La Divina Commedia

ond elli: «Or ti conforta; ch ei convene ch i solva il mio dovere anzi ch i mova: 93 giustizia vuole e pietà mi ritene . Colui che mai non vide cosa nova produsse esto visibile parlare, 96 novello a noi perché qui non si trova. Mentr io mi dilettava di guardare l imagini di tante umilitadi, 99 e per lo fabbro loro a veder care, «Ecco di qua, ma fanno i passi radi , mormorava il poeta, «molte genti: 102 questi ne nv eranno a li alti gradi . Li occhi miei, ch a mirare eran contenti per veder novitadi ond e son vaghi, 105 volgendosi ver lui non furon lenti. Non vo però, lettor, che tu ti smaghi di buon proponimento per udire 108 come Dio vuol che l debito si paghi. Non attender la forma del martìre: pensa la succession; pensa ch al peggio 111 oltre la gran sentenza non può ire. Io cominciai: «Maestro, quel ch io veggio muovere a noi, non mi sembian persone, 114 e non so che, sì nel veder vaneggio . Ed elli a me: «La grave condizione di lor tormento a terra li rannicchia, 117 sì che miei occhi pria n ebber tencione. Ma guarda fiso là, e disviticchia col viso quel che vien sotto a quei sassi: 120 già scorger puoi come ciascun si picchia . O superbi cristian, miseri lassi, che, de la vista de la mente infermi, 123 fidanza avete ne retrosi passi, non v accorgete voi che noi siam vermi nati a formar l angelica farfalla, 126 che vola a la giustizia sanza schermi? Di che l animo vostro in alto galla, poi siete quasi antomata in difetto, 129 sì come vermo in cui formazion falla? Come per sostentar solaio o tetto, per mensola talvolta una figura 132 si vede giugner le ginocchia al petto, la qual fa del non ver vera rancura nascere n chi la vede; così fatti 135 vid io color, quando puosi ben cura. Vero è che più e meno eran contratti secondo ch avien più e meno a dosso; e qual più paz enza avea ne li atti, 139 piangendo parea dicer: Più non posso . per cui egli: «Ora consolati, è bene che io assolva il mio obbligo prima di partire: lo vuole giustizia e mi trattiene la pietà . Dio, che non vide mai una cosa nuova, creò questi dialoghi percepibili con la vista (visibile parlare), incredibile (novello) per noi perché non è dato vederlo sulla terra (qui non si trova). (vv. 97-139) La pena dei superbi 97-111 Mentre guardavo con grande piacere le figure di così grandi esempi di umiltà, preziose allo sguardo perché realizzate da Dio, «Ecco da questa parte, ma camminano lentamente , mormorava il poeta, «molte persone: queste ci indicheranno il cammino verso le cornici superiori (li alti gradi) . I miei occhi, che erano felici di guardare cose nuove, delle quali sono desiderosi (vaghi), non furono lenti nel volgersi verso di lui. Non voglio però, lettore, che ti scoraggi (ti smaghi) nei tuoi buoni propositi ascoltando come Dio pretende che venga riparata la colpa (debito). Non concentrarti (attender) sulla modalità di espiazione (forma del martìre): pensa agli effetti che seguiranno; pensa che, nel peggiore dei casi, non potrà durare oltre il giudizio universale (la gran sentenza). 112-120 Io cominciai: «Maestro, quelle che vedo avanzare verso di noi, non mi sembrano persone, e non so che cosa (mi sembrino), tanto mi si confonde la vista . E lui a me: «La pesantezza della loro pena li fa rannicchiare a terra, così che a prima vista anche i miei occhi erano combattuti (n ebber tencione). Ma guarda là attentamente e districa (disviticchia) con gli occhi ciò che arriva sotto a quei sassi; puoi già scorgere come ciascuno viene punito (si picchia) . 121-139 O superbi cristiani, poveri infelici con la mente ottenebrata (dalla superbia), che avete fiducia nei passi che vi fanno procedere a ritroso, non v accorgete che noi siamo vermi nati per dare vita all angelica farfalla che vola, libera da impacci (sanza schermi), verso Dio? A quale titolo (di che) il vostro animo insuperbisce (in alto galla), dal momento che siete vermi difettosi (antomata in difetto) così come bruchi il cui sviluppo si è interrotto? Come per sostenere un tetto o un soffitto si vede talvolta, in luogo di mensola, una figura umana piegata con le ginocchia al petto, che con il suo tormento fittizio (non ver) suscita in chi la guarda vera sofferenza (rancura), così vidi io coloro, quando feci bene attenzione. A dire il vero, erano più o meno ripiegati su se stessi a seconda del peso che sopportavano; e anche quello che nei gesti mostrava più pazienza sembrava dicesse piangendo: «Non ne posso più . Purgatorio I superbi 389

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Edizione integrale aggiornata al nuovo Esame di Stato