La Divina Commedia

102 che le Muse lattar più ch altri mai, nel primo cinghio del carcere cieco; spesse f ate ragioniam del monte 105 che sempre ha le nutrice nostre seco. Euripide v è nosco e Antifonte, Simonide, Agatone e altri piùe 108 Greci che già di lauro ornar la fronte. Quivi si veggion de le genti tue Antigone, De file e Argia, 111 e Ismene sì trista come fue. Védeisi quella che mostrò Langia; èvvi la figlia di Tiresia, e Teti, 114 e con le suore sue De damia . Tacevansi ambedue già li poeti, di novo attenti a riguardar dintorno, 117 liberi da saliri e da pareti; e già le quattro ancelle eran del giorno rimase a dietro, e la quinta era al temo, 120 drizzando pur in sù l ardente corno, quando il mio duca: «Io credo ch a lo stremo le destre spalle volger ne convegna, 123 girando il monte come far solemo . Così l usanza fu lì nostra insegna, e prendemmo la via con men sospetto 126 per l assentir di quell anima degna. Elli givan dinanzi, e io soletto di retro, e ascoltava i lor sermoni, 129 ch a poetar mi davano intelletto. Ma tosto ruppe le dolci ragioni un alber che trovammo in mezza strada, 132 con pomi a odorar soavi e buoni; e come abete in alto si digrada di ramo in ramo, così quello in giuso, 135 cred io, perché persona sù non vada. Dal lato onde l cammin nostro era chiuso, cadea de l alta roccia un liquor chiaro 138 e si spandeva per le foglie suso. Li due poeti a l alber s appressaro; e una voce per entro le fronde 141 gridò: «Di questo cibo avrete caro . Poi disse: «Più pensava Maria onde fosser le nozze orrevoli e intere, 144 ch a la sua bocca, ch or per voi risponde. E le Romane antiche, per lor bere, contente furon d acqua; e Dan ello 147 dispregiò cibo e acquistò savere. Lo secol primo, quant oro fu bello, fé savorose con fame le ghiande, 150 e nettare con sete ogne ruscello. Mele e locuste furon le vivande che nodriro il Batista nel diserto; per ch elli è glor oso e tanto grande 154 quanto per lo Vangelio v è aperto . rispose il mio maestro, «siamo nel primo cerchio dell Inferno, con quel Greco che più di ogni altro si nutrì del latte delle Muse (Omero); spesso parliamo del monte che ospita in sé le nostre nutrici. Con noi (nosco) vi sono Euripide (480-406 a.C., il terzo dei grandi tragici greci dopo Eschilo e Sofocle) e Antifonte (poeta tragico siracusano), Simonide (lirico greco), Agatone (tragico greco) e altri Greci che ornarono di alloro la fronte (cioè, altri poeti). Qui (nel Limbo) risiedono tra i personaggi dei tuoi poemi Antigone, Deifile e Argia, e Ismene così infelice come fu. Si vede quella che mostrò la fonte Langia presso Tebe alle truppe assetate che marciavano contro la città (Ipsipile), vi sono la figlia di Tiresia, e Teti, e Deidamia con le sue sorelle . (vv. 115-154) L albero capovolto 115-129 I due poeti tacevano, nuovamente attenti a guardarsi intorno perché liberi da scale e da pareti di roccia (sono dunque giunti sulla sesta cornice); e già quattro ore (ancelle) del giorno erano trascorse, e la quinta era al timone, guidando verso l alto la punta infiammata del timone (l ardente corno), quando la mia guida: «Credo che sia opportuno rivolgere il fianco destro (le destre spalle) all orlo esterno (a lo stremo), percorrendo il monte come abbiamo fatto di solito . Così la consuetudine ci indicò in quel momento la direzione (fu lì nostra insegna), e procedemmo con meno dubbio per l assenso di Stazio, anima degna (di salire al cielo). Loro andavano e io, solo, ero dietro, e ascoltavo i loro discorsi che mi ammaestravano (davano intelletto) sul mio essere poeta. 130-154 Ma presto i soavi ragionamenti furono interrotti da un albero che trovammo in mezzo alla strada, con frutti delicati e buoni all olfatto; e come l abete digrada verso l alto di ramo in ramo, così quell albero digradava verso il basso (assumendo dunque la forma di un cono rovesciato), io credo, affinché nessuno possa salirvi. Dal lato della parete rocciosa cadeva dall alto un acqua trasparente (un liquor chiaro), e si spandeva sulla sommità dell albero. I due poeti si avvicinarono all albero, e una voce interna alle fronde gridò: «Questo cibo vi mancherà . Poi disse: «Maria si preoccupava di più che le nozze fossero onorevoli e che non vi mancasse nulla (intere), che a soddisfare la sua bocca (col vino), quella bocca che ora intercede (risponde) per voi. E le antiche Romane, per bere, si accontentavano dell acqua; e Daniele disprezzò il cibo e acquistò sapienza. Durante la prima età dell uomo, finché fu d oro, le ghiande sembravano saporite, per via della fame, e ogni ruscello sembrava nettare, per via della sete. Locuste e miele furono gli alimenti che nutrirono Giovanni il Battista nel deserto, cosa per cui egli è tanto glorioso e grande quanto proclama il Vangelo (per lo Vangelio v è aperto) . Purgatorio Stazio e Virgilio 471

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Edizione integrale aggiornata al nuovo Esame di Stato