La Divina Commedia

li altri dopo l grifon sen vanno suso 90 con più dolce canzone e più profonda . E se più fu lo suo parlar diffuso, non so, però che già ne li occhi m era 93 quella ch ad altro intender m avea chiuso. Sola sedeasi in su la terra vera, come guardia lasciata lì del plaustro 96 che legar vidi a la biforme fera. In cerchio le facevan di sé claustro le sette ninfe, con quei lumi in mano 99 che son sicuri d Aquilone e d Austro. «Qui sarai tu poco tempo silvano; e sarai meco sanza fine cive 102 di quella Roma onde Cristo è romano. Però, in pro del mondo che mal vive, al carro tieni or li occhi, e quel che vedi, 105 ritornato di là, fa che tu scrive . Così Beatrice; e io, che tutto ai piedi d i suoi comandamenti era divoto, 108 la mente e li occhi ov ella volle diedi. Non scese mai con sì veloce moto foco di spessa nube, quando piove 111 da quel confine che più va remoto, com io vidi calar l uccel di Giove per l alber giù, rompendo de la scorza, 114 non che d i fiori e de le foglie nove; e ferì l carro di tutta sua forza; ond el piegò come nave in fortuna, 117 vinta da l onda, or da poggia, or da orza. Poscia vidi avventarsi ne la cuna del tr unfal veiculo una volpe 120 che d ogne pasto buon parea digiuna; ma, riprendendo lei di laide colpe, la donna mia la volse in tanta futa 123 quanto sofferser l ossa sanza polpe. Poscia per indi ond era pria venuta, l aguglia vidi scender giù ne l arca 126 del carro e lasciar lei di sé pennuta; e qual esce di cuor che si rammarca, tal voce uscì del cielo e cotal disse: 129 «O navicella mia, com mal se carca! . Poi parve a me che la terra s aprisse tr ambo le ruote, e vidi uscirne un drago 132 che per lo carro sù la coda fisse; e come vespa che ritragge l ago, a sé traendo la coda maligna, 135 trasse del fondo, e gissen vago vago. Quel che rimase, come da gramigna vivace terra, da la piuma, offerta 138 forse con intenzion sana e benigna, si ricoperse, e funne ricoperta vanno suso) seguendo (dopo) il grifone, con una canzone più dolce e profonda (di quella precedente, che aveva indotto il sonno) . E se il suo parlare (di Matelda) fu più esteso, non so, perché già nei miei occhi s era insediata (ne li occhi m era) colei (Beatrice) che aveva chiuso i miei sensi a ogni altra percezione (intender). Sedeva sola sulla terra vergine (vera) come posta a guardia del carro (plaustro) che avevo visto legare dal grifone (la biforme fera). Le sette ninfe la circondavano e proteggevano (le facevan di sé claustro), reggendo in mano quelle luci che non possono essere spente (son sicuri) da Aquilone e da Austro. «Per breve tempo tu abiterai questa foresta (sarai... silvano), e per l eternità (sanza fine) sarai, insieme a me, cittadino (cive) di quella Roma di cui Cristo è abitante (romano). Perciò, a vantaggio del mondo corrotto e traviato (che mal vive), ora osserva attentamente il carro, e quello che vedi, ritornato in terra (di là), scrivilo . Così (disse) Beatrice; e io, che ero pronto a obbedire devotamente ai suoi ordini (comandamenti), rivolsi (diedi) la mente e gli occhi là dove ella voleva. (vv. 109-160) L allegoria del carro 109-117 Mai da una nube densa (spessa) scese un fulmine (foco) con movimento così rapido, quando piove dalle regioni più remote del cielo (quel confine che va più remoto), come io vidi calare l aquila (l uccel di Giove) giù sull albero, tranciandone la corteccia (scorza), nonché i fiori e le foglie appena sbocciate (nove); e (vidi l aquila) investire (ferire) il carro con tutta la sua forza; per cui esso ondeggiò come nave nella tempesta (fortuna), sopraffatta (vinta) dalle onde ora sotto, ora sopravvento (or da poggia, or da orza. 118-123 Poi vidi infilarsi (avventarsi) sul fondo (ne la cuna) del carro trionfale una volpe che pareva digiuna di pasti sostanziosi (quindi magra e affamata); ma rinfacciandole turpi peccati (laide colpe), la mia donna la costrinse a fuggire tanto (la volse in tanta futa) quanto consentirono le sue ossa senza carne (sanza polpe). 124-129 Poi, da dove era calata prima, vidi l aquila planare nella cavità del carro (ne l arca) e lasciarla coperta delle sue piume (di sé pennuta); e come esce da un cuore colmo di rammarico (si rammarca), così una voce uscì dal cielo, con il medesimo rammarico (cotal) e disse: «O navicella mia, quale brutto carico porti (com mal se carca)! . 130-135 Poi mi sembrò che la terra tra le ruote si aprisse, e vidi uscirne un drago che conficcò (fisse) la coda sotto il carro; e come una vespa che ritrae il pungiglione, tirando verso di sé la coda malvagia strappò (trasse) una parte del fondo, e se ne andò serpeggiando (gissen vago vago). 136-147 Come una terra fertile (vivace) (viene soffocata) dalla gramigna, (così) la parte rimanente del carro (quel che rimase), ed entrambe le ruote e il timone (temo), furono ricoperte da piume (dell aquila), offerte forse con intenzione saggia e Purgatorio L allegoria della Chiesa 551

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Edizione integrale aggiornata al nuovo Esame di Stato