La Divina Commedia

474 Canto XXIII (vv. 37-75) L incontro con Forese Donati 37-48 Già io ero attento a pensare con meraviglia cosa li affamasse tanto, perché non mi era ancora evidente la causa della loro magrezza e della loro pelle dolorosamente squamosa, ed ecco un anima rivolse gli occhi a me dal profondo della testa e mi guardò fisso; poi gridò forte: «Quale grazia è questa per me? . Dal volto non lo avrei mai potuto riconoscere; ma ciò che l aspetto aveva nascosto in sé mi fu chiaro nella sua voce. Questa scintilla riaccese tutta la mia conoscenza di quel volto trasformato e riconobbi la faccia di Forese. 49-54 (Egli) pregava: «Oh, non badare all arida screpolatura che mi rende pallida la pelle, né alla mancanza di carne che io abbia; ma dimmi la verità su di te, dimmi chi sono le due anime (Virgilio e Stazio) che ti accompagnano; non restartene senza parlarmi . 55-60 Io gli risposi: «La tua faccia, che io già piansi quando moristi, adesso mi dà un dolore non minore, tale da piangere, poiché la vedo così sfigurata. Perciò dimmi, in nome di Dio, cosa vi consuma così; non mi far parlare mentre io mi meraviglio, poiché parla malvolentieri chi è preso da un altro desiderio . 61-75 Ed egli (Forese) a me: «Dalla volontà eterna (di Dio) scende nell acqua e nella pianta che abbiamo superato una virtù, per la quale io mi consumo così. Tutta questa gente, che piangendo canta per aver seguito la gola oltre misura, qui ritorna pura per mezzo della fame e della sete. L odore che emana dall albero da frutto e dallo spruzzo d acqua che si diffonde lungo la sua vegetazione ci accende il desiderio di bere e di mangiare. E non solo una volta, percorrendo in tondo questa cornice, la nostra pena si rinnova; io dico pena, e dovrei dire gioia, poiché ci conduce verso gli alberi quello stesso desiderio che condusse Cristo a dire lieto Elì (al martirio), quando ci liberò (dal peccato originale) con il suo sangue. 40-45. ed ecco conquiso: tra le anime che nell Oltretomba riconoscono Dante stupite, due sono particolarmente importanti: Brunetto Latini (Inferno XV, vv. 24 e sgg.) e Nino Visconti (Purgatorio VIII, vv. 65 sgg.). Qui è particolarmente evidente l analogia con l immagine di Brunetto, il cui volto, devastato dalla pena riservata ai sodomiti (la pioggia di fuoco), è irriconoscibile per Dante. Allo stesso modo, anche se la faccia è stravolta, Dante riconosce l amico Forese dalla voce, la quale è come una scintilla che accende il fuoco della memoria: la metafora indica allegoricamente il riaccendersi dei vincoli di affetto, che non sono stati recisi dalla morte. Già era in ammirar che sì li affama, per la cagione ancor non manifesta 39 di lor magrezza e di lor trista squama, ed ecco del profondo de la testa volse a me li occhi un ombra e guardò fiso; 42 poi gridò forte: «Qual grazia m è questa? . Mai non l avrei riconosciuto al viso; ma ne la voce sua mi fu palese 45 ciò che l aspetto in sé avea conquiso. Questa favilla tutta mi raccese mia conoscenza a la cangiata labbia, 48 e ravvisai la faccia di Forese. «Deh, non contendere a l asciutta scabbia che mi scolora , pregava, «la pelle, 51 né a difetto di carne ch io abbia; ma dimmi il ver di te, dì chi son quelle due anime che là ti fanno scorta; 54 non rimaner che tu non mi favelle! . «La faccia tua, ch io lagrimai già morta, mi dà di pianger mo non minor doglia , 57 rispuos io lui, «veggendola sì torta. Però mi dì, per Dio, che sì vi sfoglia; non mi far dir mentr io mi maraviglio, 60 ché mal può dir chi è pien d altra voglia . Ed elli a me: «De l etterno consiglio cade vertù ne l acqua e ne la pianta 63 rimasa dietro ond io sì m assottiglio. Tutta esta gente che piangendo canta per seguitar la gola oltra misura, 66 in fame e n sete qui si rifà santa. Di bere e di mangiar n accende cura l odor ch esce del pomo e de lo sprazzo 69 che si distende su per sua verdura. E non pur una volta, questo spazzo girando, si rinfresca nostra pena: 72 io dico pena, e dovria dir sollazzo, ché quella voglia a li alberi ci mena che menò Cristo lieto a dire Elì , 75 quando ne liberò con la sua vena . 43. viso: dal lat. visus = sguardo; conquiso = conquistato (dal lat. conquindere). 49-54. «Deh, non contendere favelle! : in questi versi Forese prega Dante con ansia di non badare né alla sua pelle squamosa, né al volto deturpato, come se avesse la malattia della scabbia, né alla magrezza, ma di raccontargli come sia giunto fin lì. Evidentemente ha compreso che Dante è vivo e vuole cogliere il significato eccezionale di quella presenza. 55-60. «La faccia tua d altra voglia : Dante spiega all amico che il suo volto gli provoca non ribrezzo, ma un dolore non minore di quando ne fu privato dalla morte. E, prima di rispondere alle domande, parlando di sé, vuole sapere da Forese la causa della magrezza. Il sovrapporsi di domande e il rinviare la risposta crea un gioco di rimandi con l intento di suscitare curiosità nel lettore. 69. verdura: Parole in chiaro. 70-71. E non pur una volta ... pena: gli alberi che causano la fame e la sete sono più d uno lungo la cornice, infatti Dante ne incontrerà un altro nel canto XXIV (vv. 103-105). 72-75. io dico pena ... vena: la pena è accettata con gioia dai golosi, perché è una promessa di salvezza. Ritorna il contrasto già rilevato a partire dal v. 12 ( nota) e qui la gioia del martirio fisico delle anime espianti

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Edizione integrale aggiornata al nuovo Esame di Stato