La Divina Commedia

376 Canto VIII distesa di acque (sulla Terra), riferisci alla mia Giovanna che preghi per me il cielo dove si esaudiscono le preghiere dei buoni. 73-84 Non credo che sua madre mi ami più, dopo che passò a seconde nozze (ha cambiato i bianchi veli che le vedove portavano su vesti nere), che, infelice, un giorno dovrà rimpiangere. Dal suo esempio si capisce facilmente quanto poco duri in una donna il sentimento d amore, se non sia tenuto acceso dalla vista o dalla presenza (dell amato). Non renderà così onorata la sua tomba la vipera, che sta sull insegna sotto la quale si accampano i Milanesi, come l avrebbe resa il gallo (dello stemma) dei Visconti di Gallura . Così parlava, mostrando sul volto, quel giusto sdegno (il rossore) che senza eccedere gli ardeva nell animo. (vv. 85-108) Le tre stelle e la mala striscia 85-87 I miei occhi avidi (di novità) si volgevano continuamente al cielo, in particolare dove le stelle girano più lente, come i raggi di una ruota nella parte più vicina all asse. 88-93 E la mia guida mi domandò: «Perché guardi lassù? . E io gli risposi: «Guardo quelle tre piccole stelle che illuminano tutto quanto l emisfero australe (polo antartico) . Onde egli a me: «Le quattro stelle luminose che hai visto stamattina sono scese dall altra parte della montagna, e queste sono salite al loro posto . 94-99 Mentre Virgilio parlava, ecco che Sordello lo trasse a sé dicendo: «Vedi là il nostro avversario ; e indicò col dito perché guardasse verso quella direzione. Da quella parte dove la valletta non ha difesa, c era un serpente, simile forse a quello che dette a Eva il frutto, così amaro per gli uomini. dì a Giovanna mia che per me chiami 72 là dove a li nnocenti si risponde. Non credo che la sua madre più m ami, poscia che trasmutò le bianche bende, 75 le quai convien che, misera!, ancor brami. Per lei assai di lieve si comprende quanto in femmina foco d amor dura, 78 se l occhio o l tatto spesso non l accende. Non le farà sì bella sepultura la vipera che Melanesi accampa, 81 com avria fatto il gallo di Gallura . Così dicea, segnato de la stampa, nel suo aspetto, di quel dritto zelo 84 che misuratamente in core avvampa. Li occhi miei ghiotti andavan pur al cielo, pur là dove le stelle son più tarde, 87 sì come rota più presso a lo stelo. E l duca mio: «Figliuol, che là sù guarde? . E io a lui: «A quelle tre facelle 90 di che l polo di qua tutto quanto arde . Ond elli a me: «Le quattro chiare stelle che vedevi staman, son di là basse, 93 e queste son salite ov eran quelle . Com ei parlava, e Sordello a sé il trasse dicendo: «Vedi là l nostro avversaro ; 96 e drizzò il dito perché n là guardasse. Da quella parte onde non ha riparo la picciola vallea, era una biscia, 99 forse qual diede ad Eva il cibo amaro. 73-75. Non credo che la sua madre ... bra- mi: la moglie di Nino e la madre di Giovanna, Beatrice d Este ( Personaggi), è passata a nuove nozze con Galeazzo Visconti, ma le difficoltà del secondo matrimonio faranno sì che Beatrice rimpianga la condizione vedovile (Galeazzo fu scacciato da Milano nel 1320 e visse in esilio). Gli statuti comunali del Medioevo imponevano bende intorno al capo a tutte le vedove, in segno di lutto. 77. femmina: dal lat. femina, il termine indicava la donna nella sua fisicità. Il termine «donna (contrazione del lat. domina = signora) o «madonna (contrazione dell espressione mea domina = mia signora) era invece destinato alla donna intesa nel senso più elevato, per esempio la donna-angelo dello Stilnovo, fonte di ogni bellezza e di ogni virtù, tra cui anche la fedeltà all amore. 80. la vipera: una vipera che tiene in bocca un piccolo saraceno era lo stemma dei Visconti di Milano. 82-83. Così ... zelo: dal volto di Nino traspare quel risentimento che si prova quando il cuore soffre, anche se con misura. 85-86. Li occhi ... tarde: gli occhi di Dante sono rivolti al polo antartico, dove le stelle debbono percorrere in ugual tempo un orbita di raggio minore rispetto a quelle che sono più lontane, per esempio all equatore, perciò la loro velocità è minore. 89-93. «A quelle tre ... quelle : al mattino, sulla spiaggia del Purgatorio, Dante ha visto quattro stelle luminose (Purg. I, 23), che rappresentano le virtù cardinali (prudenza, giustizia, fortezza e temperanza), ora esse sono scese sotto l orizzonte e il loro posto è preso da altre tre stelle, che illuminano il polo antartico e che simboleggiano le virtù teologali (fede, speranza e carità). Per Sapegno il soccorso delle virtù teologali è necessario «nel punto in cui culmina la lotta dell anima per liberarsi da ogni legame colla Terra , e quando «più subdola e accanita si fa l insidia della tentazione per l anima già protesa verso i doni della grazia . 94-102. Com ei parlava si liscia: Sordello richiama l attenzione al secondo atto della sacra rappresentazione: il serpente tentatore (nostro avversaro) avanza strisciando, procede sinuosamente, pieno di lusinghe, lisciandosi. il demonio che indusse Adamo ed Eva a mangiare il cibo amaro, il frutto proibito che portò le «amare conseguenze del peccato originale trasmesso al genere umano (ricon-

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Edizione integrale aggiornata al nuovo Esame di Stato