La Divina Commedia

420 Canto XV 94-114 Poi mi apparve un altra donna, con le gote bagnate di quelle lacrime (quell acque) che il dolore spreme (distilla) quando è suscitato da rabbia, dispetto contro qualcuno (in altrui), e dire: «Se tu sei signore della città (Atene) per dare il nome alla quale vi fu gran lite tra gli dei (Pallade Atena e Poseidone si contesero il diritto di dare il nome alla città), e dalla quale dirama la propria luce di conoscenza (disfavilla) ogni sapere, vendicati di quelle braccia oltraggiose (ardite) che abbracciarono nostra figlia, o Pisistrato . E mi sembrava che il signore, benevolo e tranquillo (benigno e mite), rispondesse a lei con viso calmo: «Che cosa faremo noi a chi ci odia, se condanniamo quelli che ci amano? . Poi vidi persone travolte dalla rabbia (accese in foco d ira) lapidare un giovanetto, gridando forte l un l altro (a sé): «Uccidi, uccidi! . E vedevo lui piegarsi verso terra, già prossimo alla morte, ma con gli occhi aperti verso il cielo, pregando il Signore, pur in mezzo a tanto tormento, che perdonasse i suoi persecutori, con un aspetto che schiude (disserra) alla pietà. 115-138 Quando la mia anima ricominciò a percepire (tornò di fori) la realtà esterna sensibile (le cose che son fuor di lei vere), io fui consapevole dei miei errori (cioè, di non aver veduto cose oggettivamente esistenti, concrete) non falsi (perché, pur non essendo reali, le visioni erano realtà interiore, percepita per volere divino). Il mio maestro, che mi vedeva fare come chi si scioglie (si slega) dal sonno, disse: «Che cos hai, che non ti reggi in piedi (non ti puoi tenere), ma cammini da più di mezza lega (circa due chilometri) con gli occhi velati e con le gambe legate, come chi è vinto dal vino o dal sonno? . «O dolce padre mio, se mi presti ascolto, ti dirò , io dissi, «ciò che mi è apparso quando ho perso l uso delle gambe . Ed egli: «Se anche tu avessi cento maschere (larve) sopra il viso, non mi sarebbero nascosti i tuoi pensieri, anche i più piccoli (quantunque parve). Ciò che hai visto serve (fu) perché tu non possa rifiutarti di aprire il cuore alle acque della pace, che si diffondono dalla sorgente eterna (Dio). Non ti ho chiesto Che cos hai? come fa (per quel che face) chi guarda soltanto con l occhio che non vede quando il corpo è senza vita (disanimato giace); ma ho chiesto per spronare il tuo passo; così è bene sollecitare i pigri, che tardano a utilizzare il loro stato di veglia (usar lor vigilia) quando esso ritorna (dopo il sonno) . 139-145 Noi andavamo nella sera, attenti fin dove gli occhi potevano spingersi lontano contro i lucenti raggi del tramonto. Ed ecco a poco a poco avanzare verso di noi un fumo, cupo come la notte; né vi era alcun luogo per poterlo aggirare (da cansarsi; occupava dunque tutta la larghezza della cornice). Questo ci tolse la vista e la purezza dell aria. Indi m apparve un altra con quell acque giù per le gote che l dolor distilla 96 quando di gran dispetto in altrui nacque, e dir: «Se tu se sire de la villa del cui nome ne dèi fu tanta lite, 99 e onde ogne sc enza disfavilla, vendica te di quelle braccia ardite ch abbracciar nostra figlia, o Pisistràto . 102 E l segnor mi parea, benigno e mite, risponder lei con viso temperato: «Che farem noi a chi mal ne disira, 105 se quei che ci ama è per noi condannato? . Poi vidi genti accese in foco d ira con pietre un giovinetto ancider, forte 108 gridando a sé pur: «Martira, martira! . E lui vedea chinarsi, per la morte che l aggravava già, inver la terra, 111 ma de li occhi facea sempre al ciel porte, orando a l alto Sire, in tanta guerra, che perdonasse a suoi persecutori, 114 con quello aspetto che pietà diserra. Quando l anima mia tornò di fori a le cose che son fuor di lei vere, 117 io riconobbi i miei non falsi errori. Lo duca mio, che mi potea vedere far sì com om che dal sonno si slega, 120 disse: «Che hai che non ti puoi tenere, ma se venuto più che mezza lega velando li occhi e con le gambe avvolte, 123 a guisa di cui vino o sonno piega? . «O dolce padre mio, se tu m ascolte, io ti dirò , diss io, «ciò che m apparve 126 quando le gambe mi furon sì tolte . Ed ei: «Se tu avessi cento larve sovra la faccia, non mi sarian chiuse 129 le tue cogitazion, quantunque parve. Ciò che vedesti fu perché non scuse d aprir lo core a l acque de la pace 132 che da l etterno fonte son diffuse. Non dimandai Che hai? per quel che face chi guarda pur con l occhio che non vede, 135 quando disanimato il corpo giace; ma dimandai per darti forza al piede: così frugar conviensi i pigri, lenti 138 ad usar lor vigilia quando riede . Noi andavam per lo vespero, attenti oltre quanto potean li occhi allungarsi 141 contra i raggi serotini e lucenti. Ed ecco a poco a poco un fummo farsi verso di noi come la notte oscuro; né da quello era loco da cansarsi. 145 Questo ne tolse li occhi e l aere puro.

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Edizione integrale aggiornata al nuovo Esame di Stato