Dante maestro di retorica – L’apostrofe e l’esclamazione

Ella ruina in sì fatta cisterna; e forse pare ancor lo corpo suso 135 de l ombra che di qua dietro mi verna. Tu l dei saper, se tu vien pur mo giuso: elli è ser Branca Doria, e son più anni 138 poscia passati ch el fu sì racchiuso . «Io credo , diss io lui, «che tu m inganni; ché Branca Doria non morì unquanche, 141 e mangia e bee e dorme e veste panni . «Nel fosso sù , diss el, «de Malebranche, là dove bolle la tenace pece, 144 non era ancor giunto Michel Zanche, che questi lasciò il diavolo in sua vece nel corpo suo, ed un suo prossimano 147 che l tradimento insieme con lui fece. Ma distendi oggimai in qua la mano; aprimi li occhi . E io non gliel apersi; 150 e cortesia fu lui esser villano. Ahi Genovesi, uomini diversi d ogne costume e pien d ogne magagna, 153 perché non siete voi del mondo spersi? Ché col peggiore spirto di Romagna trovai di voi un tal, che per sua opra in anima in Cocito già si bagna, 157 e in corpo par vivo ancor di sopra. 133-138 Essa precipita in questo pozzo infernale, e forse sulla Terra appare ancora il corpo del dannato che sverna dietro di me. Devi sapere, se arrivi quaggiù soltanto ora, che egli è messer Branca Doria e sono passati parecchi anni dopo che fu racchiuso nel ghiaccio . 139-141 «Io credo che tu m inganni gli dissi perché Branca Doria non è ancora morto, e mangia e beve e dorme e indossa abiti . 142-147 Mi rispose: «Su nella bolgia delle Malebranche, là dove bolle la pece viscosa non era ancora arrivato Michele Zanche, che questi lasciò un diavolo al suo posto nel suo corpo e lo stesso fece un suo parente che compì con lui il tradimento. 148-150 Ma distendi ormai la mano verso di me ed aprimi gli occhi . Ed io non glieli aprii, e fu cortesia essere villano con lui. (vv. 151-157) Invettiva contro i Genovesi 151-153 Ahi Genovesi, uomini alieni da ogni buona abitudine e pieni d ogni vizio, perché non siete estirpati dal mondo? 154-157 Poiché con lo spirito più malvagio di tutta la Romagna trovai uno di voi che per il suo peccato è già immerso con l anima nel Cocìto, mentre con il corpo appare ancora vivo su nella Terra. Dante maestro di retorica L apostrofe e l esclamazione 133-134. Ella ruina...corpo suso: Albe- rigo sente l entità e la profondità di quel cadere fin laggiù, in si fatta cisterna, nel fondo del crudo pozzo infernale, e dice ruina. - e forse pare: e forse appare ancora su nel mondo 137. ser Branca Doria: ser (contrazione per messer, lat. meus senior = mio signore) era un titolo riservato alle persone importanti. Branca Doria è un politico genovese ( Personaggi). 148-149. Ma distendi io non gliel apersi: il dannato ha soddisfatto la curiosità del suo interlocutore, e ora vuole che Dante gli pulisca gli occhi, come ha promesso per dare un attimo di sollievo alla sua pena, ma Dante gli ha giocato una beffa e si rifiuta di farlo. 151-152. uomini diversi ... magagna: in Boccaccio si legge che i Genovesi erano «naturalmente vaghi di pecunia e rapaci (Decameron, Giornata II, Novella IV, 14: il protagonista è Landolfo Rufolo). Tale fama è diventata proverbiale. Questa seconda invettiva del canto è meno articolata della prima contro Pisa (vv. 7984), ma risponde a un criterio di equilibrio e simmetria. L apostrofe è una figura retorica utilizzata per creare un distacco, una sorta di svolta improvvisa del discorso «rivolgendosi direttamente e vivacemente a una persona diversa dal destinatario naturale . Al v.42 e se non piangi, di che pianger suoli? Ugolino interrompe il suo racconto rivolgendosi a un destinatario che, di fatto, non è più Dante ma l umanità in generale. Lo scopo di questa interruzione è di suscitare pathos, vale a dire provocare una partecipazione emotiva dell uditorio o del lettore. Di fatto, l apostrofe è «l espressione di un emozione viva o profonda, come lo slancio spontaneo di un anima fortemente commossa «Tipici dell apostrofe sono l uso del vocativo e in molti casi dell imperativo, cioè gli elementi che orientano il discorso sulla seconda persona , introducendola direttamente nell enunciazione . Quando si ricorre all imperativo, si realizza la funzione persuasiva (o conativa) della lingua, ossia quella che ha lo scopo di convincere qualcuno di qualcosa: più precisamente, ad assumere un determinato atteggiamento emotivo o intellettuale o morale; a compiere o no una certa azione. «L apostrofe segna infatti un passaggio dal piano dell enunciato, del detto , al piano dell enunciazione, cioè del dire . L esclamazione così come la domanda o la domanda retorica fanno parte dell apostrofe. (adattato da Bice Mortara Garavelli) Inferno Ugolino 277

La Divina Commedia
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Edizione integrale aggiornata al nuovo Esame di Stato