Analisi e interpretazione

Analisi e interpretazione Il dolore e la giustizia divina Il problema del dolore e della giustizia divina accomuna i due regni dell Inferno e del Purgatorio ma con differenti caratteristiche. Nell Inferno a una colpa senza limiti corrisponde una pena eterna e gli spiriti, ancora preda della passione (superbia, rabbia), sono colti in una dimensione individuale che testimonia la solitudine del peccato. Nel Purgatorio la pena è temporanea, le anime si sono pentite delle mancanze gravi, devono dunque espiare la tendenza generica alla colpa. L atmosfera è di malinconia, di attesa, di speranza, e gli spiriti percorrono un itinerario comune di ascesa verso la salvezza. Di qui la serenità, l umiltà e gli inni corali, pur tra le sofferenze delle pene. A gruppi si affollano intorno ai due pellegrini e chiedono a Dante la promessa di suffragi dai familiari (le preghiere dei vivi possono abbreviare il tempo di penitenza). La sollecitudine del passo rimproverata da Catone, custode del Purgatorio, che ha urlato contro l indolenza con cui le anime indugiavano al canto di Casella, invece di badare al cammino (Che è ciò, spiriti lenti? Purg. II, vv. 120123), esprime il significato dell espiazione che le conduce alla perfezione spirituale. Altro motivo dominante della cantica è il rimpianto del corpo: per i beati ricongiungere corpo e anima significa poter vivere pienamente la gioia nel momento della Resurrezione (invece per i dannati, significherà accrescere la pena Inferno VI, vv. 94-115). Il tema del canto: opposizione tra comunione ed esclusione Il critico Walter Binni individua il tema del canto nell antitesi tra comunione ed esclusione, che si esprime anzitutto nella opposizione tra corsa e lentezza. Dopo i rimproveri di Catone, le anime si disperdono correndo nella pianura (subitana fuga, v. 1), mentre Dante turbato si stringe a Virgilio (vv. 4-6). La sua guida lo rassicura e gli fornisce alcune importanti spiegazioni dottrinali che si sintetizzano nel compito della ragione di riconoscere il mistero cristiano (i corpi dei defunti, anche se immateriali, conservano la sensibilità alla sofferenza) e il valore della fede. La conoscenza assoluta delle cose è inaccessibile agli uomini, perché soltanto Dio ne conosce la causa prima. La ragione umana non può cogliere le intenzioni delle azioni divine e il mistero stesso della divinità, ovvero la sostanza di un unico Dio che esiste contemporaneamente nelle tre persone di Padre, Figlio, Spirito Santo (una sustanza in tre persone, v. 36). Proprio per i limiti conoscitivi della ragione, si è resa necessaria l incarnazione di Cristo. La riflessione che i massimi pensatori greco-romani sono esclusi dalla conoscenza di Dio riguarda da vicino anche Virgilio, escluso dalla luce della Grazia e dalla speranza di rigenerazione propria del Purgatorio. E, anche qui, emerge l antitesi tipica del canto: quando sembra che Virgilio sia in seria difficoltà, egli, invece, incarna la ragione più che mai, proprio perché conduce Dante alla percezione dell imperscrutabile giudizio divino. Per approfondire Le ferite di Manfredi Gli scomunicati e il tardivo pentimento Arrivati, poi, ai piedi della montagna del Purgatorio, i due pellegrini si accorgono che essa è tanto ripida da impedire la salita. La perplessità di Virgilio sul cammino da prendere (vv. 46 sgg.) significa ancora che la ragione umana da sola non può accedere alle verità metafisiche. Ma al nucleo tematico dell esclusione si contrappone quello della comunione (vv. 55-72). Rinasce infatti la speranza dei due pellegrini all apparizione del gruppo di anime pacate nell andare. Alla subitana fuga dell incipit si oppone la lenta andatura degli scomunicati, esclusi dalla comunità religiosa e redenti dal loro pentimento in punto di morte. Essi, già nell attesa dell Antipurgatorio e prima di salire al monte, sperimentano l esperienza lieta della ritrovata comunione e il ricordo doloroso dell esclusione passata. La caratterizzazione per antitesi di Manfredi I due pellegrini incontrano tra gli scomunicati l ultimo rappresentante della potenza sveva in Italia: Manfredi, giovane, affascinante, regale, è presentato per antitesi con uno dei ritratti tra i più celebri della Commedia. Una ferita deturpa il volto bellissimo (vv. 107-108); una seconda, in pieno petto, segna indelebilmente l ardore di quest uomo, amante della cultura e assertore della propria autonomia dall invadenza del potere papale. Il segno delle piaghe che hanno posto fine al suo cammino terreno si contrappone al sorriso con cui vuole distogliere Dante dall impressione della violenza e, nel contempo, esprimere la ritrovata letizia (vv. 111-113). La morte violenta del combattente si contrappone al pianto dello spirito, lento a pentirsi, ma perdonato da Dio (vv. 118-120); la infinita misericordia divina che percorre vie misteriose si contrappone alla crudeltà anticristiana del vescovo di Cosenza, al corpo violato ed escluso dalla sepoltura (vv. 122-131). Umiltà del peccatore e bontà divina La scomunica papale era tale da meritare la dannazione eterna. Dante invece, nel Purgatorio, salva Manfredi, che sinceramente pentito si rivolge a Dio. Orribil furon li peccati miei; dice ma la bontà infinita ha sì gran braccia, / che prende ciò che si rivolge a lei (vv. 121-123): basta un momento di umiltà e di fede per oltrepassare il giudizio della Chiesa, perché Dio parla al cuore e perdona coloro che si affidano a Lui. Come in vita fu violento e prepotente, ora Manfredi è umile e distaccato dagli affanni. L unico tramite con la vita terrena è l affetto nostalgico per la figlia, di cui va fiero (Costanza ha generato due sovrani, v. 116), e si raccomanda a Dante di portarle sue notizie, affinché lei preghi per la sua salvezza e gli dia la possibilità di abbreviare il tempo di permanenza nel regno dell espiazione (vv. 142-145). Purgatorio Manfredi di Svevia 337

La Divina Commedia
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Edizione integrale aggiornata al nuovo Esame di Stato