Personaggi principali: Conte Ugolino e Ruggieri degli

Personaggi Branca Doria Conte Ugolino e Ruggieri degli Ubaldini Conte di Donoratico, Ugolino della Gherardesca (1220-1289) fu uno dei protagonisti più in vista della politica del Duecento. Apparteneva a una antica famiglia di tradizione ghibellina, proprietaria di vasti feudi sia in Maremma (Toscana) sia in Sardegna, ma si alleò nel 1275 con il genero Giovanni Visconti, capo dei guelfi di Pisa, per portare al potere il partito guelfo. Dopo la sconfitta dei Pisani nella battaglia della Meloria contro Genova (1284) divenne podestà del Comune di Pisa nel 1284 e cedette alcuni castelli del territorio pisano a Firenze e a Lucca per mettere in crisi la loro alleanza con Genova. Nel 1285 si associò al governo il nipote Nino Visconti, anch egli guelfo. Nel 1288 la parte ghibellina insorse sotto la guida dell arcivescovo Ruggieri degli Ubaldini e delle potenti famiglie Gualandi, Sismondi e Lanfranchi. Ugolino fu accusato di tradimento perché ritenuto responsabile della sconfitta della Meloria e rinchiuso in una torre con i due figli (Gaddo e Uguccione) e i due nipoti (Anselmuccio e Nino, detto il Brigata). Dopo alcuni mesi di prigionia furono lasciati morire di fame (1289). Branca Doria, genovese, della famiglia ghibellina dei Doria, potente in Liguria. il genero di quel Michele Zanche, ricordato tra i barattieri (Inf. XXII, 88). Volendo impadronirsi del governo del Logudoro, in Sardegna, carica detenuta dal suocero, e dei beni di quest ultimo, lo invitò a un banchetto e lo fece uccidere. Branca Doria sopravvisse a Dante, infatti risulta vivo fino al 1325. La sua famiglia poi continuò a dominare territori tra la Liguria e la Sardegna, anche dopo la conquista aragonese dell isola. Frate Alberigo Notizie su questo personaggio ci vengono dagli antichi commentatori (il Buti e il Lana), che lo identificano con Alberigo di Ugolino di Faenza, frate gaudente, guelfo, il quale, volendosi liberare per motivi di interesse di certi suoi parenti (Manfredo e Alberghetto dei Manfredi), li invitò a pranzo nella villa della Pieve di Cesato e al momento di portare la frutta, a un suo cenno, li fece trucidare dai servi. Il fatto avvenne il 2 maggio 1285 e «le frutta di Alberigo divenne frase proverbiale per indicare l uccisione a tradimento. Auguste Rodin, Ugolino e i suoi figli, 1882-1906, Musée d Orsay, Parigi Parole in chiaro Muda (v. 22) Era la torre dove nel Medioevo si chiudevano gli uccelli, soprattutto i falconi, al tempo della muta (muda), cioè del cambio del piumaggio. Per Giorgio Petrocchi Muda era il nome della torre dei Gualandi di Pisa, perciò lo scrive con la lettera maiuscola; lì si tenevano le aquile di proprietà del Comune. Dopo la morte di Ugolino fu popolarmente chiamata Torre della Fame. Chiavar l uscio (v. 46) Il termine chiavar nella sua accezione più comune vuol dire «chiudere a chiave , e realisticamente è più probabile che la porta della torre sia stata chiusa a chiave. Villani aggiunge che la chiave fu buttata in Arno, ma alcuni commentatori preferiscono dare al verbo il significato di «inchiodare , rilevandone l etimo latino clavus = chiodo. Tolomea (v. 124) Il nome Tolomea, che nel canto dantesco indica la terza zona del Cocito dove sono puniti i traditori degli ospiti, è una reminiscenza biblica, tratta da quel Tolomeo, governatore di Gerico, che uccise a tradimento il suocero Maccabeo e i suoi figli, dopo averli invitati a un banchetto (I Mach. XVI, 11-16). Altri sottolinenano la derivazione classica, da Tolomeo, re d Egitto e fratello di Cleopatra, che per avere il sostegno di Cesare fece uccidere l ospite Pompeo, rifugiatosi presso di lui dopo la sconfitta di Farsalo (48 a.C.). Cesare non apprezzò il gesto e, nella contesa per il trono, favorì la giovane e bella Cleopatra. Atropòs (v. 126) Le Moire (per i Greci) o Parche (per i Latini) erano le inflessibili divinità del destino di ogni essere vivente, raffigurate come vecchie vestite di nero, sedute nel vestibolo dell Ade con in mano un gomitolo: Cloto è «colei che fila , Làchesi è «colei che avvolge il filo della vita , distribuendo a ciascuno ciò che gli spetta, tropo è «colei che recide il filo ed è simbolo della inevitabilità della morte. Le divinità del destino sono femminili perché i Greci pensavano che, essendo la vita un dono della madre, anche la morte dipendesse dalla donna. Inferno Ugolino 279

La Divina Commedia
La Divina Commedia
Edizione integrale aggiornata al nuovo Esame di Stato