considerato il secondo Cesare) sotto il quale viene chiuso il tempio di Giano («con costui puose il mondo in tanta pace,/ che fu serrato a Giano il suo delubro ). Il terzo imperatore è Tiberio (14 d. C. 37 d. C.) sotto il quale Gesù Cristo venne crocefisso. Avviene così la redenzione dell umanità e la ricomposizione dell alleanza tra Dio e l uomo. Sotto l imperatore Vespasiano (69 d. C. 79 d. C.) il figlio Tito portò a termine l assedio di Gerusalemme attuando la distruzione del tempio, qui definita come la «vendetta [ ]/de la vendetta del peccato antico . Il termine «vendetta significa in Dante «giusta punizione e compare per tre volte all interno del canto VI del Paradiso. Come accade in altri casi nella Commedia, la ripetizione di una parola per tre volte assume una rilevanza particolare. A queste vicende Dante ha già fatto riferimento nel canto XXI del Purgatorio, quando aveva incontrato Stazio che si era presentato con un agnizione (vv. 82-86): Nel tempo che l buon Tito, con l aiuto del sommo rege, vendicò le f ra ond uscì l sangue per Giuda venduto, col nome che più dura e più onora era io di là [ ]. La parola «vendetta utilizzata da Giustiniano riprende il verbo «vendicare di Stazio in un efficace figura etimologica a distanza, utilizzata sempre per lo stesso episodio. All epoca di Dante la distruzione del tempio era considerata come la vendetta divina per la condanna a morte di Cristo da parte degli Ebrei. Il poeta, figlio del suo tempo, risente di questa visione, anche se è doveroso sottolineare che Dante non è certamente antisemita. Tutti i grandi personaggi dell Antico Testamento e quelli del Nuovo (Maria, gli apostoli, etc.) appartengono al popolo ebraico e sono collocati nella Candida Rosa nell Empireo. La presenza di Anna, Caifàs e degli altri farisei tra gli ipocriti in Malebolge sono di poca rilevanza a confronto di tutti i papi, i cardinali, i vescovi che il poeta colloca all Inferno. Carlo Magno, erede dell aquila Con un volo pindarico Giustiniano sottace settecento anni di storia per passare da Tito al «dente longobardo che morde lo Stato della Chiesa. Si allude alle vicende (772774) che Manzoni racconterà nell Adelchi. L ingresso dei Longobardi nello Stato della Chiesa e la richiesta di aiuto del papa ai Franchi provocano la guerra che porterà alla sconfitta del popolo, che ha dominato e schiacciato l Italia per due secoli, e alla vittoria di Carlo Magno. Guelfi contro ghibellini: la negazione dell unità giuridica Giustiniano tralascia di nuovo altri secoli, ben quattro, per correre alle vicende della storia contemporanea, quella che vede contrapporsi guelfi e ghibellini: i primi vogliono sostituire i gigli gialli all aquila imperiale, gli altri si appropriano del segno dell aquila imperiale per interessi personali, cosicché Dante non si riconosce appartenente ad alcuna fazione. I ghibellini hanno, di fatto, separato la giustizia dal potere, per cui non si possono considerare eredi del popolo romano e di quel Giustiniano che sta parlando e che è stato interprete di un unità giuridica. Il dittico Barberini o avorio Barberini risale all età bizantina e rappresenta un imperatore la cui identità è rimasta misteriosa. Prima metà del VI secolo, Museo del Louvre.

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Edizione integrale aggiornata al nuovo Esame di Stato