La Divina Commedia

290 Canto XXXIV 25-27 Io non rimasi né morto né vivo: immagina da te, se hai appena un po d ingegno, come divenni, privato dell una cosa e dell altra (cioè sospeso tra la vita e la morte). 28-45 L imperatore del regno del dolore aveva la parte superiore del corpo fuori dal ghiaccio; e sono più avvicinabile io (io mi convegno) con un gigante che non i giganti con le sue braccia: prova lettore a immaginare come dev esser grande quel corpo intero in proporzione a tale parte del corpo (le braccia). Se è vero che egli ebbe una bellezza pari al suo orribile aspetto attuale e che osò ribellarsi contro chi lo aveva creato, allora è naturale (ben dee) che da lui provenga ogni male. 37-45 Oh quale meraviglia fu per me il vedere che sulla sua testa c erano tre facce! Una era sul davanti, ed era rossa; le altre due che si aggiungevano ad essa erano situate a metà di ciascuna spalla e si congiungevano tra loro su quella parte del capo in cui alcuni animali hanno la cresta: la faccia destra aveva un colorito tra il bianco e il giallo, quella sinistra appariva simile alla faccia di coloro che provengono dalla regione in cui il Nilo discende verso la pianura (cioè, l Etiopia; la faccia è dunque «nera ). 46-52 Di sotto a ciascuna faccia uscivano due grandi ali, proporzionate a un corpo così immane: non ho mai visto delle vele di mare così grandi. Sulle ali non c erano delle penne, ma erano piuttosto ali di pipistrello; e Lucifero le agitava, cosicché da esso provenivano tre diverse correnti d aria che facevano ghiacciare Cocìto. 53-60 Egli piangeva con sei occhi e sui tre menti gocciolavano le lacrime e una bava mista a sangue. In ogni bocca triturava con i denti un peccatore, come fosse una gramola (strumento in legno che 25-27. Io non mori ... privo: l espressio- ne «non ero più né morto né vivo deriva dall aggettivo latino semivivus, in italiano popolare «mezzo morto . Dante-autore avverte l esigenza non di condensare ma di dilatare attraverso più parole lo sgomento provato e di renderne partecipe il lettore, la cui attenzione era stata direttamente sollecitata al v. 23 (nol dimandar, lettor). 26. fior: espressione del fiorentino antico per indicare una piccola parte di una qualità: appena un poco. 28. Lo mperador ... regno: la perifrasi con cui è indicato Lucifero richiama per antitesi quella con cui è indicato Dio nel canto I dell Inferno: quello imperador che là sù regna (v. 124). 30-33. e più con un gigante si confaccia: c è minore sproporzione tra Dante e un gigante di quanta ve ne sia tra il braccio di un gigante e un braccio di Lucifero, di conseguenza si consideri quanto smisurato debba essere tutto il corpo del mostro. io mi convegno: sono in proporzione; il verbo è intransitivo e il pronome pleonastico (non complemento oggetto). Anche altre figure emergono nell Inferno dalla cintola in sù Io non mori e non rimasi vivo: pensa oggimai per te, s hai fior d ingegno, 27 qual io divenni, d uno e d altro privo. Lo mperador del doloroso regno da mezzo l petto uscìa fuor de la ghiaccia; 30 e più con un gigante io mi convegno, che i giganti non fan con le sue braccia: vedi oggimai quant esser dee quel tutto 33 ch a così fatta parte si confaccia. S el fu sì bel com elli è ora brutto, e contra l suo fattore alzò le ciglia, 36 ben dee da lui proceder ogne lutto. Oh quanto parve a me gran maraviglia quand io vidi tre facce a la sua testa! 39 L una dinanzi, e quella era vermiglia; l altr eran due, che s aggiugnieno a questa sovresso l mezzo di ciascuna spalla, 42 e sé giugnieno al loco de la cresta: e la destra parea tra bianca e gialla; la sinistra a vedere era tal, quali 45 vegnon di là onde l Nilo s avvalla. Sotto ciascuna uscivan due grand ali, quanto si convenia a tanto uccello: 48 vele di mar non vid io mai cotali. Non avean penne, ma di vispistrello era lor modo; e quelle svolazzava, 51 sì che tre venti si movean da ello: quindi Cocito tutto s aggelava. Con sei occhi piang a, e per tre menti 54 gocciava l pianto e sanguinosa bava. (Farinata in Inf. X, 33) oppure i Giganti (Inf. XXXI, 43), ma qui colpisce l immane statura della mostruosa figura. A proposito di Lucifero così annota A. Ciotti nella Enciclopedia dantesca: «la prima impressione di Dante di fronte al simbolo del male coglie, nella difficoltà di esprimerle, le incommensurabili proporzioni del mostro, il suo delinearsi all attonita vista dell uomo vivo quale una massa di cui non riesce a trovare elemento alcuno di comparazione . 34. bel ... brutto: l antitesi bello-brutto equivale all antitesi bene-male. Anche nella cultura greca il bello era abbinato al buono; vigeva, infatti, il principio del kaloskagath s = bello e buono, in virtù del fatto che la bellezza esteriore esprimeva l armonia, l equilibrio, la bellezza interiori. Nel Medioevo il bello e il brutto erano posti come criterio di vita morale: il demonio è la rappresentazione sensibile dell errore. 35. alzò le ciglia: osò ribellarsi. L atto di superbia, isolato a fine verso, è raffigurato plasticamente attraverso un espressione del volto. 36. ben dee ... lutto: tutti i mali del mondo sono compenetrati della sua malvagità, affer- ma sant Agostino (omnia mala mundi sunt pravitate sua commixta). 44-45. era tal, quali ... s avvalla: nera, ma per definirla Dante usa una perifrasi: uguale agli uomini di razza nera, i Nubiani o gli Etiopi, dove il il Nilo discende dai monti dell Etiopia verso le valli dell Egitto. 46-52. Sotto ... s aggelava: sei sono le ali di Lucifero, che ricordano le sue origini di Serafino, gli angeli più belli e più vicini a Dio (solo questa categoria di angeli, nella Scrittura, ha sei ali). Dante deforma parodisticamente qualunque riferimento all essenza angelica di Lucifero: le ali non hanno origine dalla schiena, ma sono sulle spalle alla base delle teste e, particolare ripugnante, sono ali di pipistrello (vispistrello dal lat. vespertilio), nere e membranose, che Lucifero fa svolazzare (quelle svolazzava, il verbo è usato transitivamente ed ha come complemento oggetto quelle). Inoltre, mentre le ali dei Serafini spirano pace e amore divino, qui generano il vento gelido dell odio che ghiaccia Cocìto. Le dimensioni delle ali richiamano le vele di mar, come il gigante Anteo era stato paragonato all albero maestro di una nave (Inf. XXXI, 145).

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Edizione integrale aggiornata al nuovo Esame di Stato